"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


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giovedì 20 maggio 2010

Nomade è chi lo nomade fa!






Avendo un'indole inquieta e sempre alla ricerca di radici, i nomadi hanno fatto una scommessa. Importante per qualcuno, imponente per altri, azzardata per altri ancora.

La scommessa prevede di non levare le tende per un pezzetto di vita da un certo fazzoletto di terra, stretto tra sei o sette laghi, un paio di fiumi, qualche bel colle e una pianura di risaie e zanzare.

E non solo: durante questa radicata e inquieta ricerca, in quella terra d'azzardi vorrebbero anche infilarci le mani, e provare a cavare sangue dalle rape, trasformare il piombo in oro, sfornare ciambelle senza buchi.

Visto il salto di paradigma verso il radicamento, sarà bene immaginarsi un altro nome, un altro modo di raccontare, un altro modo di vedere le cose... o forse sarà sufficiente mantenersi nomadi dentro?



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lunedì 17 maggio 2010

Emersioni





La sensazione è quella di riemergere dopo una grande apnea, alla fine di un'avventura poderosa.

Penetrati nell'antro oscuro, abbiamo combattuto draghi assassini e farfalle carnivore, ci siamo fatti in quattro per recuperare le pietre magiche e poi, proprio mentre tutto crollava e bruciava di esaltazione, ci siamo tuffati nella baia rumoreggiante e scura - in fondo alla quale una strana luce azzurrognola faceva sperare nella classica via di fuga.

E poi ci siamo ritrovati a galleggiare in pieno oceano, girandoci a guardare il vulcano che si era appena risvegliato - ultimo guardiano di quelle pietre che avevamo sottratto.

E galleggianti, alla deriva, ridevamo e sbattevamo le mani sull'acqua... Per vedere il piccolo clipper amico all'orizzonte. Così abbiamo iniziato a nuotare in quella direzione, con il peso leggero del bottino nella sacca a tracolla.

Uscire da questa primavera è stato un po' così.

Siamo solo all'inizio, gente.


venerdì 14 maggio 2010

Un piccolo grande passo...




Ecco, in anteprima assoluta, il nuovissimo logo
dell'Associazione di promozione sociale "I Maestri Itineranti".




A colori.

In silhouette.






mercoledì 24 febbraio 2010

Hic et nunc,
o Gli esistenzialismi "ecologici"





Secondo le più recenti Teorie per la Sostenibilità, il principio che più si tende a dimenticare nella nostra società è quello dell'Entropia - secondo il quale l'energia utilizzata per compiere un lavoro diventa quel lavoro solamente in parte, mentre per l'altra parte è dispersa in calore non riutilizzabile.

Se si ha a che fare con un Sistema aperto - come lo è un ecosistema locale, ovvero un Sistema in grado di ricevere dall'esterno sia energia che materia - il problema quasi non si pone: materia ed energia saranno trasformate in modo da ricalibrare l'equilibrio interno anche davanti a grandi cambiamenti (secondo i principi della resistenza e della resilienza).

Se si ha a che fare con un Sistema chiuso - com'è il nostro Pianeta, ovvero che riesce a scambiare solamente energia con l'esterno ma non materia - allora il problema dell'entropia è più cogente: con l'apporto energetico è possibile trasformare la materia, ma senza apporto di materia prima o poi quella che è stata usata non lo sarà più. Qui il gioco è capire che le materie non sono infinite: non essendo possibile smettere di utilizzarle, sarebbe necessario trovare altri modi per farlo come ad esempio la creazione di materiali riutilizzabile e riciclabili, etc...

Sia in un caso che nell'altro, però, l'importante è capire che c'è un problema di efficienza: materia ed energia non possono evitare di essere usati, trasformati e dispersi, ma possono esserlo secondo criteri di risparmio energetico - non tanto per aumentare il lavoro svolto, quanto per evitare che molta dell'energia vada persa in calore.

Ultimamente sto ragionando in termini di "entropia emotiva, affettiva e psicologica" - per così dire. E mi sono reso conto non tanto del perchè, ma sicuramente del come in questi anni io mi sia sentito sempre così in tensione, in apprensione, in pericolo, in costante affanno.

Ho passato anni ad oscillare tra quello che ho e quello che desidero, mettendoci tante di quelle energie emotive, affettive e psicologiche da riuscire ad ottenerlo - solo per poi partire all'inseguimento di qualcosa d'altro: senza prendermi il tempo di assaporare quello che ho tra le mani, senza prendermene cura, senza vederne nascere qualcosa.

E' così che ho voluto l'amore, lo ottenuto e poi ho desiderato la libertà e l'ho ottenuta, e poi ho rivoluto l'amore e l'ho avuto ancora, per poi desiderare l'amore e riconquistare la libertà: in un balletto assurdo tra nostalgie e rimpianti per il passato perduto, devastante per me e per chi mi ha subito.

Quello che voglio è mettere un un po' di sostenibilità anche nella mia vita. E ripartire da quello che ho desiderato ed ottenuto - che è disponibile Qui e Ora. Per godermelo a fondo, finalmente, dedicandogli il giusto tempo, le giuste energie emotive, affettive e psicologiche: nulla di più, nulla di meno. Che il resto è tutta energia risparmiata o spesa per i marginalia, altrettanto importanti. Il desiderio d'altro, se nascerà, non sarà più in contrapposizione, ma un'evoluzione naturale, nata da queste esperienze di cura e dedizione del e nel presente.




domenica 14 febbraio 2010

Ordinariamministrazione







Una mail letta lunedì mattina mi porta fuori casa per la notte, dopo una giornata di Associazione e progettazione-a-spron-battuto, e prima di un turno alla Casa delle Ragazze Cresciute - con risultati malvissuti da me e da chi mi aveva scritto. Così rientro alla tana martedì sera, solo per finire di cucire assieme un incontro sulla depurazione dell'acqua da presentare mercoledì in giornata, alla fine del quale ritirarmi dal mondo, ringraziare gli amici del liceo che mi hanno tirato il pacco per la sera e sprofondare nel futon, tagliando fuori anche l'ennesima bionda scomoda. Collasso del tutto e prendo fiato, così giovedì mattina riprendo la via delle Ragazze Cresciute fino a tarda notte, per risvegliarmi all'alba di venerdì, cancellare l'incontro settimanale per l'Aula in Giardino, e mettermi in marcia verso Bergamo, dove faccio avanti e indietro tra mille segreterie e librerie, Città Alta Citta Bassa Stazione Fontane Funicolare Viottoli, per questa nuova follia che è la Specialistica. La sera riesco a vedere il mio fratellino, e mi faccio due chiacchiere di quelle che scaldano il cuore, così dormo beato fino alle otto di questo nebbioso e freddo sabato mattina, quando mi ritrovo sulle sponde del Fiume Azzurro in attesa di una troupe televisiva che deve girare un'avventura farlocca: la ciurma arriva tardi, la Barbie deve truccarsi e ci mette dueoredue - e si stira anche i capelli. Sceso dal gommone mi faccio una doccia rapida, torno alla Casa delle Ragazze, dormo un'ora e comincio il turno pome-sera-notte che mi porterà a domattina. Intanto ascolto Gianmaria Testa e festeggio il San Valentino più stupido della mia vita.








lunedì 1 febbraio 2010

Il tempo permesso







Per noi che viviamo di fantasiose camminate e avventurose discese tra flutti colorati di bianco e verde e azzurro, la stagione alta si inaugura con le prime passeggiate di gennaio e le timide discese di fine inverno.

La neve imbianca ancora il paesaggio e fa rimbalzare la luce tra i sassi e le nuvole basse. Il silenzio è come ovatta per i sensi e le foglie morte sul terreno hanno perso la voce: al contrario dell'acqua, che salta e corre col rumore del cristallo inondato dal sole. La vegetazione è scarna e gli alberi sono alti scheletri, scuriti e smagriti dal contrasto con tutta quell'apocalisse di luce e silenzio.

Il freddo è pungente e paralizza la sensibilità delle mani, che a sgonfiarle tocca bere cioccolata per tutta una sera. E dopo la fatica, le orecchie si scaldano di un rosso appuntito e la pelle si liscia, i muscoli tirano e la stanchezza si ferma tra gli stinchi e le ginocchia, come fosse la febbre.

Al ritorno nel mondo normale, poi, un sottile pensiero allontana il senso di colpa quelli che sembrano doveri non affrontati, e una voce nella pancia ci dice che Sì, il tempo che ci siamo permessi - alla fine - ce lo siamo meritato.


mercoledì 27 gennaio 2010

Lettera aperta ai soci, o “Del perché scelgo la promozione sociale”






Ieri mattina, aprendo la stagione dei sopralluoghi, noi “Itineranti di Base” ci siamo addentrati in un campo piuttosto spinoso.

Guardandoci in faccia, per l’ennesima volta, ci siamo detti che per quest’anno tutto il tempo e la fatica che stiamo investendo sulla neonata Associazione va in volontariato. La cosa era risaputa fin dall’inizio, solo che gli interrogativi aumentano anziché diminuire e i lietmotiv di consolazione non sono che mantra di concentrazione.

Sono state fatte tante ipotesi, ma alla fine il problema si è rivelato un problema sì economico, ma più strettamente politico, o meglio filosofico – finanche teleologico: il nostro scopo è l’educazione ambientale fine a se stessa, o è la promozione sociale attraverso l’educazione ambientale?

Così, parlando come uno dei fondatori più che da presidente, ho chiesto a me stesso e a tutti noi:

Vogliamo fare dell’Educazione ambientale la nostra professione, e quindi entriamo in un discorso imprenditoriale agendo, come Associazione profit, non più “nel Sociale” bensì “nel Mercato” - puntando al guadagno e legandoci al fatturato, bilanciando tempo ed investimento personale per far quadrare i conti e permetterci uno stipendio senza tetti, senza che nessuno possa dir nulla del nostro operato;

o vogliamo fare dell’Educazione ambientale un mezzo attraverso il quale far emergere le nostre professionalità e le potenzialità dei soci per la creazione di Reti sociali, collaborazioni creative non lucrative e socialmente “proattive” – affiancando ad un investimento personale del tutto volontaristico un “soldo” che sia onesto, dignitoso e giusto, rimettendo il nostro operato all’Assemblea dei Soci alla fine del mandato?

Ci sono pro e contro in tutt’e due le visioni. C’è la dignità del lavoro e del lavoratore in entrambe. C’è la necessità di mettersi in gioco nell’una e nell’altra. Ecco perché non è una domanda banale. Ecco perché la risposta non è scontata…

… A meno che tu non creda che l’Educazione ambientale non sia solo qualcosa che “va di moda”, una specie di “macchina per far soldi”, un “modo diverso per fatturare” o un “bel lavoro”, ma un modo eccellente per ricreare reti sociali ormai sfilacciate.

… A meno che tu non sia schifato dall’essere entrato in questo ambito capendo al volo che i “competitors” giocano a farsi lo sgambetto per accaparrarsi più scuole, per tagliarsi fuori a vicenda dai bandi, per sbugiardarsi ad ogni piè sospinto – mentre predicano la sostenibilità sociale, economica e ambientale.

… A meno che tu, proprio per questo spirito mercantile imperante, non sia un soggetto anomalo, che riparte sempre da zero.

… A meno che tu - nonostante gli affanni economici, le distanze incolmabili e i doppi lavori– non abbia la certezza che lucrare su un Ideale non fa per te.

In questi casi ti accorgeresti che la risposta che ti dai e che ti sei sempre dato – con la pancia, col cuor e col cervello – è proprio la seconda.

E allora che Promozione sociale sia.

E che sia fatta bene: equamente, onestamente e con la massima apertura.





lunedì 25 gennaio 2010

Mattini innevati






Mattina di neve fine e leggera, freddo da guanti e sciarpa, campagna aperta tra un fossato colmo d'acqua limpida e una cascina trasformata in Spa per novelli yuppi ecofriendly.

Con me c'è una delle Ragazze Cresciute. L'accompagno al suo primo stage lavorativo. Il contrasto tra i suoi DrMartins d'acciaio, il fango attorno alle vacche e la piscina con idromassaggio è quantomeno singolare.

Nel silenzio della neve che scende e dei passi che la impastano, le nostre voci basse e addormentate:

- Oh, tipo, ma lo sai che visto da dietro sembri Mosè?

- Chi, quello delle acque?

- No, quello di Lupo Alberto.

-...



venerdì 8 gennaio 2010

Passaggi e paesaggi







Ancora una volta, l’anno vecchio si sedeva al limitare del bosco e passava al nuovo la sua tracolla, ricolma di promesse ancora fresche.

La carovana aveva trovato un buon posto dove sostare, le genti avevano trovato selvaggina per conciar pelli e cucinare, e pareva che i giovani stessero mettendo da parte alcune delle ritrosie e delle arie che si erano dati all’inizio del viaggio, e avessero cominciato a fare la corte alle fanciulle del campo.

La neve certo non facilitava le cose, anche se rendeva tutto assolutamente più romantico. Lavarsi era parecchio fastidioso, ad esempio, ma con il fiume gelato i ragazzi portavano le fanciulle sulle rive innevate e le invitavano a sentire il rumore dell’acqua che scorreva ancora: se poggiavano la mano nuda sulla superficie, per qualche secondo, ne sentivano le vibrazioni sul fondo. E le ragazze ritiravano le dita scaldandosele col sorriso e le guance rosse.

La carovana era in viaggio da molto, e i padri e le madri non avevano idea di dove i loro vecchi volessero condurla. Ma i vecchi sembravano sapere dove stavano andando, e cantavano la strada richiamandone i punti di riferimento con le loro voci profonde e levigate. Ogni tratto di nuovo cammino era scandito dalle loro parole, dai loro volti e dalle loro mani, rivolte ad indicare questo albero contorto o quel versante rosso della montagna: la via era segnata, i volti del mondo gli sorridevano. Sarebbero tornati per poi ripartire.

La notte, i fuochi del campo illuminavano di giallo e oro i tetti dei carrozzoni, disegnando a terra larghi cerchi di terreno senza neve. Lì attorno le madri e i padri si raccoglievano, stanchi ma contenti: le prime buttavano della paglia in terra e i secondi accordavano gli strumenti. I vecchi richiamavano giovani e fanciulle. E la musica cominciava al passo delle danze, o le danze incominciavano al passo delle note.

L’anno nuovo era cominciato, infilandosi la tracolla e voltandosi per riprendere il cammino.



martedì 1 dicembre 2009

Dispaccio di inzio dicembre







Fioccano le notizie e gli impegni.

La ciurma dei Nomadi sulle Spine al completo si è staccata dagli affari interni per dedicarsi alla vita sociale e reale, ultimamente.

Stakanov e la Megattera Bebop hanno dato una mano alla neonata Associazione di promozione sociale, la quale annuncia fiera e compatta un buon numero di progetti approvati. Con il giusto terrore di chi comincia a muovere i primi passi - con o senza girello - tutta l'associazione ride di gusto, sbatte le mani e guarda il mondo con gli occhi sgranati.

Coraggio o incoscienza? si chiederanno i più: i Soci Fondatori si abbracciano contenti e appena girato l'angolo alzano il bavero del cappotto, assaliti da un turbinio di emozioni tra l'incredulità e la speranza.

Gli stessi Soci Fondatori, negli ultimi due mesi, sono stati visti farsi valere in diversi modi e diversi ambiti. Durante il workshop della Regione Lombardia a Cremona. Durante gli incontri con le varie amministrazioni comunali. Durante gli incontri con altri attori di educazione ambientale (si legga "concorrenti", detti anche "possibili partner di progetto" in gergo partecipativo).

Sono stati tacciati di idealismo, di estremismo, di partecipazionismo, di dilettantismo, di naifismo, di volontarismo, di fancazzismo e - in alcuni casi contradditori - di precipitazionisimo. Ma i Soci Fondatori non si sono tirati indietro: si sono rimboccati le maniche e hanno spaccato.

Bravi ragazzi. Continuate così, fintanto che c'è qualcuno che vi dà credito. Poi si vedrà!

Nel frattempo, Il Saggio sull'Albero ha deciso di scendere e vedere di darsi da fare anche lui. Così si staglia all'orizzonte con un lavoro-pagnotta ad alto contenuto umano, dal devastante impatto psico-emotivo come può esserlo solo il diventare educatore in una comunità di minorenni tolte alle famiglie per i motivi più svariati. Una di quelle cose che più lo fai, meno il tuo fisico lo regge e più lo faresti.

A latere di tutto questo, qualcuno della ciurma dei Nomadi - Il Marinaio, n.d.r. - sta scandagliando il sottobosco, in cerca di ghiande particolarmente dolci e di pulci particolarmente pruriginose. La ricerca sembra essere solo agli inizi e si presenta come una di quelle ricerche che non hanno nessunissima intenzione di essere chiuse in tutta fretta. Anzi.

La ricerca tra le foglie è un'azione strana - fa sapere il Marinaio - Non sai quello che cerchi, non hai la minima idea di quello che trovi, e non sai perchè ma quando alzi lo sguardo sai quasi sempre sotto quale albero ti trovi. E riesci anche a dirlo in giro.

Sorprese a parte, sostenibilità vuol dire anche coltivare i propri sogni e avere il tempo di goderseli. Quindi grandi e lunghe pause, nessuna fretta, tanta buona musica, ottime birre, buone letture, punti di ritrovo improbabili, legnetti intagliati, dita tagliate quasi di netto, collage impossibili, e un po' di sana nostalgia per i momenti sacri in cui si pretende di stare soli.


lunedì 5 ottobre 2009

Aspettando la qualsivoglia meraviglia














Era da tempo che non riusciva a scrivere qualcosa. La sua scrivania era un disastro. Pezzi di carta d'ogni genere e specie ammuffivano assieme a pezzi di liquirizia in trucioli. Mozziconi di tabacco da pipa spenti in bicchieri opachi odoravano la stanza senza alcuna pietà. Il letto si confondeva con il pavimento, grazie ad un accumulo insulso di lenzuola e biancheria.

Lui era bloccato al centro della stanza, distante dalla macchina da scrivere almeno quattro passi, nudo come un pesce, con due orrendi calzini di cotone spugnoso a coprire quel poco di decenza che da tempo calpestava sotto i talloni. Sapeva che il sole era salito alto nel cielo, attraversando le persiane della finestra, e poi era sceso sempre più in fretta, trasformandosi di nuovo in buio e freddo e miseria. Chissà quante volte.

Il racconto non voleva procedere. Non ne voleva sapere di avanzare. Il sole era venuto e andato non sapeva più quante volte. Ormai le gambe non lo sorreggevano più e le braccia erano completamente addormentate. Il freddo che aveva avvertito ai testicoli era ormai scomparso, lasciando il posto ad un frequente formicolio che saliva dai talloni e non lo avrebbe abbandonato a breve.

Il marinaio se ne stava così, con le finestre aperte e le persiane chiuse, con lo sguardo fisso sulla pagina nella quale da tempo cercava di scrivere che cosa gli fosse capitato. Ne aveva tutto il diritto. Ne aveva bisogno, quanto di mangiare e bere - cosa che per altro non gli riusciva e non gli sarebbe riuscita fintanto che quelle maledette parole non fossero state messe su carta.

Il racconto era la sua vita, sua e dei suoi compagni nomadi. Se non procedeva quello, le loro vite sarebbero rimaste sospese. Se lui fosse morto cercando di raccontarsi, sarebbero morti anche loro. Aveva un mondo da scrivere. Un mondo da inventare. Un mondo da vivere.

La macchina da scrivere sembrava ridesse. Impossibile, assurdo. Ma gli rideva in faccia. Non ha senso quello che vuoi dire. Non ha senso per te, non ha senso per loro. Non ha senso per nessuno. Sembrava dirgli. Come in un vecchio film nel quale le macchine da scrivere erano in realtà agenti segreti di un mondo deforme e imbambolato dalle droghe.

Ma lui non era drogato. Era sveglio e vigile, per quanto gli concedessero le sue gambe e il suo stomaco vuoto e disidratato. Avvertiva il ronzio delle mosche nella stanza immobile. Sentiva gli odori delle cose nel frigo, immobili quanto lui. Percepiva le correnti d'aria che portavano di tanto in tanto gli odori da fuori: la pioggia, l'asfalto caldo bagnato di fresco, l'erba del vicino tagliata, l'azzurro del cielo.

Lui era sveglio e vigile, e quelle parole le avvertiva perfettamente. Si erano gelate da qualche parte in fondo allo stomaco. Il marinaio sapeva esattamente quale fosse la loro forma e che colore avessero. Ma non ne comprendeva il suono. Erano parole mute, gelate come blocchetti di ghiaccio sperduti in fondo ad un freezer da scongelare. E, perdio, non sarebbero venute fuori nemmeno a morire. Erano parole spaventose, che nessuno - proprio nessuno - riusciva ad immaginare. Né parole d'amore, né parole di terrore. Semplicemente parole spaventose.

Gli altri nomadi sulle spine erano preoccupati per il Marinaio e si affacciavano, di quando in quando alla porta della stanza: facevano per avvicinarsi alla macchina da scrivere, da soli o tutti assieme, per distrarlo e cercare di suggerire al foglio almeno un incipit giusto. Ma gli occhi del marinaio li trafiggevano come l'arpione di Queequeg, precisi fino alla morte, ardenti d'una luce assassina e violenta. Non azzardatevi, la preda è mia. Sembrava dire senza proferire nemmeno un sibilo.

Così tutt'attorno alla stanza, la vita continuava. Stakanov non aveva un attimo di tregua e creava situazioni strampalate nelle quali indaffararsi e industriarsi. L'eremita australiano se ne stava a gridare al mondo la sua vanità. Dal canto suo, la Balena Bebop navigava tra oceani pieni di ingiustizie cercando di mettere un po' del suo impegno nelle vite altrui. Ma tutti quanti avevano una paura fottuta e pregavano perché il Marinaio capisse esattamente che cosa stesse succedendo al loro mondo.

E finalmente lo rendesse reale, raccontandolo.







venerdì 25 settembre 2009

La Paura...








06 settembre 2009.

Domenica.
1h16.
Scritto e mai pubblicato.




Ho così bisogno di scrivere. E non riesco più a farlo. Sul blog non posso raccontare cosa mi succede perché c'è chi potrebbe non capire, o capire troppo. E' come se, in questo momento di folle corsa verso il futuro, io abbia tagliato la maggior parte delle vie di comunicazione col mondo, come se il far sapere agli altri dove voglio arrivare sia di per sé un pericolo, uno sbaglio. Un modo per rendere assolute scelte e bivi che, altrimenti, potrei invertire e convertire fino all'ultimo momento, e oltre.

Voglio mantenermi indipendente, negli spazi e nelle azioni, voglio vivere ancora in questo bozzolo, in questo appartamento isolato dal mondo per qualche tempo, voglio avere ancora la possibilità di imparare più e più cose sul mio lavoro, sulla mia vita.

Ed ora tutto è sconvolto, tutto si agita e mi vortica attorno. Ed io mi gelo, mi comprimo, diminuisco la superficie esposta e aspetto che gli eventi mi diano uno spiraglio, una via di fuga da poter plasmare e far rimbalzare su altri eventi, per andare nella direzione più aderente ai miei intenti ultimi.

La Donna Ottocentesca è l'unica che mi smarscheri, l'unica che mi faccia alterare e che ogni volta voglia scoperchiare questa mia ostinata incomunicabilità, col risultato di vedermi esplodere e vedersi scaricare addosso le mille e più paure che dovrebbero stare compresse, aspettando la via risolutiva con tempi autunnali.

La perdita del lavoro, la nascita d'una mia associazione, la dismissione del contratto d'affitto, il lavoro, l'educazione ambientale, la società, la vita stessa. A volte mi chiedo davvero che senso abbia tutto questo.


Per chi sto inseguendo questa mia balena bianca?Per chi ho deciso di stracciarmi l'anima?Per chi ho deciso che questi sono i miei sogni?Da dove arriva questa folle determinazione?Sono forse schiavo di un vuoto cosmico, che non mi vale da solo il senso di vivere?
Per cosa? Perdio! Per chi?

Per chi?

La solitudine, a volte, mi è parsa una soluzione. Via dai vincoli urbani, senza compromessi lavorativi, lontano da una società sudicia e suicida, corrotta nell'anima e nello spirito, incapace di bloccare la cupidigia che l'ha spinta a divorarsi le membra e i figli.


Ma quale soluzione può essere, questa solitudine, quando anche nell'abisso, il cuore non smette mai di sperare?










giovedì 6 agosto 2009

Tempeste






Perdonate l'immobilità che m'ha colto,
Ma come spiegare la paura e la meraviglia delle ultime settimane?
A volte anche un buon vecchio marinaio di foresta
resta senza parole adatte.
Quel che è sicuro è che, prima o poi, le trova.






giovedì 13 novembre 2008











Il capitano guardò fisso il suo secondo in comando.
L'aria torva e provata, di chi è stanco all'inverosimile, ma non conosce altra via che le immense onde oceaniche.


Lo guardò fisso negli occhi e disse: Signor Dawbt, prendiamoci il pomeriggio per discutere. Abbiamo un sacco di riorganizzamento da fare.