"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


mercoledì 14 maggio 2008

Une petite interruption

Ogni tanto le sirene tornano a cantare. Belle come non mai.


E quando si mettono d'impegno, il loro canto spacca i timpani e corre lungo le vene e i nervi, fino a toccare le corde tese del cuore.


E fa male ascoltare quel canto pieno di dolore e angoscia di chi ha perso qualcosa di più caro della vita, e non desidera altro che gli sia restituito.


Ed esistono marinai che, disperati, si gettano dal ponte della nave e nuotano in mezzo a flutti spaventosi, facendosi frantumare il cranio sugli scogli, pur di soccorrere tanta tristezza.


E ci sono marinai che, invece, si levano la cintura di cuoio e se la stringono in mezzo ai denti, e la strizzano tanto da farsi uscire sangue dalla bocca. E col cuore pieno di rattoppi, si spezzano la schiena sui remi per portare la nave in salvo da tanta nostalgia. Intonando un controcanto straziato.



Non si torna a riva.
Non si torna a Casa.
Quale che sia la nostra Itaca,
l'abbiamo lasciata.
Quale che sia la nostra maledizione,
l'abbiamo recitata.
E mentre la barra è fissata
e i remi sgridano le onde,
noi restiamo inquieti
tra il mare aperto e le nuvole sponde.





sabato 10 maggio 2008

Invidie e raccomandazioni

Tra una pagaiata e l'altra, io e il marinaio spagnolo abbiamo scortato una vagonata di bionde donzelle che festeggiavano due addii al nubilato, questo pomeriggio.


^_^








Questo post potrei anche chiuderlo qui, e non aggiungere niente che il sorriso melone che avevo stampato in faccia oggi pomeriggio non racconti già da solo....





Ma vorrei dire solo che le nubili bacucche sono arrivate belle piene di vino, con un'ora di ritardo, sballandoci la tabella di marcia in una maniera allucinante. Tant'è che abbiamo dovuto volare bassi sulle onde, saltando da un ramo all'altro del fiume. Le abbiamo pucciate tre secondi nella risorgiva, gli abbiamo fatto provare un brevissimo tratto di nuoto in corrente, il salto sotto al Ponte e poi tutte a casa!


Dopo di loro abbiamo imbarcato un gruppo di ragazzi "difficili" di un noto quartiere out di Città Grande di Nebbiascura: un fascio di nervi che aspettavano solo una minuscola miccia per esplodere in entusiasmi e urla di gioia. E un po' ci siamo riusciti. Anche questa discesa è andata un po' per le lunghe, nonostante la sera fosse ormai alle porte, assieme ai venti impetuosi dei temporali di questa notte.


Insomma, ho finito davvero tardi. Con grande dispiacere di qualche dolce persona che aspettava (più che legittimamente) una telefonata... giusto per sapere se ero ancora vivo!


E domani, il vostro super-tripper si alza all'alba per una nuova ed entusiasmante avventura acquatica! Seguita da una fuga a Città Dei Vicoli (finalmente!!!!), per poi riprendere in mano l'attrezzatura da anfibio nel pomeriggio del giorno di Marte...


Come dire che prima di allora, io due righe proprio non riesco a scriverle!

venerdì 9 maggio 2008

Passioni ed etica del lavoro


Mio padre è sempre stato un grandissimo lavoratore. E' un imprenditore pieno di estro e da anni combatte contro la mancanza di lavoro nel suo settore. Ho sentito di altri come lui che hanno delocalizzato tutto all'estero, e chi non poteva farlo ha venduto e si è riciclato in qualche modo. Lui no. Lui tira dritto per la sua rotta, con la sua nave a duemilanodi, in mezzo ai ghiacci tropicali.

Lo fa perché la sua etica del lavoro è più forte di qualsiasi imbarazzo, di qualsiasi cedimento, di qualsiasi smacco che abbia mai potuto subire nella vita. E per questo lo ammiro.
Credo che, sino ad oggi, sia stato proprio questo il Messaggio, in assoluto l'insegnamento più grande e pervasivo per i suoi quattro marmocchi, che ormai hanno tra i 20 e i 30 anni.

C'è un però.
Un però che mi spacca la testa come un tarlo che avanza di giorno in giorno. Un piccolo tarlo apparso anni fa, che si è fatto strada tra le mie orecchie e che oggi fa tanto rumore da non permettermi quasi di pensare.

Il "però" in questione si chiama "passioni". Quelle che si possono coltivare sui banchi di scuola, tra un compito e l'altro, e che stanno al di fuori di qualsiasi routine. La passione per un certo autore, la passione per la musica, la passione per lo sport, per una squadra, per la danza, per la pittura, per le sculture in legno o in ghiaccio, per gli insetti, per la velocità, per la filosofia... non so, tutte quelle passioni lì che poi sono un vero e proprio hobby...

Il fatto è che da mio padre ci è arrivata la passione per il lavoro. O meglio, per il nostro lavoro. Quello che facciamo e che ci intestardiamo a fare.

Eppure io me lo ricordo mio padre che mi portava al fiume a far saltare le lastre di ghiaccio con i fischioni e che poi mi prendeva da parte e mi faceva vedere gli insetti, e me lo ricordo sempre indaffarato con la sua enorme macchina fotografica e le sue mille pellicole. E ricordo che mi diceva come si fa una fotografia, che cosa posso cercare e vedere. E mi ricordo che mi spingeva a essere curioso, a meravigliarmi della natura, a fermarmi a vedere il fiume che corre e l'acqua che disegna linee perfettamente confuse sulla superficie. E me lo ricordo che mi diceva sempre di camminare guardandomi intorno, di vedere le cose che succedevano intorno a me e di osservarle, capirle. E mi ricordo che lui adorava le cose delle quali mi parlava. Non avevo più di cinque anni, e me lo ricordo mio padre pieno di piccole passioni.

La cosa strana è che non me lo ricordo mio padre mentre fa queste cose con le mie sorelle e mio fratello. E in particolare con la mia sorellina ormai ventenne. Forse perchè non c'ero, è vero, ma la sensazione è quella.

Io la guardo e mi dico: Se io ho vissuto un periodo di buoi completo - tra il 1990 e il 2005 - dal quale mi sono risvegliato volendo a tutti i costi fare delle sole passioni che avevo conosciuto la mia professione... Beh, guardo lei e mi sento perso.

Mi sento perso perché, negli anni in cui questa ciurma di famiglia si stava sfaldando, ci ho provato a farle un po' io da padre: regole e paroloni, poi qualche chiacchiera da fratellone e qualche ragionamento un po' più profondo. Ma nemmeno io sono stato capace di farle scattare la scintilla per qualcosa di preciso. Anzi, credo d’esser stato persino controproducente.

E ora si ritrova a vent'anni a lavorare come una matta per avere dei soldi da spendere, si ritrova a sentirsi perduta per aver perso quello che credeva l'amore della sua vita, si ritrova a fiaccarsi di TV, palestra, e uscite con gente piena di sacchi.

Ed è strano. Perché è sempre stata una ragazzina piena di vita, volenterosa e sveglia. La migliore di noi quattro. E mi piange il cuore a pensare alle cose che potrebbe fare e non sta facendo. Forse perché mi ricorda quanti anni della mia vita ho buttato via prima di guardarmi dentro per capire chi volevo essere da grande.

E tutto questo, forse, è successo perché abbiamo ereditato una passione smodata per il lavoro. O forse perché mio padre è un capitano di lungo corso e sono anni che attraversa solo acque burrascose, e non ha mai avuto il tempo di dedicarsi ad altro che non fosse la sua nave.

Non so se posso fare lo stesso discorso con il mio fratellino e l'altra sorellina: noi tre siamo cresciuti a stretto contatto, ma poi siamo esplosi e ci siamo un po' persi, pur orbitando tutti attorno allo stesso pianeta.
Però credo che, se gliene parlassi, ci si ritroverebbero almeno quanto me, in questa piccola analisi.

giovedì 8 maggio 2008

Buonanotte





Buona notte, pratolina.

Che questa volta i sogni belli

non li tengo tutti per me.




La curiosità salverà qualcuno, prima o poi!


Questa mattina mi sono trasformato in Tobia Ilguardianodelbosco.

Tobia Ilguardianodelbosco è un omone di poche parole, sempre vestito di verde e con uno strano cappello infarcito di mille penne: ogni giorno ne indossa una diversa, dopo averla chiesta in prestito a qualche amico volatile, appena prima che spunti il Sole. Oggi Tobia portava una penna di corvo, nera, lucida, grande e stranamente morbida.

In questa giornata maggiolina, l'omone dei boschi aveva il compito di accogliere una ciurma tutta particolare: navigatori poco esperti ma intraprendenti e molto curiosi. Non erano certo gente di Città Grande di Nebbiascura, ma avevano sicuramente bisogno di una bella dose di pozione boscosa verdaiola.
Così Tobia li presentati al bosco, facendo passare tra le loro manine un passaporta donatogli poco prima da una farnia: toccando la foglia e dicendo il proprio nome, tutto il Bosco sarebbe venuto a conoscenza della loro presenza, senza così esserne turbato.

I piccoli erano venuti per capire qualcosa di più della Natura, e il Guardiano sapeva che per farlo avrebbero dovuto potenziare i loro poteri magici. Poteri che ogni essere umano ha, ma che molto spesso si dimentica di possedere.

Per fare questo, però, avrebbero avuto bisogno di qualcuno che di magie se ne intendeva ben più di un semplice guardiano dei boschi. Così, Tobia li ha portati con sé lungo il sentiero, tra le fronde più fitte. E laggiù, appena prima di un crocevia, si è messo a chiamare in un sussurro: "Issi! Issi Barissi! Dove sei fata? Abbiamo bisogno di te!". E allo stesso modo, anche i piccoli si sono messi a sussurrare: "Issi Barissi? Dove sei fatina?"

Richiamata da così tanto entusiasmo e curiosità, la fata Issi Barissi è apparsa tra le foglie verdi di un giovane roverello: saltellando e cantando al suono di una nenia magica e incantatrice. I bimbi, curiosi, hanno chiesto quali fossero questi poteri magici nascosti da rafforzare, e la fata ha spiegato che avrebbe potenziato, con la buona volontà dei bimbi, la loro vista, il loro tatto, l'olfatto, l'odorato e il gusto, facendo loro dono delle magie degli Elfi.

Entusiasti, i trenta ometti si sono lasciati trasportare e trasformare in giovani folletti. Con gli occhi bendati hanno toccato i nidi del Picchio e della Cinciallegra, e usmato l'Erba cipollina, il Timo e i Fiori di campo. Hanno poi osservato da vicino le sgrufolate del Cinghiale tra le foglie umide. Hanno ascoltato le chiacchiere degli uccellini e il mormorio del ruscello. E poi hanno gustato il Polline e la liquirizia. E poi, e poi, e poi... un sacco di altre cose!



Non c'è che dire: una mattinata all'insegna della benevolenza e dell'intraprendenza. Al contrario della ciurma sbruffona e amorfa che è scesa in fiume ieri, e che ho poi accompagnato per boschi, in una passeggiata alla riscoperta di quello che può offrire il mondo fuori da un infernale schermo TV - senza per altro scalfire la scorza debosciata di questa marmaglia.

Questo mi fa pensare che ci sia un'età dopo la quale non siano più recuperabili. Che ci sia un momento, da posizionare tra i 16 e i 18, nel quale scatta qualcosa. Come a tutti, come sempre (chi più chi meno...). Solo che oggi giorno non scatta più verso la maturità, ma verso il rincoglionimento. Ma mi fa anche sperare che, forse, se ci si lavora con una intensità adeguata, si possono salvare ben prima del punto-di-non-ritorno.


Viva i bimbini curiosi!


E viva le attività che li incuriosiscono ancor di più!



mercoledì 7 maggio 2008

"Explicatio" non petita...

... Accusatio manifesta.
Potrei dire parafrasando un detto latino che amava citare una vecchia professora filosofeggiante, quando ancora ero un ragazzino che correva sul molo guardando i mercantili partire e sognando dentro quali barili avri potuto vivere la migliore delle avventure.


In questo caso, però, il vostro marinaio di foresta una spiega anche non richiesta la deve per forza di cose buttare sul piatto. Per vedere di trovare un minimo bilancio in questo mare magnum di parole.


Primo.
Il mio è il secondo lavoro più bello del mondo solo perchè sono un cialtrone modesto. Se non fossi modesto, sarebbe il primo. Anche se c'è chi, teneramente, non acconsentirebbe a questa definizione.


Secondo.
Questo pomeriggio ho preso il coraggio a due mani e ho cercato di risolvere la mia "situazione-non-contrattuale", possibilmente peggiorandola. Ma forse no. Nel senso che ho rifiutato un fisso per una quantità di giornate definite, per tenermi la mia paga "a chiamata" e la libertà di decidere se qualche giornata in più per me e per i miei cari la tengo esente da impegni lavorativi.


Terzo.
Forse sarebbe il caso di fare il punto della mia situazione "progettuale".
Partiamo dal presupposto che se dovessi fare lo stesso lavoro per 5 giorni a settimana per un paio d'anni, diventerei pazzo.


Aggiungiamoci il fatto che adoro starmene in giro per mari e monti senza fissa meta, un giorno qui e un giorno là, al soldo di compagnie diverse per interessi e attività.


Moltiplichiamo per il fatto che non esiste - o ancora non ho trovato - una associazione in campo educativo-ambientale che assuma qualcuno (al massimo ci sono contratti a progetto).


Quindi dividiamo il tutto per la mia costanza nel ricercare nuovi contatti e nuove situazioni di ingaggio in questo campo.


Il risultato è quanto mai sconcertante: sono in un limbo tra il precario relativamente libero di muoversi ma pagato un tot al chilo, e il libero professionista pieno di impegni e pagato tre/quattro tot al chilo.


Insomma, sembra che la rotta che sto prendendo sia quella di raggruppare, assaporare, gestire, gustare più collaborazioni possibili, fare Rete e poi cercare di mettermi in gioco in prima persona, gestendo un'attività mia - magari assieme a qualche collega conosciuto lungo la rotta.

Il precariato, da queste parti, avrà forse vita lunga. Ma sicuramente gliela renderò una vita d'inferno.

Riflussi e precariato


Il mio potrebbe essere il secondo lavoro più bello del mondo, ma a volte mi sento così stufo...

Stufo di prendere accordi volanti, a voce, senza uno straccio di riga scritta.

Stufo di capire una cosa e poi vedermene affibiare un'altra, perchè da bravo ingenuo ho dato per scontati alcuni diritti fondamentali.

Stufo che per costruire una mia professionalità io debba pagare in termini di servilismo e volontariato.

Stufo che il mio entusiasmo e la la mia volontà siano trattati come cieca obbedienza e stupida abnegazione.

Mi è capitato due anni fa, quando ho aiutato un professore a redigere una enciclopedia geografica. Mi è ricapitato quast'anno lavorando con i bambini terminali in ospedale a Città dei Vicoli.
E - sebbene in misura minore - mi ricapita ora, un po' in tutte le collaborazioni che sto portando avanti.

Perchè anche in questo lavoro non esistono una contrattazione che sia tale, un accordo preso guardandosi negli occhi, una valutazione del lavoro basata sulla qualità della vita e non sul ritorno di chi ti stipendia?

Forse perchè il mio ufficio è un bosco, la mia scrivania la riva di un fiume e il mio caffè è l'acqua gelida? Impareggiabile, forse. Ma non basta.

Anche se ho il secondo lavoro più bello del mondo, per Dio, voglio la mia professionalità.


Voglio la mia dignità.

martedì 6 maggio 2008

Tendresse, comment tu t'appelles?





A volte, la tenerezza si trova
laddove non sembra
esservene traccia alcuna.

E' allora che la si chiama
per nome: cercando poi
di scoprire come possa

fare capolino anche mentre
ci si sta guardando dentro.
Tanto a fondo da dover
chiudere gli occhi.

Magari avvolti da
una coperta di lana,
mentre il mondo, fuori,
accende un fuoco
per l'ultima notte.





lunedì 5 maggio 2008

La lezione svizzera


Ho passato quattro splendidi giorni gomito a gomito con alcune delle persone più genuine e interessanti che abbia mai conosciuto. Riuscire a staccarsi è stata davvero una dura prova.

In pochi giorni eravamo riusciti a creare un'atmosfera tutta particolare, fatta di domande curiose e risposte intime, affetto adolescenziale e condivisione matura, spirito d'iniziativa e inventiva spiritosa.

Nel pomeriggio del Giorno del Sole ci siamo dovuti dividere, perché così come il gruppo è stato formato e ha lavorato splendidamente, era allora il tempo che i singoli tornassero alle vite di sempre.

Ed ecco: ci siamo ritrovati in cerchio, sotto un sole di mille colori, in quel prato ormai divenuto il nostro dispensatore di piccoli segreti.

Sparsi tutt'attorno, giacevano i nostri petits milieux personnels. Lungo il fiume, tra gli alberi dei pendii, in cima a piccole colline custodite da alberi solitari: uno alla volta si stagliavano nel paesaggio come piccole candele nella notte.

E noi sapevamo che erano lì, a risplendere per noi una volta di più, nascosti agli occhi degli ignari passanti. In un paesaggio mai del tutto conoscibile, ma sempre e comunque riconoscibile, sapevamo leggere le curve degli alberi e delle rocce per ritrovare il luogo dove il nostro spirito aveva dimorato per quel breve spazio eterno.

Gli ultimi balli, gli ultimi canti, il meraviglioso mandala di foglie e sabbia, fiori e legnetti, funghi e cortecce: tutto aveva il dolce sapore della soddisfazione, della leggera consapevolezza che l'esperienza aveva fatto il suo corso.

L'ultimo cerchio, dopo l'abbraccio finale, si era stretto fin dentro al cuore, e noi tutti stentavamo a lasciarlo. Una storia ancora, dai. E poi un'altra e un'altra ancora. Chi teneva gli occhi chiusi, chi abbozzava un sorriso, chi appoggiava lo sguardo sui piedi, chi tendeva la mano alla persona accanto, chi chiedeva un abbraccio e chi lo concedeva felice, chi ascoltava in silenzio e chi sospirava a metà, trattenendo il fiato.

Poi, nello sguardo di qualcuno, si è accesa una luce, una consapevolezza che ha presto contagiato tutti gli altri.

Una strana voglia di andare, di rimettersi in cammino, per ritrovare quel mondo che aveva vissuto per giorni senza sapere nulla di quello che era stato condiviso, detto, conosciuto, consigliato e mostrato in quella piccola grande valle.

Una strana voglia di mettere in gioco tutta quella esperienza, per trovare un modo col quale tenere alta la speranza e la consapevolezza che, un passo alla volta, qualcosa di concreto può e deve essere fatto.

Qualcosa di concreto per ricostruire questo mondo imperfetto, pensato per gli esseri-formiche e lasciato incompleto dagli Dei costruttori alla vista dell'ingordigia delle proprie creature.

E allora, eccola, la lezione svizzera. Il primo passo è l'impegno personale. Ma il secondo è l'Educazione. L'educazione per la Natura e con la Natura.





P.s. il tortino salato è finito in mezzo minuto....

martedì 29 aprile 2008

Assalti frontali (culinari)


Domani si riparte per il Fraterno Paese Neutrale, proprio sopra le amate Montagne di Confine. Tra un lago e l'altro, fino al Giorno del Sole, ci troveremo ancora ad affrontare la Natura in chiave pedagogica. Sempre che poi un Paese nel quale tornare ed esercitare una professione ad essa legata esista ancora.

Per celebrare la ripresa dei lavori, gli organizzatori hanno avuto la meravigliosa idea di replicare il suntuoso banchetto collettivo che ha aperto la prima tranche di lavori. Occasione nella quale, per altro, in qualità di cialtrone del villaggio sono riuscito ad assaggiare ben più di quanto offerto - dicono.

Così, per togliermi dalla testa quello che, nei prossimi 5 anni, pagheremo in termini di ambiente e pensiero laterale, ho deciso che la cosa migliore da fare sia buttarmi sui fornelli (e non in senso letterale).

Spronato da Wonder Thought - la supereroina che intontisce i nemici con il suo pensiero tagliente e disarma gli amanti con frasi dolcissime, momentaneamente interdetta alla cucina - penso che mi metterò il grembiule per sfornare una succulenta torta salata in stile faciòchevuoi,purchèsemagni.


Ecco cosa prevedono le prossime due ore:


- recuperare il macinato, una teglia, dell'olio, dell'aglio, una serie indefinita di cubetti di affettati, due uova, un tegame, un'altra serie indefinita di spezie simil-curry, odori all'infinito, una sfoglia e un forno.

- stendere la sfoglia nella teglia da forno.

- prescaldare il forno.

- soffriggere leggermente macinato, affettati, spezie e odori.

- impastare la carne con l'uovo nel tegame.

- stendere il ripieno impastato nella sfoglia e ricoprire con ciò che si trova.

- infornare ad una temperatura moderatamente adeguata, per una quantità di tempo compresa tra "cazzo è cruda!" e "cazzo è bruciata!".

- non perdere mai di vista la teglia nel forno nel lasso di tempo necessario.




Buon appetito.




P.s. Io avrei voluto fare una carbonara, o una pasta pannaesalmone, ma mangiarla domani sera non sarebbe stato il caso!

Happiness suggestions


Quando si cresce con Leopardi, Schopenhauer, Vasco, Einstein e Isaia come confratelli è difficile mettersi a scrivere qualcosa, se al momento si è fondamentalmente felici e soddisfatti.

La malinconia di fondo dei marinai di foresta sparisce, davanti ad un week-end intenso e meraviglioso come quello che ho appena vissuto. Perchè mentre il Benamato Paese scendeva sempre più la china, posso dire di aver passato senza dubbio il più bello e significativo fine settimana del 25 aprile degli ultimi anni.

Un finesettimanalungo fatto di grandi discussioni filosofico-politiche, patimenti emozionali e sentimentali, chiacchiere leggere, baci spinti e carezze affettuose, ma anche di canti collettivi e struggenti, visite a sorpresa in mezzo a vigneti sperduti, piccole diatribe sugli amori trascorsi, spanciate clamorose a suon di crema di nocciola, birra, pizza, salame e zuppa di pane e uova, bagni in fiume, camminate nei boschi in visita ai leprotti e ai fagiani, e lunghe passeggiate in almeno 4 città diverse. Tutto senza accorgersi del tempo che scorreva e dello spazio che viaggiava.

Insomma, una vita e mezza condensata in 3 memorabili giornate.
Dedicate a chi le ha vissute con me a strettogiro.
Al 100per100.
Proprio come siam capaci noi.

giovedì 24 aprile 2008

Meraviglie liberate


C'era questa quercia, ieri, che pendeva dall'argine del fiume. Inclinata come volesse bere o lavarsi le fronde nell'acqua ferma, tanto da tirar fuori le radici dal terreno. E molte sue foglie, verdi e giovanissime, sfrioravano la superficie lasciandosi carezzare dalle piccole onde del vento.

E c'era questo sole, ieri, che filtrava tra i rami e colpiva le onde. Rimandando i suoi raggi sotto la chioma della quercia. Lì mi sono seduto, sulla riva vicino alle radici sradicate, a guardare le trote saltare, meravigliandomi del silenzio e della luce portati dal vento.



Nel frattempo si è aperta la stagione dei Sentieri d'Acqua sul Fiume Azzurro, con le prime due discese in gommone, con qualche marmocchio eccitato all'idea di sobbalzare sulle onde e battagliare a suon di cannonate d'acqua con i professori. Si è anche aperta la stagione dei bagni in fiume. Il primo tuffo del mese ha fatto scorrere l'acqua gelida tra le pieghe della muta, e la limpidezza della risorgiva si è materializzata in una vivida sensazione di freddo acuto.

Questa mattina ho chiuso una piccola serie di lezioni in classe, a Città Grande di Nebbiascura. I ragazzi della cascina erano interessati a conoscere la filiera bosco-legno, per capire bene che cosa volesse dire sfruttare il governo di un bosco in modo rinnovabile al fine di produrre energia in maniera alternativa ai combustibili fossili. Credo proprio di esserci riuscito.



Ora mi preparo a festeggiare una Liberazione coi fiocchi. Faccio rotta per Città dei Vicoli, dove mi attendono a braccia aperte dolci coccole e fresche risate. E domani con un gruppo di altri 30 squinternati, ci sposteremo poco più a nord dei monti che circondano la città per partecipare ad una giornata collettiva di pranzi, danze, giochi e rotolate sui prati.

Per ricordarci per che cosa hanno combattuto i nostri nonni e i nostri padri, e per che cosa hanno sofferto le nostre nonne e le nostre madri. E viceversa.

Buona Liberazione, marinai e marinaie.

E ricordate: il lavoro per vivere, non la vita per lavorare.

E ancora: viva l'antifascismo intimo, cosciente e consapevole.


mercoledì 23 aprile 2008

Carri armati di porcellana








Sì, è vero che siamo dei carri armati e che nessuno ci ferma quando ci mettiamo in testa qualcosa e che voliamo bassi alla velocità del suono e che siamo ben riconoscibili tra la folla e che a volte le spariamo davvero grosse.


Ma è vero anche che siamo fragili come vasi di porcellana e che in pochi se ne rendono conto. E allora è bellissimo ascoltarci mentre lo riconosciamo e cerchiamo in tutti i modi di camminare soffici per non rompere nessuno qualcosa dell'altro.







lunedì 21 aprile 2008

L'odore della resina, nella pioggia e sulle labbra


Sono sempre stato un amante della pioggia.
Sarà per questo che nell'ultimo fine settimana mi sono eclissato, a godermi qualche goccia in più che mi bagnasse il viso e si confondesse tra le labbra.

E mentre mi eclissavo, nell'aria ho avvertito spandersi un profumo, di terra bagnata e aria carica di tensione vitale. Mi ha riportato a quando ero bimbo, e mi fermavo in mezzo al giardino ad assaporare quel rumore di fondo e quegli odori diffusi: l'erba baciava la pioggia e la pioggia accarezzava le piante.

Forse era l'odore della resina di cedro.

Sicuro che una volta a farmi compagnia non c'erano le labbra e il sorriso che avevo vicino in questo fine settimana.

martedì 15 aprile 2008

Sul soffitto della Stazione di posta del Panda


Alla Stazione di posta del Panda, questa sera, l'aria è tesa. Si respira stanchezza. I volti tirati dei marinai e delle marinaie sembrano pieni di polvere, come dopo una lunga traversata di un qualche deserto roccioso. La chiglia delle navi da foresta sono segnate, e portano i segni inconfondibili del troppo viaggiare: quasi fossero scarpe che sono in giro da gran tempo. Gli occhi sono curvi a terra e le gambe risentono di qualche chilometro di troppo.

Alla Stazione di posta del Panda, questa sera, si risparmiano le parole, quasi che il fiato sia prezioso come l'acqua per il muschio. Ogni parola è misurata e centellinata sulla punta delle labbra e delle dita. Qualcuna di queste parole è anche una parola di avvertimento. Nei viaggi precedenti qualcuno della ciurma non è stato contento di come è stato trattato, vuoi perchè non lo si è lasciato fare shopping come voleva, vuoi perchè qualcuno dei suoi piccoli e adorati mozzi è stato redarguito con troppa sollecitazione.


Ma questi marinai non si lasciano fermare.
E sanno che domani un'altra nave li porterà lontano.
Un'altra meta, un'altra ciurma.
Rientro previsto nella serata del giorno di Venere.

Buona strada a chi va.
Buon riposo a chi resta.
E ora è meglio sistemare il sacco a pelo e infilarsi dentro, ad aspettare l'alba parlando delle stelle, immaginate da qui, sul soffitto della Stazione di posta del Panda.

lunedì 14 aprile 2008

Sarà perchè, sarà che



Mi sento ancora la coperta calda sulle spalle, e quella tenera sensazione di sabbia negli occhi che ti fa ricordare quanti sogni sei riuscito a dimenticare in una sola notte di primavera.

Sarà perchè fuori dalla finestra l'aria fredda si sposta assieme agli alberi e alle canne di bambù.

Sarà perchè fuori dalla finestra scende una pioggia che somiglia a piccole scaglie di malinconia: di quelle che ti si appoggiano alla vita ed entrano in risonanza con tutto quello che ti porti dentro, nelle ossa.

Sarà perchè ieri sono stato assalito brutalmente da una fase bradipo di dimensioni cosmiche e ne risento ancora oggi.

Sarà perchè tornando dalla gita in Camargue, i marmocchi ascoltavano vecchie canzoni che il mio cuore ha bandito e che svelano quanto la maschera da vecchio cowboy con le grinze sugli occhi proprio non gli si addica.

Sarà perchè il Paese la cui terra mi ha visto correre, cadere, piangere, rialzarmi e sorridere mille volte, è una volta di più sull'orlo del baratro.

Sarà perchè ci sono fantasmi che non mi lasciano stare e mi vengono a trovare, col loro bagaglio di sensi di colpa e soddisfazioni: e sono tutti fantasmi di donna. Non che siano fantasmi veri, s'intende: ma qui, su questa nave, a duemila nodi, i ricordi li confondiamo spesso con i fantasmi, per lo strano modo che hanno di apparire dietro un velo e sussurrare parole lontane che scuotono le ginocchia e i polmoni.

Sarà perchè so che altrove mi aspettano un abbraccio caldo e dei capelli da accarezzare, con tutta la tenerezza di un mondo che si chiude, volontario, fuori da un armadio magico. E labbra da baciare forte per l'attesa e l'ansia di essere un nomade un po' per scelta, un po' per vocazione e un po' per timore - di chissà cosa poi?


Sarà che ho bisogno di una piccola passeggiata.
E allora via, cappello in testa, sciarpa sotto il naso e bavero alzato. Un passo dopo l'altro, mi lascio dietro la primavera, le sue piogge e i suoi sussurri, un po' a specchiarsi nelle pozzanghere e un po' a saltarci dentro.















sabato 12 aprile 2008

Bella follia!


Uno pensa che svegliarsi all'alba, nel giorno di Saturno, per andare a bagnarsi da capo a piedi in un lago che sta vicino alla Svizzera, dopo tre giorni passati in Francia con la peggio marmaglia che Città di Nebbiascura abbia mai vomitato nel mondo, sia una vera follia.


Lo pensavo anche io.


Di fare questo corso di aggiornamento per Istruttore di base di Kayak, fino a tre giorni fa, ne avevo una gran voglia. Ieri a mezzanotte, al rientro dalla gita, mentre preparavo la mia nuova bambina e la sacca con la muta e la giubba ad acqua, maledicevo qualsiasi divinità pagana che avesse mai avuto il controllo sul vento, sulla pioggia e sulla stramaledetta umidità di questo aprile ballerino.


Fortuna che il ritrovo sul lago è a meno di un'ora dalla mia capanna nei boschi. E fortuna che i cavalli della mia carrozza mi conoscono così bene da sapere quando è il caso di mettersi a guidare da soli, senza che io quasi me ne accorga.


Sono arrivato lungo sui tempi, e tutti erano riuniti (un po' immusoniti per il freddo e la stramaledetta umidità) attorno ad un tavolo da ping-pong attrezzato alla meglio sotto una tettoia in amianto degli anni '70 - ancora integra per fortuna - dentro un campeggio italiano per zurighesi in vacanza: casette di legno basse e piccole con superoptional e veranda a due posti incorporata.


La mattinata è volata via parlando della sicurezza in canoa, concentrandosi su quello che può capitare in un ambiente come quello del lago (o del mare), che è ben diverso dal fiume. Punto fondamentale: non scendere mai/non far scendere nessuno senza un giubbino di galleggiamento, che serve a scampare la pelle in qualsiasi situazione di emergenza.


Dopo aver guardato approfonditamente le canoe da mare/lago, per notarne le differenze strutturali e di utilizzo nei confronti di quelle da fiume, siamo andati a prenderci da mangiare. Siccome ero ben stufo di farmi panini col prosciutto imbottiti di burro (odiosi cuochi francesi!), mi son comprato una vaschetta da 3 etti di insalata di pesce: calamaro, polpo, gamberetti. E due panini a tartaruga di farina di patate. Che buono...


Prima di mangiare ci siamo cambiati.

Un canoista come si deve è la versione casalinga di un navy-seal statunitense: muta, calzari, maglie termiche, maglie impermeabili, giacca ad acqua, scarpe antisdrucciolo, giubbino di galleggiamento superattrezzato, paraspruzzi. In fiume ci va anche il caschetto, in lago mi son portato il mio nuovo cappello. Ho poi scelto una pagaia doppia in legno e una canoa da mare abbastanza stabile.


Abbiamo cominciato l'uscita sull'acqua con un tempo certamente suggestivo, ma non proprio invitante. Vento contrario, freddo di neve, che veniva dai monti lontani sopra di noi. Una pioggerella insistente, di quelle che ti si infila anche nelle mutande, se non ci fai attenzione. Un'acqua fredda e scura come un giacciolo di buio, che mi ha gelato le dita in men che non si dica.


Ci siamo fermati a mangiare una quarantina di minuti dopo, sulla riva svizzera. Ci hanno tenuto compagnia due equipaggi di canottaggio femminile della zona, che passando e ripassando, hanno trovato il tempo di sorriderci splendidamente e salutarci tra una vogata e l'altra.


Sarà forse stato il loro sorriso, così bello e sincero, sarà stato il cambio del vento: non lo sappiamo bene. Quello che sappiamo è che da lì a qualche minuto il sole splendeva alto e scaldava le nostre povere ossa umide.


Il rientro è stato qualcosa di magico.

La canoa, lunghissima, viaggiava diritta sull'acqua senza che facessi nulla per mantenere la direzione, le piccole onde lacustri mi cullavano, un nibbio bruno è venuto più volte a porci omaggio, e la pagaia in legno riportava fedelmente i sussurri dei piccoli vortici che gorgogliavano appena sotto il pelo dell'acqua.


Sono un marinaio di foresta rilassato.

Questa sera bagno caldo e nanna presto.


Siete con me?
















Wow.

Che fatica.

Mai fatta così tanta fatica.

Argh!









lunedì 7 aprile 2008

Dell'Ambiente e del Pensiero laterale (ovvero l'Educazione ambientale e la libertà di pensare alle alternative) 1

In queste quattro intense giornate passate a ragionar di ambiente ed educazione, ho potuto mettere ordine ad alcune idee che vagavano in sospensione nelle acque confuse dei miei pensieri. Per altri versi, invece, sentimenti contrastanti e desideri conflittuali si danno battaglia tra lo stomaco ed il cuore, con grande clangore di ferri, legni, spade e mazze.

Si è discusso di bisogni, di gruppi, di albe in ritardo, di versi nella notte, passeggiate nei boschi, nidi d'aquila giganti, piccoli nidi personali, grigliatone con luganiga e patate al cartoccio, nocino, abbracci voluti e negati, egocentrismo latente e manifesto, leadership, confessioni sentimentali, distanze del cuore, dolore, razionalità, manualità ed emotività...

Insomma, ho avuto davvero modo di osservare, parlare e capire.


Tutto questo grazie ad un gruppo di Neutrali poi non così tanto neutri e ad una personcina dolcedocle che è diventata anche specialespeciale, per l'enorme pazienza (o caparbietà?) che sta dimostrando. Più in là avrò sicuramente modo di entrare nel dettaglio.


Integrando alcuni appunti che ho lasciato indietro da tempo con due o tre cose delle quali ho avuto modo di discutere, saltano fuori alcune "definizioni" che mi hanno aiutato a capire in che direzione sto viaggiando.


Ambiente.
Inteso come quella sfera che include gli ambienti naturali, le modificazioni prodotte dall'attività antropica e i feedback psicologici/sociali/emotivi/affettivi che tali modificazioni hanno introdotto nella quotidianità dell'Uomo (inteso come Essere umano, non me ne vogliano le femministe). Quindi non solo "La Natura" - dalle cascate e ai ghiacciai, dal Picchio rosso delle Ande o alla Stella Alpina della Valle Aurina - ma tutto che ci circonda, nel quale viviamo direttamente o indirettamente. E questo - forse - tradisce la mia formazione originaria come Geografo.


Pensiero laterale.
Ossia la capacità di costruire collegamenti tra elementi che comunemente non presentano alcun legame e che sono riconosciuti come semanticamente, logicamente o praticamente appartenenti ad universi differenti (un paradosso, se vogliamo, perchè in questo caso dovremmo parlare di Multiverso e non di Universo, come "bolla abitativa" nella quale esistiamo). Questi collegamenti sono di per sé stimolanti, ma non sempre sono anche produttivi: non sempre riescono a indurre cambiamenti rispetto a quanto esisteva in precedenza.


Educazione ambientale.
Tutto quell'insieme di attività ludico-didattiche che hanno lo scopo pedagogico di sviluppare nelle persone che ne fanno esperienza una sorta di pensiero critico nei confronti dello Stile di vita improntato alla crescita economica e alla diffusione del benessere come aumento della capacità di consumo - per altro, comunemente riconducibile al "Mondo occidentale" e quindi alla Forma mentis che lo ripropone.
Senza spingermi troppo in là, alcune delle pratiche promosse dall'Educazione ambientale sono ad esempio quelle del cosiddetto "Sviluppo sostenibile": un concetto in realtà superato ma che mantiene una posizione primaria nell'Agenda-setting della nostra società per l'applicabilità quotidiana (ancora ipotetica, purtroppo) dei suoi concetti.


Educare passando attraverso l'ambiente.
La conoscenza dell'ambiente esterno (sia esso un fiume, un bosco, una montagna o il quartiere nel quale si vive) permette di creare una serie di metafore per mezzo delle quali chi partecipa all'esperienza educativa riceve una educazione (al senso civico, alla scienza, alla partecipazione attiva, alla democrazia, alla socialità...).


Educare all'ambiente.
La conoscenza di un ambiente e delle sue dinamiche può avvenire passando attraverso svariati stimoli, che provengano da discipline artistiche o scientifiche - prese singolarmente o integrate/intrecciate tra loro.


Nella seconda parte di questo post - se mai dovessi riuscire a scriverla in tempi accettabili - voglio ragionare sul rischio che il prossimo nucleo di regnanti che prenderà le redini di questo Paese, non abbia la lungimiranza (o l'abbia persa deliberatamente) di investire su un sistema scolastico efficiente ed efficace, in grado di far sviluppare ai suoi allievi uno spirito critico latente e propositivo che rimetta in circolo il singolo e lo restituisca alla comunità. Sarebbe una bella inversione di tendenza rispetto alle attuali, che (pre)vedono il dilagare di una individualità sempre più (ri)stretta e sempre più passivamente aderente a modelli precostituiti - senza contare poi i passi indietro e i revisionismi che stanno prendendo piede.


Odio parlare come un libro.

Ma son stanco, ed era necessario - arrivati a questo punto.


Domani nuova uscita con marmocchietti picciolipiccioli a Voltorre, appena sotto a Città Primadeimonti. In serata vado a dormire alla Stazione di Posta del Panda, perchè nel Giorno di Mercurio parto nuovamente per il Paese d'Oltralpe. Fino a Venere.


Poi si vedrà.


mercoledì 2 aprile 2008

La Duchessa di Borgogna








Preziosa Duchessa dallo Sguardo Turchese,

Spero vogliate accettare senza alcuna reticenza questa mia, poichè è con il cuore in mano che questo Vostro umile sottoposto Vi rende omaggio per la serata trascorsa in Vostra compagnia.

Per quanto roccambolesco possa essere stato l'incontro, desidero precisarVi che i momenti - certo per Voi dolorosi - che avete speso correndo dietro al rimedio per un errore che non era Vostro, quanto del Fato, sono passati senza che quest'umile Vostro mozzo nemmen se ne curasse.

Ho piuttosto preferito occupare proficuamente la sabbia della clessidra e la cera della candela sorseggiando della Vostra preziosa bevanda d'ambrosia, luppolo e frumento: sì gustosa e piena.


Con grande trasporto posso invece asserire che, largamente all'opposto, i momenti trascorsi in Vostra compagnia sono passati con il mio totale favore e la mia piena adesione.

Vorrei inoltre permettermi di aggiungere, con una punta di malcelata modestia, che se mai vorreste discutere di quanto accade nella vita di Vostra Signoria, sicuramente trovereste in me un ascoltatore fedele e un osservatore attento, nonché un buon bastone: per sostenervi o aiutarvi a sistemare questioni di dubbia risoluzione.




Sollecitando e sperando in un nuovo incontro,
Vi porgo i miei più distinti e sentiti omaggi

Vostro

Timothy J. Dawbt

Marinaio di Foresta












Petite mise à jour


Giornata meravigliosa nei boschi sopra Città Primadeimonti.

Assieme ai piccoli mozzi da sottobosco abbiamo imparato a riconoscere gli alberi dalla corteccia (Faggio, Rovere, Castagno, Cigliegio), a misurarli con e senza gli strumenti professionali e a fare una piccola mappatura del bosco da gestire. Poi abbiamo camminato un sacco per vedere uno degli ultimi due mulini con macina ad acqua della zona: è in funzione da prima del '700, e la sua farina è apprezzata tanto nel Nostropaese come nell'Oltralpe Neutrale.

Domani, invece.... grande partenza per la Via Neutrale alla Educazione ambientale!

Io e una persona tantotantodolce ce ne andiamo nella succitata Federazione dei Paesi dell'Oltralpe Neutrale, per farci strapazzare da quelli del CEMEA (i Centri di Esercitazione all'Educazione Attiva), un'associazione nata nelle terre della Langue d'oil, poi diffusasi in tutte le Vecchie Terre Continentali.

Lei è tanto preoccupata che un tasso la mangerà, ma ho come il sospetto che la cosa abbia un fattore di improbabilità di "due elevato alla potenza di due miliardi, 79 milioni, 460 mila, 347 a uno" - un po' come essere raccolti nello spazio entro trenta secondi da quando si è stati espulsi da una nave Vogon per essere autostoppisti clandestini. E comunque, io e il fedele Bebop non lo permetteremmo mai!

Speriamo piuttosto che noi si trovi un lavoro prima che i prossimi regnanti chiudano le frontiere in entrambe i sensi Che è meglio(?) ...

Edera nel deserto

La tenda nel deserto, non si sa bene come, è stata costruita lasciando cadere nella sabbia delle sementi di Hedera Fulgea, su innesti di palma da dattero - lavorati e allineati ad hoc. Ha una forma vagamente tondeggiante e la penombra al suo interno è fresca, rilassata.

I nomadi - seduti in cerchio tra tappeti e cuscini - si passano un vassoio argentato, lucidato a specchio, sul quale è posata una sola tazza di vetro. Thé nero, menta, cannella, miele e datteri in infusione. Uno alla volta, la prendono, si specchiano nel vassoio, sorseggiano quanto basta e dicono la loro sulla questione.


Stakanov dice che sta tenendo botta.
Anche in questi giorni deliranti di trasferte e chilometri, riesce a trovare il tempo per ricamare col pizzo e l'orlo dei fazzoletti di tempo che parrebbero infinitesimali, ma che profumano di infinito.
Ieri e oggi, a Città dei Vicoli, Stakanov ha incontrato persone favolose che non vedeva da tempo. Ha ballato, bevuto e cantato, massaggiato, baciato e fatto l'amore.

Beato lui, annuiscono gli altri.

Anche Bebop, il cowboy acquamarino, tiene botta.
Se n'è stato tutto il giorno a sguazzare tra i palloncini e le bolle di sapone del palcoscenico, aspettando che anche gli altri pesciolini del Porto dei Piccoli sistemassero le loro battute e le loro scenografie, per lo spettacolo celebrativo che si è tenuto in serata.
E che spettacolo, ragazzi.
Un'ora e trenta minuti di canti, balli e bevute, massaggi, baci e abbracci.

Beato lui, approvano gli altri.

Il marinaio di foresta sta tenendo botta, ma è decisamente stanco.
Anche se felice.
Dopo mille chilometri, una notte quasi in bianco e questa strana voglia di raccontare, domani mattina si alzerà per accompagnare una vivace accozzaglia di marmocchi di Città Grande di Nebbiascura a incontrare i loro gemelli di Città Primadeimonti, vicino al lago, tra i boschi.
Chissà che giornata.

Beato lui, si dicono gli altri.



Quello di cui non si hanno più notizie da un po' è l'eremita australiano. Bisognerà aspettare che la tenda arrivi sotto il suo albero. E comunque starà meditando a fondo sulla bellezza della vita...

Beato lui.

lunedì 31 marzo 2008

Douceur, d'où viens-tu?





A volte non capisco se la dolcezza sia innata
o venga distribuita
come la Sabbia per i sogni,

da qualche Essere immaginario,
che viene a soffiarla di notte
attraverso le finestre delle camere da letto.

So solo che in alcuni casi,
molto molto particolari,

si posa sulla pelle giusta,
ed è più squisita del solito.











Pouilly



Un ringraziamento speciale ai miei inaspettati,
ma assolutamente benvoluti, lettori Francesi.
Scrivetemi, che facciamo due chiacchiere!

^_^

giovedì 27 marzo 2008

Passare le Alpi è sempre un'impresa...


Lo è stata per quel tizio a cavallo degli elefanti, non vedo come non possa esserlo per un semplice marinaio di foresta come me. Perchè passare le Montagne, ultimamente, significa sempre smuovere cose che dovrebbero starsene quiete tra il cuore, la pancia e il cervello.

Quelle cose che solo i vecchi cowboy con le grinze sulla faccia riescono ad evocare, davanti al fuoco del campo: non importa se ci sia qualcuno ad ascoltarli, oltre la luna e qualche cactus. Anche da soli, quei vecchi cowboy davanti al fuoco hanno le spalle larghe... oppure sono semplicemente troppo stanchi del peso della vita per rendersi conto di quanto i ricordi ti possano schiacciare.

Ma io non sono nè un barbaro assetato di fama, nè un vecchio cowboy con la pelle grinzosa bruciatadalsole. Sono solo un piccolo marinaio di foresta con il cuore sempre in subbuglio e lo sguardo sulla vita sempre soggetto a suggestioni.

E di suggestioni, oltralpe, ne ho nascoste ad ogni angolo di strada, sotto qualche albero e pietra, dentro uno o due locali speciali. Tutte cose che, nella mia nomade malinconia, mi piace visitare di tanto in tanto. Giusto per ricordare. Giusto per sapere che un cuore ce l'ho e che non lo lascio indietro un pochino ad ogni passo.

Nella Città Dei Mattoni Rosa, avevo nascosto dei ricordi in un posto speciale. Un posticino affettuoso, nonostante fosse fumoso e chiassoso. Le Sherpa. Un posticino piccolo, con un grande viavai di persone, di tintinnii di bicchieri e posate, di profumi dolci e salati avvolti in soffici e saporite crepe. Un posticino nel quale ho ricamato una Storia d'amore, come facevano le nonne una volta con le coperte: dritto e rovescio, punto per punto, ritornando dove le maglie s'erano allargate con ostinata caparbietà. Un Storia d'amore che nessuno si aspettava fossi proprio io a voler chiudere, ed invece è proprio quello che ho fatto - anche se questa è un'altra storia.

Qualche giorno fa, nella Città Dei Mattoni Rosa, ho scoperto che quel posticino speciale non c'è più.

Avrei dovuto ricordarmelo, visto che ero stato lì anche l'anno prima, e forse la situazione non era un granché diversa. Ma non lo ricordavo. Perchè la voglia di affondarmi in una di quelle minuscole sedie, dietro un bicchiere di sidro che sarebbe finito ben prima dell'arrivo della squisita pietanza, era enorme e l'attesa era alle stelle. ...Quando si dice Il soverchiante peso di taluni ricordi...

Così, fermo in mezzo alla strada, sotto una pioggia francamente stancante, me ne sono rimasto impalato a guardare quella che prima era l'insegna di un posto magico, e che ora è solo un negozio di scarpe alla moda.

Mi sono sentito vuoto. Vuoto e disorientato.
E in quello stato ho ripercorso la città, con soli due piedi anzichè quattro.


In un ballo solista che poteva essere, senza volerlo, un nostalgico omaggio ad un luogo elettivo perduto e ad un racconto arrivato fino alla fine: fino al punto in cui diventa tutta un'altra storia.

Sopravissuti alle Eresie del Tempo


Tra una tormenta e una bufera , la nave è rientrata in porto.

Mille approdi diversi. Mille luci, mille colori, mille ombre.

In questi settegiornisette di eresie e guerre di religione.





Vento che gonfiava le vele e graffiava le gote, spruzzando grandine in orizzontale.

Neve che cadeva baciata dal sole, e correva a coprire le valli e a minacciare di far cadere le montagne.

In questi settegiornisette di massacri tra credenti e magnifiche opere d'ingegneria medievale.

Ma ora, sono a casa.



Finalmente.






Per chi ancora mi aspettava e per chi aveva finito per non pensarci più.

mercoledì 19 marzo 2008

Pronti, bagagli...VIA!




Si salpa di nuovo.


Rotta verso i Paesi catari, con le loro eresie e le fortezze abbandonate.


Ci rivediamo il 27 marzo.


Baci vagabondi a tutti quanti.











Addio compagno di mille avventure



In una domenica di marzo più folle e giovane delle altre, ho lasciato indietro - chissà dove? - il mio comodo e fedele amico cappello.

Non era un cappello costoso, tutt'altro. Ma nessuno mai mi ha protetto il capo meglio di lui: la pioggia non lo toccava, il freddo non lo spaventava, il torrido sole gli pareva un sorriso.

Ricordo con orgoglio il nostro primo viaggio, verso il campo WWF di Innerbach, in Sud Tirolo. E da allora, in questo girovagare così pieno di incertezze e risate e bevute, mi è rimasto saldo sulla testa fino alla fine.

Senza dubbio, l'ho lasciato in un posto dove anche io vorrei perdermi - alla fine dei miei giorni.

lunedì 17 marzo 2008

Evocando l'improvvisazione di primavera



Sono giornate che cominciano in novembre e finiscono in maggio, queste.

Mi alzo col buio e per uscire infilo il cappello, basso sulla fronte, e sollevo la sciarpafin quasi sul naso, mentre il cappotto mi fa da vello e mi protege le spalle e le mani. Ma poi la giornata comincia a sorridere, e nel primo pomeriggio la strada di casa - per quanto lunga sia - è una piacevole cavalcata al suono di nuvole gonfie e bianche che passano su un vento caldo e piacevole. Questa notte, tra l'altro, il cielo sembra non avere atmosfera e le stelle paiono voler saggiare il terreno con le loro dita colorate, tanto sono vicine.


In queste giornate, che cominciano in novembre e finiscono in maggio, girovago tranquillo tra le acque delle cascine nei dintorni di Città Grande di Nebbiascura. Sembra che anche i pesciolini che mi ascoltano abbiano percepito il cambiamento in atto. Li vedo lanciarsi sguardi fugaci, mentre si pavoneggiano come ochette starnazzanti e baldanzosi galletti. Fan finta di volersi stare alla larga mentre giocano a chi si avvicina di più senza che l'altro si accorga di nulla.


Nel frattempo si avvicina il prossimo viaggio. Terre catare.
Tra castelli, eresie, stragi, fortificazioni militari e cassoulet di fagioli, salsiccia e anatra.


Di sicuro Carcassone, sfiorando Tolosa ed Albi. Col cuore in subbuglio e sperando di non distrarsi troppo. Ma soprattutto castelli sperduti tra le alture subito prima dei Pirenei, e qualche grotta, spero.


Un giorno di andata. Quattro di escursioni. Uno di rientro.
Una ciurma di sei persone e due cani. Omero e Isotta.


Devo preparare gli itinerari: Cartografo, portami la mappa, gli incartamenti e i miei strumenti!

















Il popolo e la testa dei regnanti...


- Ehi, mamma... lo sai che cosa ha combinato quello, l'altro giorno?

- Oh, cielo... dimmi!

- Una ragazza gli ha chiesto come avrebbe dovuto fare per vivere e mettere su famiglia con meno di 1000 euro al mese, e quello gli ha risposto Venga a sposare il figlio d'un milionario!

- Ah... come Maria Antonietta: Non c'è più pane? Che mangino brioche!

- ...

Dopo il Marinaio di Foresta, il Cowboy delle Stelle...


Some people call me the space cowboy, yeah
Some call me the gangster of love
Some people call me maurice
Cause I speak of the pompitous of love

People talk about me, baby
Say Im doin you wrong, doin you wrong
Well, dont you worry baby
Dont worry
Cause Im right here, right here, right here, right here at home

Cause Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I sure dont want to hurt no one

Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I get my lovin on the run
Wooo wooooo

Youre the cutest thing
That I ever did see
I really love your peaches
Want to shake your tree
Lovey-dovey, lovey-dovey, lovey-dovey all the time
Ooo-eee baby, Ill sure show you a good time

Cause Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I get my lovin on the run

Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I sure dont want to hurt no one

Wooo woooo

People keep talking about me baby
They say Im doin you wrong
Well dont you worry, dont worry, no dont worry mama
Cause Im right here at home

You're the cutest thing I ever did see
Really love your peaches want to shake your tree
Lovey-dovey, lovey-dovey, lovey-dovey all the time
Come on baby and Ill show you a good time



Da buon cialtrone, ho sempre sospettato che Steve e la sua band avessero qualcosa di speciale da dire... Ora lo so con assoluta certezza!

sabato 15 marzo 2008

Tout comprendre n'est pas tout pardonner, ossia Per un accenno alla Pedagogia della Resistenza





Me ne stavo impalato appena fuori dalla cappella delle Carmelitane a Dachau, nel monastero costruito a ridosso del campo di concentramento. Avevo appena incrociato lo sguardo di una vecchia signora che camminava adagio, aggrappandosi al braccio di suo marito. Avevano le lacrime agli occhi, mentre pregavano assieme.

Con un groppo alla gola, mi ero fermato a riflettere che far germogliare un pensiero di unione e compassione proprio dove l'uomo ha tolto senso persino alla morte è uno degli atti più coraggiosi che possano essere fatti. Al di là di qualsiasi credo o religione.

Ero lì che ragionavo di questo, frenando il groppo e le lacrime per non farmi vedere dai piccoli pesciolni che stavo accompagnando, quando un gruppetto di loro mi si avvicina per chiedere spiegazioni.

Non capiscono. Non sanno dove sono. Non riescono a trovare un senso a tutto quello che vedono. Non riescono a vedere le cose che sono successe in questi luoghi.

Allora inizio a parlare, e raccontare quello che altri hanno raccontato e testimoniato a me tempo prima.

Inizio dicendo che nei campi di concentramento il lavoro rendeva liberi, certo, ma liberi da ogni dignità, da ogni identità, da ogni barlume di ragione o senso.

Dico che nei campi di concentramento si veniva spogliati non solo dei peli e dei vestiti, ma anche di quel sottile velo che sta attorno all'anima delle persone e che da un senso alla vita.

Dico che le persone, nei campi di concentramento, erano fatte lavorare senza senso, solo per instaurare e mantenere una costante pressione emotiva.

Dico che questa pressione prima ti manda fuori di cervello, poi ti culla in uno stato di perdizione, nel quale nulla sembra più accadere per caso e le persone iniziano a sentirsi in colpa solo per il fatto di esistere. L'annullamento dell'uomo in quanto uomo. L'annullamento del senso della vita.

E poi dico che nei campi di concentramento si moriva senza motivo, e si moriva a migliaia, come le mosche. Si moriva sparati in testa e arsi ancora vivi nelle fosse comuni. Si moriva nelle docce a gas, si moriva di stenti perchè il freddo rompeva le ossa e il respiro. Si moriva così, tanto perchè c'era qualcuno che aveva voglia di ammazzarti o lasciarti morire. L'annullamento della morte.

Dico che tutti gli esseri umani, quando subiscono un lutto, come prima cosa si chiedono - sempre - Perchè. Perché è successo? Perché proprio ora? Perché proprio a lui o a lei? Perché non a me? E solo quando, a furia di farsi queste domande, riesce a darsi una risposta si può dire che sia riuscito a "rielaborare il lutto": solo allora può raccogliere i cocci di quella esperienza e ricavarne qualcosa di nuovo, che porti con sé il vento dell'esperienza e il sole del futuro.

E mentre dico queste cose sento quasi di non essere io a parlare. Sento l'aria del campo che geme tra i tigli cipressini del viale delle baracche, sento il filo spinato del muro di cinta che si tira e si torce, sento il terreno sotto i piedi che mi spinge a camminare e a parlare.

E allora mi accorgo.

Mi accorgo che tutti i discorsi attorno alla Shoa, tutte le visite ai musei della resistenza, tutti viaggi dentro i campi di concentramento e le Giornate della Memoria sono in realtà la più grande rielaborazione del lutto collettiva della Storia.

Non so perchè, ma pensarla così mi ha aiutato a mandar giù il magone.

Forse perchè ho cominciato a sperare che, anche in un domani lontano, tutto quello che laggiù e allora ha perso qualsiasi senso o ragione, possa diventare qualcosa sulla quale costruire fondamenta nuove.




Poco dopo, mentre ero sul pullman verso l'ostello ho ricevuto - e prontamente letto al microfono - questo messaggio via sms, da una persona speciale:

"Io penso che ci siano posti nel mondo - a me è successo a Gerusalemme davanti ad un check point e alla Diaz, il giorno dopo - dove paradossalmente ti senti in colpa di essere vivo, o di essere felice. Ma invece penso che essere uno dei milioni di piedi che calcano di nuovo quella terra, con la fortuna poi di uscire dal cancello e tornare alla tua felicità, sia il modo migliore per lasciare un'impronta di consapevolezza".



E su che cosa voglia dire "fare della Pedagogia della Resistenza", leggete qualcosa di Raffaele Mantegazza.





martedì 11 marzo 2008

Precariato e nomadismo, tanto domani parto ancora...


Essere precario significa non sapere che cosa si farà dopodomani, il mese dopo, tra sei mesi. Senza nemmeno sapere se si calcherà la stessa terra o se ci si troverà in terra straniera alla ricerca di qualche minerale prezioso (come il Rhum, ad es).

Nomade è quella condizione per la quale resti costantemente in movimento, ma sai perfettamente che dovrai essere in quel certo posto al sorgere del tal pianeta, altrimenti i tuoi animali non figlieranno e le tue sementi marciranno nelle botti. Certo, il cambio di rotta è qualcosa di previsto, ma sempre rischioso (e, certo, affascinante...).

Ora, dipendere dalle tabelle di marcia altrui, che fa parte della gavetta, è davvero snervante.

Autonomia nomade! Ecco quello di cui necessito, in qualità di Marinaio di Foresta!

Intanto domani parto.
Monaco di Baviera.
Dachau.
Castello di Neuschwanstein.

Tre giorni tre.
Di birra, brutale memoria collettiva che fa del bene, e favole tra Wagner e Disney.

Meglio preparare i bagagli per bene, non si sa mai.


Imprevisti del mestiere


Uno sa di avere un grosso appuntamento in una cascina piuttosto lontana, e si prepara per bene per salpare all'ora più adeguata, con l'intenzione di non incontrare intoppi sulla rotta. Controlla che la scialuppa sia a posto e riesca a filare via nel vento, con le vele gonfie e tese.


Poi prende e parte. Viaggia a lungo quanto deve, chiede qualche informazione quando è in zona, prende anche un cafferino giusto per essere tranquillo.


Si presenta davanti alla cascina con quasi un'ora di anticipo: le preoccupazioni del viaggio sono state - come sempre - esagerate, per deformazione professionale. E' tranquillo, perchè sa che può riguardare la lezione anche se la conosce molto bene.


Quindi decide di dare un occhio di controllo al baule con l'attrezzatura per gli esperimenti. Che però nella stiva non c'è.

Perchè è rimasto sul pavimento della capanna nel bosco, proprio di fianco alla porta - quasi ad intralciare il passo, per non dimenticarlo.


Ops.


Orecchie basse, coda tra le gambe.
Lezione rinviata.
Chilometri macinati per niente.


Giusto a conferma di quanto si diceva ieri.

lunedì 10 marzo 2008

Una vecchia balena da fiume mi disse




"In fiume nessuno si esalti e nessuno si abbatta"



Così mi ha detto una vecchia balena da fiume, una volta. Credo che questo motto valga tanto quando si sta affrontando la corrente delle acque bianche, quanto nei punti chiave della nostra vita.

Non mi è capitato spesso in passato, ma posso dire che se non avessi il sangue freddo di chi sta cominciando a capire come funziona il mondo della Navigazione Pedagogica in Ambiente Naturale, questo potrebbe essere un momento di vera esaltazione.

Come Marinaio di Foresta ci sono almeno quattro nuove Compagnie di navigazione che chiedono i miei servigi, e sto cercando disperatamente di far combaciare le date delle partenze con quelle dei rientri. Senza dimenticare la preparazione dei differenti bagagli durante le soste che dovrei usare per tirare il fiato. E se riuscissi in questo magistrale gioco d'incastri, ne uscirei senz'altro distrutto, ma con una discreta collezione di barili di Rhum da sfruttare a piacimento o far invecchiare in previsione di tempi più duri.

Tra l'altro, cosa non trascurabile, le persone che sto conoscendo in questi giorni, girovagando per le banchine del Porto nella Foresta sono persone incredibilmente preparate, desiderose di insegnare e assolutamente voraci di nuove esperienze. Un genere di persona che mi va particolarmente a genio...

Non devo però dimenticare lo sconforto abissale che solo qualche tempo fa il Generale Inverno mi ha fatto conoscere. Avevo una paura matta di restare senza imbarco: paura matta che mi ha fatto imbarcare in esperienze che sicuramente daranno i loro frutti, ma che al momento causano solamente impaccio e nervosismi che mi sono solitamente estranei.

Quindi nessuno si esalti e nessuno si abbatta.
Semplicemente, si può fare.
E a modo nostro ce la faremo.

Devo però un abbraccio a tutti coloro che sto trascurando, in questo mio frenetico gironzolare per le banchine in cerca di nuovi imbarchi. Sono amici di lunga data, persone speciali e amici incontrati più recentemente. Sono tutte persone alle quali tengo tantissimo e che porto con me in ogni passo e ad ogni passo. E ne faccio molti.

Vorrei solo che tutti voi sapeste che anche se gestisco in modo nomade anche le amicizie e gli affetti, vi voglio sempre un mondo di bene.







sabato 8 marzo 2008

Ne uccide più la gola...


Camminando in gruppo sui muraglioni della Cittadella di AcqueMorte, uno sbarbatello piuttosto saccente si gira verso la belladiturno e, indicando dei piccoli balconicini con un grosso foro al centro, dice:

- Sai, non avevano i gabinetti, venivano qui a fare la cacca: fuori dalle mura!

- Ma non dire scemenze! - Osserva un'insegnante, vigile - E' la feritoia da cui versavano l'olio bollente!

- Maproffe - si picca il saccentello - a quell'epoca l'olio era troppo prezioso per buttarlo via così, l'ha detto lei!

- E' vero! Infatti durante gli assedi usavano più che altro un liquido scuro e denso, che cos'era, tu che sai tutto?

- Aceto balsamico

- ...

martedì 4 marzo 2008

Tutti a bordo!





Tre giorni tre. In Camargue.


La nave salpa per terre salate, leggende gitane e cavalli allo stato brado.





lunedì 3 marzo 2008

Quando si educa con speranza (alla fermezza) e con fermezza (alla speranza)


Questa mattina sono stato convocato per tenere una lezione sulle Cose di Natura in una "cascina mediana" a nord di Città Grande di Nebbiascura.

Ero convinto fosse una tipica cascina mediana, tutta muri sbrindellati e bambocci un po' fumosi nello sguardo e nell'animo, vivaci e imperturbabili nella loro confusione.

Con mio sommo stupore mi sono ritrovato in faccia ad una "cascina di base", con tanti piccoli funghetti saltellanti attaccati alle gonne delle mamme chiacchierone.

Con un po' di sgomento ho pensato che ci fosse un errore. Ero stato chiamato per spiegar di natura Sì a dei marmocchi, ma marmocchi un bel po' più grandi: si erano scambiati una seconda mediana con una seconda di base!

Anche l'edificio non era quel che si potesse aspettare da una cascina dei nostri tempi. Anziché un grosso quadrato neozarista con finestroni uguali e geometrie ipertrofiche e ansiogene, se ne stava sdraiato davanti ai miei occhi un complesso di bungalow con la pianta a stella, collegati tra loro da corridoi bassi, larghi e pieni di sole. Ad ogni punta della stella corrispondeva una classe, altrettanto ben areata e soleggiata.

All'interno di ogni classe, banchi per circa 25 bambini erano disposti in modo che ci fosse lo spazio per passare agevolmente, e le pareti erano state coperte di disegni, filastrocche, leggende e numeri canterini.

Trasportato nell'aula da cotanti colori e dal vociare allegro delle combricole più piccole, ho saluto con sorriso melone la Maestra e la sua Assistente. Notando gli sguardi d'intesa, ho deciso di sorvolare sull'evidente misfatto alla radice della mia presenza in quel luogo e ho cominciato la lezione.

Ora, il sale di questa esperienza non è stato lo stupore per lo sbaglio di segreteria. Neanche lo stupore per i colori e le risate cristalline che decoravano l'aria della cascina. E nemmeno l'ammiccante sorriso di due insegnanti che sanno fare il loro lavoro e non lo nascondono. Bensì la composta ed educata voracità di informazioni scientifiche dei 22 piccoli batuffoli di curiosità che avevo davanti.

Senza batter ciglio, si sono buttati con me in una lezione che era evidentemente troppo per loro - nonostante la sensibilità con la quale ho semplificato la maggior parte delle spiegazioni - e hanno assistito meravigliati allo spegnimento delle fiamme d'una candela per effetto dell'Anidride carbonica, al gonfiarsi di palloncini grazie al lievito in acqua bollente, allo spargimento di gas spuzza-e-brucia dovuti alla liquefazione dello zolfo, e ben altro.

Il tutto sotto lo sguardo attento e controllato delle maestre, sempre pronte a tenere la curiosità dei batuffoli entro i binari della Domanda e del Rispetto.

Questa classe, grazie ad una Maestra illuminata che crede ancora che la Scuola abbia molto da giocare nella formazione di un Paese nuovo, è per me un piccolo esempio di come una educazione alla speranza per noi educatori sia ancora possibile.

domenica 2 marzo 2008

Oggi l'attrezzatura, domani la MeditAzione


Prepararsi alla Stagione Alta non è cosa che si faccia dall'oggi al domani. E devo dire che il Generale Inverno mi ha davvero tenuto sotto, nei mesi passati. Anche se avrei preferito mettermi in forma, più che stancarmi.

Ma l'ultima botta, giusto per testare le forze e scaricare gli acciacchi della Stagione Bassa, non la si nega mai.

Così oggi ho barattato gli ultimi fondi di Rhum con qualche attrezzuccolo che potrà tornarmi utile nelle prossime ore.

E finisco ora di preparare la mia nuova imbarcazione e le vivande per il cammino lungo il Sacro Fiume delle Spezie, che mi aspetta col suo vorace Frantoio per infliggermi ancora qualche lezione di equilibrio liquido.

Sveglia all'alba, marinai!

sabato 1 marzo 2008

Denuncia sociale



Quel dì,
pensarono fosse giusto, e socialmente doveroso,
rivolgere regolare esposto contro il signor Fernando Starnazza,
Gestore Ufficiale della stazione di posta, noto anche come FS.

Per "Occupazione illegittima di liberi spazi affettivi",
vista l'enorme quantità di strillanti strilloni pubblicitari.
Che, come noto a chiunque, impediscono il normale svolgimento
d'un qualsivoglia saluto affettuoso.