"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


sabato 31 luglio 2010

Un mattino, d'estate.










La pelle nuda e liscia,
mi giro nelle lenzuola
leggendo
e sognando di te,
del cielo azzurro e delle nuvole
bianche che, immagino,
corrano nel cielo...







lunedì 26 luglio 2010

Rientro, una galleria di sensazioni






Rientro per sapere che due delle Ragazze Cresciute sono state dieci giorni in vacanza-premio dalle parti di Verona, ad un campo-volontariato della Protezione Civile, nel quale tutti - ma proprio tutti, dai piccoli volontari agli organizzatori - si professavano fascio-nazi-leghisti e usavano allungare il saluto militare (???) in un saluto romano non proprio cammuffato. L'unico ragazzo non di destra è stato tartassato di scherzi e vessazioni, fin quasi al suo abbandono.

Rientro per avvertire la voglia matta di ripartire, di riempire la sacca da viaggio con qualche vestito, di mettermi il tascapane a tracolla, il cappello in testa e prendere un treno. Anche uno qualsiasi. Sentire le traversine che cantano al ritmo delle ruote, vedere le piante che corrono e le nuvole immobili e lontane, il colore del mondo che cambia con passare del giorno.

Rientro per essere investito da mille racconti di persone che si lasciano, che si odiano e che strepitano e litigano. Storie di uomini vigliacchi e donne coraggiose. Storie di imposizioni, di ritirate strategiche, di sensi di colpa taglienti come ceramica.

Rientro per avvertire che certe amicizie possono anche fare il giro del mondo, ma che la lontananza nel tempo e nello spazio non le intacca minimamente.

Rientro per vedere che i mille lavori che ho lasciato in sospeso sono continuati anche senza di me e che ora sono io a doverli rincorrere, un poco alla volta.

Rientro per accorgermi di quanto un prato scuro, una manciata di stelle in un cielo cobalto e una luna d'argento bastino a ricordarmi che c'è una stellina che mi aspetta, e che non vedo l'ora di riabbracciare.

Rientro per non sopportare più la musica che ascolto da anni, in un mare di nostalgia trita e ritrita. Ecco: in un crescendo di contorsioni e strattoni, corpo stomaco e cervello sono in fase di muta e strisciano addosso alla vita con l'intenzione di perdere le vecchie scaglie, per rinascere lucenti e sprizzanti. Smettendola, finalmente, di affrontare il passato per vivere il presente.









venerdì 23 luglio 2010

Francia - ottavo gran finale


E' (quasi) finita. Domani è il Giorno del Gran Rientro: quello in cui si chiudono le tende, si sgonfia il gommone, si impacchettano le attrezzature, si prepara il rimorchio e si rientra a casa.

Questa settimana l'atmosfera è sorda e gonfia di battute sceme, risate col cibo in bocca e scoregge rumorose. Nulla è mai stato così lontano dall'atmosfera romantica e sognatrice della settimana scorsa. Saranno quei due anni in più che fanno un'altra generazione. Sarà che questo gruppo (quasi tutti piccoli "veterani") pretendeva da se stesso molto più di quanto non fosse pronto a dare - era dal luglio 2009 che non mettevano il sedere dentro un kayak! Sarà che, quest’anno, le ragazze francesi non sono né quelle della settimana scorsa (espansive ma troppo grandi) , né quelle dell'anno passato (difficili da conquistare ma meme age).

Insomma, la "Steve Miller Band" - sempre rutilante e psichedelica - si è sfogata in tutt'altro modo: facendo tre volte il giro della Vague du Rabioux, e urlando sempre come se fosse il primo; intavolando secolari partite di poker durante gli acquazzoni; provando improbabili manovre in fiume con relativi capitomboli e salvataggi; sforzandosi (ma senza esagerare) di ripassare e applicare le manovre fondamentali; giocando assurde partitelle di pallone in acqua; provandoci quasi spudoratamente - ma non senza una certa ritrosia cavalleresca - con le ninfe del lago.

Insomma, piano piano tutta la banda si è scapicollata verso questa sera: l'Ultima Sera.

Cena al solito ristorante: chi la pizza, chi l'assiette du randonneur, chi le penne al Roquefort... Tutti, alla fine, hanno ingollato una quantità industriale di gelato al cioccolato, banane split e panna montata. Per tornare al campo ubriachi di zuccheri, cantando PanicoPAPanicoPAPanicoPauuura! fuori dal finestrino.

Comunque vada la mattinata, comunque vada il viaggio, domani sarà una Lunga Lunghissima Giornata di Rientro.

Comunque sia, alla fine di tutto, lo rifarei.
E ancora, e ancora, e ancora.
Come sempre.




mercoledì 21 luglio 2010

Francia - sesto tamburello






Un tripudio di risate - sul finire della sera e della pizza - ha sconquassato pance e mandibole, sulla scia delle imprese fluviali di qualcuno della ciurma che ha voluto essere ruzzato dalle onde del fiume - giusto per vedere che cosa si prova a stare a testa in giù mentre le rocce ti scorrono a due dita dalla testa. Tutti quelli che hanno provato si sono comportati egregiamente e, nonostante qualche livido, camminano a venti centimetri da terra per aver osato dove gli altri si sono rifiutati.

Mentre aspettavamo la pizza, un gruppo di figliole francesi che prendevano l'aperitivo in un tavolo pericolosamente vicino a noi ha alzato il livello ormonale della ciurma, che tutta assieme si è prodigata in sguardi intensi, risatine, camminate tamarre e rutti acrobatici. Col risultato di far allontanare le avventrici e far arrossire a morte l'unica ragazzina del gruppo.

Tutt'attorno a noi, nel frattempo, il campo si sta rianimando. Dopo qualche giorno di calma piatta, sono arrivati campeggiatori da tutta Europa: Gran Bretagna, Danimarca, Slovenia, Germania... Tra gli altri:

- due famiglie tedesche di circensi di strada ("Zirkus Applaudino: we still have a dream!") che viaggiano per l'europa e fanno piccoli spettacoli di giocoleria e teatro. Noi ci godiamo le loro prove: difficili, sprezzanti e assolutamente affascinanti - dal momento che i protagonisti hanno tutti tra gli 8 e i 14 anni. Sono proprio quelli della foto!

- una manica di pazzi scatenati da Cardiff che affrontano il campo di slalom armati solo di pagaie e materassini gonfiabili (da segnalare il tizio che scendeva a cavallo di un coccodrillo con maniglie). Vederli governare le acque in tal guisa è stato lo spettacolo più emozionante e - allo stesso tempo - avvilente a cui abbia mai assistito!



Due cose a lato di tutto.








La prima è che ieri sono passati 9 anni dalla morte di Carlo Giuliani durante le manifestazioni alternative al G8 di Genova nel 2001. Mi piacerebbe molto iniziare a sentire qualche discorso su come riorganizzare un ritrovo coi fiocchi per i dieci anni, l'anno prossimo.

Non tanto dieci anni dalla morte di Carlo, ma dieci anni da quando una vera dimostrazione di volontà complesse, alternative, internazionali e possibili sono state sistematicamente represse e impaurite. Dobbiamo ritrovare il coraggio di allora: sarebbe davvero il caso di unire i mille discorsi critici che stanno riprendendo piede oggi, per ritrovare quello spirito complesso e unitario che aveva il Movimento dei Movimenti.

Acqua pubblica, libertà di stampa, lotta alle mafie, salvaguardia dei territori non edificati, qualità della scuola pubblica, lotta al predominio televisivo nella formazione delle culture e delle coscienze giovanili, energie rinnovabili e alternative, no al nucleare, legge contro il conflitto d'interessi, la verità su L'Aquila, i movimenti No Tav e No Dal Molin, la verità sugli scontri del G8, la verità sulle stragi d'ogni ordine e grado e tutto quanto un Paese critico e coscienzioso dovrebbe mettere sul tavolo per non toglierlo più, fino a risoluzione trovata.

La seconda, più frivola, è che la settimana scorsa ho letteralmente divorato "Le Mappe dei Miei Sogni". Un libro che consiglio a chiunque abbia ancora voglia di buttarsi in qualcosa di nuovo armato solo dei suoi vecchi vestiti e di un pizzico di sana incoscienza.




martedì 20 luglio 2010

Francia - quinto charleston






La nuova ciurma è la Steve Miller Band.
Psichedelici, famelici, schizzati, rockeggianti,
con gli spiriti accesi come i neon a Las Vegas.

DomenicaLunedìMartedì come matti:
Su e giù dalle canoe, a tuffarsi dai ponti,
a far piroette, a sparar parole al vento,
a far saltare il gommone tra le onde,
a commentar le ragazzine,
a cercar di approcciar le ragazzine,
a curarsi le ferite per i rifiuti delle ragazzine,
a sfoderare risate che alla fine fan sparire tutto.

Ed io mi ritaglio il tempo per leggere Thoreau,
ascoltare i Creedence Clearwater Revival,
sussurrare dolcezze ad un tramonto lontano e
impomatarmi il cuore per quando ci migrerò dentro,
cucinare cenette coi fiocchi con quel che rimane,
sonnecchiare guardando le cime degli alberi di straforo nel sole.






lunedì 19 luglio 2010

Intermezzo



Sabato notte, tra il rientro dal primo campo
e la partenza per il secondo,
l'intermezzo è stato un sogno.

Un sogno d'amore perduto,
come l'acqua dei ghiacciai
dispersa in mille rivoli verso valle.

Che si raccoglie in fiumi e laghi,
e corre corre corre,
verso altre terre, altri mari
e non conosce nostalgie.



venerdì 16 luglio 2010

Francia - quarto doppia grancassa






Tra una doppia discesa in gommone, una visita alle miniere d'argento e un pic-nic in cima al mondo, gli ultimi due giorni sono volati via. Il campo domani finisce e paradossalmente la ciurma ha trovato il suo equilibrio.

Sono stati due giorni difficili, pieni di litigi e dispetti - in pieno dodicenne style. Mi sono dovuto mordere la lingua più di una volta, e confesso che un paio di altre volte non ci ho nemmeno pensato: sfoggiando lo sguardo Ahab più rabbuiato che potevo o optando per le urla di un Capitan Uncino collerico e sbragato.

Ma alla fine la ciurma ce l'ha fatta. Da qualche ora si sono riuniti tutti senza insultarsi, hanno cenato ridendo senza tirarsi l'acqua addosso, hanno cominciato a fare assieme la corte alle francesi (Lisa, quella con le tette grosse, è la più gettonata - neanche a dirlo - anche se Mirianna, la mulatta, le ruba il palcoscenico non poche volte).

Assieme giocano a ping pong sotto il vento imperterrito. Assieme hanno ripulito il ciarpame che hanno lasciato nella dispensa e nelle tende. Assieme hanno sgonfiato il gommone e lo hanno preparato per chi verrà domani al posto loro.

Assieme, al tramonto, si sono stesi nel gommone a disegnare le nuvole - trovandoci maiali con le gobbe, cani rampanti, draghi sputafuoco, enormi simboli fallici, barche, clown, mucche, seni giganteschi, tori arrabbiati, bambini a gattoni e mille altre cose adorabilmente inverosimili.

Saranno state le urla, i litigi, gli scherzi e le strigliate, sarà che sono marinai dodicenni, sarà che fare da unico equipaggio - volenti o nolenti - ti costringe a ragionare in sincrono. Sarà, sarà, sarà... Tanto basta per dire che stasera è una bella sera.

Una di quelle nella quale si respira l'aria della fine campo: quella strana nostalgia decisamente estiva di quando hai dodici anni e passi sette giorni stretti stretti con qualcuno che non hai mai visto prima e inizi a conoscerlo "davvero": magari esagerando, magari innamorandoti dell'unica ragazzina della ciurma, magari instaurando un'amicizia che altrove nel tempo e nello spazio non avrebbe mai attecchito.

Quella strana nostalgia decisamente estiva di quando hai dodici anni e sai che domani l'avventura finisce.

E allora desideri solo di stenderti in un prato con le teste dei tuoi amici vicine vicine, a guardar le stelle e raccontare della francese che voleva baciarti, però domani riparti...





mercoledì 14 luglio 2010

Francia - terzo doppio tom





La regione nella quale ci troviamo è chiamata Le Alpi dell'Alta Provenza. La si raggiunge facilmente passando sulla circonvallazione di Torino e seguendo la Val di Susa fin quasi in fondo, salvo poi svoltare verso il Monginevro, scavallando le Alpi e arrivando nella Valle della Durance attraverso le fortezze di Briançon - accanto al Parc national des Ecrins .

La Durance è un fiume immenso e immane, il cui bacino idrico è tra i più estesi e variegati di Francia, grazie alla conformazione geologica di monti e colli, che si susseguono in una serie di gole, precipizi, morbide valli e piccoli altipiani. In alto, sulla cima delle montagne più lontane, svettano bianchi i piccoli ghiacciai che ancora si riescono a vedere: le loro acque stanno già alimentando tutti i corsi d'acqua della zona, e questi lo testimoniano con un colore tra il grigio e l'azzurro lucente - che vien freddo solo a vederlo. La valle attorno è un continuo inseguirsi di campi verdi e gialli, di pioppeti verde-banchi e saliceti verde-argento, che poi si diradano in una serie di abeti verde scuro che si arrampicano in punti inspiegabili.

La valle è stata sfruttata per attività mineraria fino a qualche tempo fa - come testimonia la toponomastica dei luoghi . Ora sono le falegnamerie e le aziende per le eco-costruzioni in legno a dettare legge, anche se in realtà l'economia dell'intera regione è stata ampiamente rifondata sullo sport e sulle attività del tempo libero in natura. Trekking, rafting, torrentismo, canoismo d'ogni genere, nordic-walking, parapendio, aquiloni d'assalto, tree-climbing, sci, arrampicata: questi sono solo alcuni degli sport che si possono praticare nelle diverse stagioni. È persino nata una scuola professionale dello Stato per l'Acqua Bianca (l'Eau Vive, come la chiamano qui): una vera e propria scuola per formare future guide rafting e canoisti d'alto corso.

Tutto questo è la ragione per cui ci troviamo qui. Un campeggio attrezzato vicino all Stadio dell'Acqua Bianca e un laghetto di acqua sorgiva ci permettono di allenarci in santa pace, per poi sbizzarrirci con qualche discesa un po' più impegnativa. La ciurma di questa settimana è composta da me - istruttore di base di canoa e giovane guida rafting -, Claudio - canoista esperto e angelo custode della compagnia -, e otto piccoli nanetti tra i dieci e i quattordici anni, quasi alle prime armi con pagaie e fiumi in movimento.

Oggi siamo al giro di boa: arrivati domenica, li riporterò in Italia sabato. Dopo tre giorni intensi, con svariati in acqua piatta, una sessione di nuoto in corrente e una breve ma movimentata dicesa in gommone, questa mattina la dedicheremo a visitare i dintorni e acquistare qualche cibaria in più (ché i piccoli marinai sanno svuotare la cambusa più velocemente di quanto non riescano ad infilarsi un caschetto). Io, poi, devo trovarmi un po' di Lasonil non scaduto, che ieri mi sono fatto ruzzare per bene dal campo slalom, rischiando di perdere la canoa (recuperata da Claudio) e di triturarmi qualche osso sulle rocce - solo per guadagnarci il gusto di riempire le gambe di bozzi gonfi e violacei e di sentire tutti i muscoli intirizziti per i tre minuti abbondanti di nuoto in un terzo grado pieno, in acqua ghiacciata.




lunedì 12 luglio 2010

Francia - secondo rullante






La fatica solare, il sole che spacca, il vento che frega.
La pioggia che manca, che manca
e poi spazza i pensieri.
I piccoli marinai che sbuffano e ridono
e si tuffano e s'impegnano.
Le colazioni gridate, i pranzi bruciati.
Le capriole in acqua, i sorrisi meloni.
Le ragazzine francesi che passano
e ridono, e ridono, e ridono,
con le mani davanti ai sorrisi.
I ragazzini italiani che le vedono passare
e guardano, e guardano, e guardano
con gl'occhi sgranati di chi ha scoperto il Divino.
La vacanza che non è una vacanza, ma è una vacanza.
Una voce tanto lontana, ma ch'è tanto vicina
da sussurrare dolcezze.
La pelle che brucia, contenta d'essere,
provare, fare e disfare.
Le mani, le braccia, le gambe:
vive, come l'acqua bianca all'intorno.
Il domani, che è solo domani,
e stasera che è solo sonno felice.


domenica 11 luglio 2010

Francia - primo rullante




I Clash nelle orecchie spaccano i timpani di energica allegria.
I piccoli marinai se la giocano saltando sul gommone vicino alle tende,
senza ricordare nemmeno una delle fatiche del viaggio.
Il tramonto rosso fuoco si spalma su nuvoloni minacciosi
e incombenti, oltre gli enormi gigni delle montagne.
Lingue ocra di vecchie frane primaverili leccano i fianchi delle colline,
cosparse di boschi calvi, verde smeraldo.
La pelle, lisciata dopo l'acqua e il sapone,
richiama da lontano mani che la possano sentire e riaccendere.
L'aria fresca e umida promette battaglia per la notte,
e fa dei lampi in lontananza i suoi araldi privilegiati.
Il domani promette fiumi, laghi, acque ghiacciate, nutella, latte,
paste scotte e troppo salate, risate, tanta stanchezza, sole a non finire.
Testa vuota e pensieri concentrati.


martedì 6 luglio 2010

Altre fronde, all'improvviso...





E mentre la testa viaggia verso Sud, sono entrati nella mia vita con propotenza altri due testi:

- il Walden di H.D. Thoreau, testo sacro di anarchia filo-antropo-naturale, mai veramente finito di leggere perchè prestato ad una delle Ragazzine Cresciute andata a vivere altrove, ora felicemente recuperato

e

- il meraviglioso Le Mappe dei miei Sogni di Reif Larsen, vero e proprio compendio di food-for-thoughts per geografi, cartografi, grafomani, messianici e diversamente socializzati in generale. Il tutto romanzato nell'avventura transamericana di un ragazzino tanto talentuoso quanto inadeguato.



P.s. Recentemente ho anche divorato La Luna e i Falò, di Pavese. Difficilmente ho trovato altrove così tanta, toccante, intima affinità del sentire e raccontare.




La testa a Sud





La frenesia per il lavoro è sempre stata mia compagna di vita - un po' scelta, un po' imposta. Si appollaiava sulla spalla e mi fischiava nelle orecchie piccole melodie altalenanti che risuonavano nella pancia e nelle gambe, col solo risultato di farmi correre e saltare di palo in frasca senza mettere piede in fallo, per poi ottenere qualche risultato insperato.

Ora, però...

...Proprio ora, che mi piovono proposte di progetti e di finanziamenti dentro al cappello come le monetine per mendicanti. Ovviamente da scrivere e presentare in doppia copia per dopodomani, tipo.

Ora che dovrei tirare le fila di tutto un anno di sacrifici gargantueschi. Per cercare di cavarne qualcosa di più che una sana soddisfazione.

Ora che devo organizzare una giornata per 90 marmocchi in un posto che non conosco, con gente che non conosco, per giovedì mattina. E, nemmeno a dirlo, far sì che il tutto risulti geniale, ripetibile e a basso impatto economico.

Ora che sono il solo che può ancora mettersi a raddrizzare le cose che io e i Soci abbiamo tirato in piedi senza livella e senza filo a piombo. E non parlo della casetta di campagna costruita a scuola.

Proprio ora.

Proprio ora, la mia testa è in vacanza.

E la frenesia non ha più orecchie che la stiano a sentire.

La mia testa è persino oltre gli incombenti fiumi francesi - da incontrare tra sabato e domenica per tenere un campo canoa di due settimane con qualche pirata in erba. Ché quello è un bel lavoro, invidiabile e tutto, ma sempre di lavoro si tratta.

No, no.

La mia testa ora è proprio in spiaggia.

Una spiaggia lontana: fatta di sassolini bianchi, circondata da casette bianche, circondate a loro volta da piccole montagne di rocce bianche e boschi verdi.

Una spiaggia con le onde dolci, il cui rumore infrange lieve il sogno di un bacio, una preziosa lettura, un filo d'ozio dorato e sovrapensiero.


giovedì 1 luglio 2010

Settling down, a little bit...





C‘era stato un tempo in cui, nella carovana, “Minaccia” era una parola tabù. Di quelle parole nella testa di tutti, sulle labbra di nessuno. Tutti sentivano che spostarsi al canto degli anziani li esponeva agli umori delle altre popolazioni: della gente che viveva nelle capanne, nelle case, tra la pietra delle torri e il legno delle palizzate. Dal giorno che si erano messi in viaggio, i Nomadi avevano sempre viaggiato con i loro carrozzoni pronti, e non avevano mai avuto altro che le pelli delle tende a difenderli dalle stelle e quattro fuochi a difenderli dai lupi. O dai malumori dei Murati Vivi: quelli che uscivano dalle mura coi forconi per scacciarli dai “loro terreni" - gli stessi che chiedevano cure, predizioni, lavoro duro e canzoni.

Ora che la carovana si era decisa a fermarsi più a lungo in quel posto tanto cercato e tanto anelato, “Minaccia” non era più un tabù. Quella parola iniziava a risuonare sulle labbra di tutti, e aveva il sapore di una cosa vecchia, passata. Era successo che, piantando tende meno provvisorie e trasformando i carrozzoni in grandi sale comuni, tutta la carovana aveva dovuto cambiare ritmi e modi. Si era dovuto guardare l’Intorno senza viaggiarci attraverso. Ci si era dovuti dare il tempo dell’attesa, e non dell’andare: per l’attesa di conoscere i boschi e le risorse, s’erano inviati gli uomini; per l’attesa di conoscere la lingua del posto e i modi di dire d’altrove, s’erano inviate le donne; per l’attesa di sapere di usi e costumi, s’erano inviati giovani e fanciulle. Tutti erano partiti con doni e notizie dal mondo attorno: tutti erano tornati con notizie, doni e ospiti incuriositi – senza forconi né pretese.

Gli anziani sapevano che i loro canti li avevano guidati giustamente, che il loro tempo era arrivato, che era tempo di cantare nuove parole, nuove strofe. La frenesia c’era ancora, ma non era più quella dei bagagli pronti: era più quella della trasformazione, di un intreccio in evoluzione. Quella di uno Spirito guida che trova il terreno in cui seppellirsi per sempre e da vita ad una Pianta-tra-le-piante. Era il tempo di cantare questa trasformazione, era tempo di aprire alle “minacce” e di accoglierle, per ri-conoscerle e ri-conoscersi.

Se – o quando – un giorno la carovana si fosse rimessa in movimento, i nuovi anziani avrebbero saputo trovare un rinnovato Spirito guida ed intessere nuove canzoni del cammino, nuove strofe dell’andare. Ma non ora.