"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


lunedì 31 marzo 2008

Douceur, d'où viens-tu?





A volte non capisco se la dolcezza sia innata
o venga distribuita
come la Sabbia per i sogni,

da qualche Essere immaginario,
che viene a soffiarla di notte
attraverso le finestre delle camere da letto.

So solo che in alcuni casi,
molto molto particolari,

si posa sulla pelle giusta,
ed è più squisita del solito.











Pouilly



Un ringraziamento speciale ai miei inaspettati,
ma assolutamente benvoluti, lettori Francesi.
Scrivetemi, che facciamo due chiacchiere!

^_^

giovedì 27 marzo 2008

Passare le Alpi è sempre un'impresa...


Lo è stata per quel tizio a cavallo degli elefanti, non vedo come non possa esserlo per un semplice marinaio di foresta come me. Perchè passare le Montagne, ultimamente, significa sempre smuovere cose che dovrebbero starsene quiete tra il cuore, la pancia e il cervello.

Quelle cose che solo i vecchi cowboy con le grinze sulla faccia riescono ad evocare, davanti al fuoco del campo: non importa se ci sia qualcuno ad ascoltarli, oltre la luna e qualche cactus. Anche da soli, quei vecchi cowboy davanti al fuoco hanno le spalle larghe... oppure sono semplicemente troppo stanchi del peso della vita per rendersi conto di quanto i ricordi ti possano schiacciare.

Ma io non sono nè un barbaro assetato di fama, nè un vecchio cowboy con la pelle grinzosa bruciatadalsole. Sono solo un piccolo marinaio di foresta con il cuore sempre in subbuglio e lo sguardo sulla vita sempre soggetto a suggestioni.

E di suggestioni, oltralpe, ne ho nascoste ad ogni angolo di strada, sotto qualche albero e pietra, dentro uno o due locali speciali. Tutte cose che, nella mia nomade malinconia, mi piace visitare di tanto in tanto. Giusto per ricordare. Giusto per sapere che un cuore ce l'ho e che non lo lascio indietro un pochino ad ogni passo.

Nella Città Dei Mattoni Rosa, avevo nascosto dei ricordi in un posto speciale. Un posticino affettuoso, nonostante fosse fumoso e chiassoso. Le Sherpa. Un posticino piccolo, con un grande viavai di persone, di tintinnii di bicchieri e posate, di profumi dolci e salati avvolti in soffici e saporite crepe. Un posticino nel quale ho ricamato una Storia d'amore, come facevano le nonne una volta con le coperte: dritto e rovescio, punto per punto, ritornando dove le maglie s'erano allargate con ostinata caparbietà. Un Storia d'amore che nessuno si aspettava fossi proprio io a voler chiudere, ed invece è proprio quello che ho fatto - anche se questa è un'altra storia.

Qualche giorno fa, nella Città Dei Mattoni Rosa, ho scoperto che quel posticino speciale non c'è più.

Avrei dovuto ricordarmelo, visto che ero stato lì anche l'anno prima, e forse la situazione non era un granché diversa. Ma non lo ricordavo. Perchè la voglia di affondarmi in una di quelle minuscole sedie, dietro un bicchiere di sidro che sarebbe finito ben prima dell'arrivo della squisita pietanza, era enorme e l'attesa era alle stelle. ...Quando si dice Il soverchiante peso di taluni ricordi...

Così, fermo in mezzo alla strada, sotto una pioggia francamente stancante, me ne sono rimasto impalato a guardare quella che prima era l'insegna di un posto magico, e che ora è solo un negozio di scarpe alla moda.

Mi sono sentito vuoto. Vuoto e disorientato.
E in quello stato ho ripercorso la città, con soli due piedi anzichè quattro.


In un ballo solista che poteva essere, senza volerlo, un nostalgico omaggio ad un luogo elettivo perduto e ad un racconto arrivato fino alla fine: fino al punto in cui diventa tutta un'altra storia.

Sopravissuti alle Eresie del Tempo


Tra una tormenta e una bufera , la nave è rientrata in porto.

Mille approdi diversi. Mille luci, mille colori, mille ombre.

In questi settegiornisette di eresie e guerre di religione.





Vento che gonfiava le vele e graffiava le gote, spruzzando grandine in orizzontale.

Neve che cadeva baciata dal sole, e correva a coprire le valli e a minacciare di far cadere le montagne.

In questi settegiornisette di massacri tra credenti e magnifiche opere d'ingegneria medievale.

Ma ora, sono a casa.



Finalmente.






Per chi ancora mi aspettava e per chi aveva finito per non pensarci più.

mercoledì 19 marzo 2008

Pronti, bagagli...VIA!




Si salpa di nuovo.


Rotta verso i Paesi catari, con le loro eresie e le fortezze abbandonate.


Ci rivediamo il 27 marzo.


Baci vagabondi a tutti quanti.











Addio compagno di mille avventure



In una domenica di marzo più folle e giovane delle altre, ho lasciato indietro - chissà dove? - il mio comodo e fedele amico cappello.

Non era un cappello costoso, tutt'altro. Ma nessuno mai mi ha protetto il capo meglio di lui: la pioggia non lo toccava, il freddo non lo spaventava, il torrido sole gli pareva un sorriso.

Ricordo con orgoglio il nostro primo viaggio, verso il campo WWF di Innerbach, in Sud Tirolo. E da allora, in questo girovagare così pieno di incertezze e risate e bevute, mi è rimasto saldo sulla testa fino alla fine.

Senza dubbio, l'ho lasciato in un posto dove anche io vorrei perdermi - alla fine dei miei giorni.

lunedì 17 marzo 2008

Evocando l'improvvisazione di primavera



Sono giornate che cominciano in novembre e finiscono in maggio, queste.

Mi alzo col buio e per uscire infilo il cappello, basso sulla fronte, e sollevo la sciarpafin quasi sul naso, mentre il cappotto mi fa da vello e mi protege le spalle e le mani. Ma poi la giornata comincia a sorridere, e nel primo pomeriggio la strada di casa - per quanto lunga sia - è una piacevole cavalcata al suono di nuvole gonfie e bianche che passano su un vento caldo e piacevole. Questa notte, tra l'altro, il cielo sembra non avere atmosfera e le stelle paiono voler saggiare il terreno con le loro dita colorate, tanto sono vicine.


In queste giornate, che cominciano in novembre e finiscono in maggio, girovago tranquillo tra le acque delle cascine nei dintorni di Città Grande di Nebbiascura. Sembra che anche i pesciolini che mi ascoltano abbiano percepito il cambiamento in atto. Li vedo lanciarsi sguardi fugaci, mentre si pavoneggiano come ochette starnazzanti e baldanzosi galletti. Fan finta di volersi stare alla larga mentre giocano a chi si avvicina di più senza che l'altro si accorga di nulla.


Nel frattempo si avvicina il prossimo viaggio. Terre catare.
Tra castelli, eresie, stragi, fortificazioni militari e cassoulet di fagioli, salsiccia e anatra.


Di sicuro Carcassone, sfiorando Tolosa ed Albi. Col cuore in subbuglio e sperando di non distrarsi troppo. Ma soprattutto castelli sperduti tra le alture subito prima dei Pirenei, e qualche grotta, spero.


Un giorno di andata. Quattro di escursioni. Uno di rientro.
Una ciurma di sei persone e due cani. Omero e Isotta.


Devo preparare gli itinerari: Cartografo, portami la mappa, gli incartamenti e i miei strumenti!

















Il popolo e la testa dei regnanti...


- Ehi, mamma... lo sai che cosa ha combinato quello, l'altro giorno?

- Oh, cielo... dimmi!

- Una ragazza gli ha chiesto come avrebbe dovuto fare per vivere e mettere su famiglia con meno di 1000 euro al mese, e quello gli ha risposto Venga a sposare il figlio d'un milionario!

- Ah... come Maria Antonietta: Non c'è più pane? Che mangino brioche!

- ...

Dopo il Marinaio di Foresta, il Cowboy delle Stelle...


Some people call me the space cowboy, yeah
Some call me the gangster of love
Some people call me maurice
Cause I speak of the pompitous of love

People talk about me, baby
Say Im doin you wrong, doin you wrong
Well, dont you worry baby
Dont worry
Cause Im right here, right here, right here, right here at home

Cause Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I sure dont want to hurt no one

Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I get my lovin on the run
Wooo wooooo

Youre the cutest thing
That I ever did see
I really love your peaches
Want to shake your tree
Lovey-dovey, lovey-dovey, lovey-dovey all the time
Ooo-eee baby, Ill sure show you a good time

Cause Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I get my lovin on the run

Im a picker
Im a grinner
Im a lover
And Im a sinner
I play my music in the sun

Im a joker
Im a smoker
Im a midnight toker
I sure dont want to hurt no one

Wooo woooo

People keep talking about me baby
They say Im doin you wrong
Well dont you worry, dont worry, no dont worry mama
Cause Im right here at home

You're the cutest thing I ever did see
Really love your peaches want to shake your tree
Lovey-dovey, lovey-dovey, lovey-dovey all the time
Come on baby and Ill show you a good time



Da buon cialtrone, ho sempre sospettato che Steve e la sua band avessero qualcosa di speciale da dire... Ora lo so con assoluta certezza!

sabato 15 marzo 2008

Tout comprendre n'est pas tout pardonner, ossia Per un accenno alla Pedagogia della Resistenza





Me ne stavo impalato appena fuori dalla cappella delle Carmelitane a Dachau, nel monastero costruito a ridosso del campo di concentramento. Avevo appena incrociato lo sguardo di una vecchia signora che camminava adagio, aggrappandosi al braccio di suo marito. Avevano le lacrime agli occhi, mentre pregavano assieme.

Con un groppo alla gola, mi ero fermato a riflettere che far germogliare un pensiero di unione e compassione proprio dove l'uomo ha tolto senso persino alla morte è uno degli atti più coraggiosi che possano essere fatti. Al di là di qualsiasi credo o religione.

Ero lì che ragionavo di questo, frenando il groppo e le lacrime per non farmi vedere dai piccoli pesciolni che stavo accompagnando, quando un gruppetto di loro mi si avvicina per chiedere spiegazioni.

Non capiscono. Non sanno dove sono. Non riescono a trovare un senso a tutto quello che vedono. Non riescono a vedere le cose che sono successe in questi luoghi.

Allora inizio a parlare, e raccontare quello che altri hanno raccontato e testimoniato a me tempo prima.

Inizio dicendo che nei campi di concentramento il lavoro rendeva liberi, certo, ma liberi da ogni dignità, da ogni identità, da ogni barlume di ragione o senso.

Dico che nei campi di concentramento si veniva spogliati non solo dei peli e dei vestiti, ma anche di quel sottile velo che sta attorno all'anima delle persone e che da un senso alla vita.

Dico che le persone, nei campi di concentramento, erano fatte lavorare senza senso, solo per instaurare e mantenere una costante pressione emotiva.

Dico che questa pressione prima ti manda fuori di cervello, poi ti culla in uno stato di perdizione, nel quale nulla sembra più accadere per caso e le persone iniziano a sentirsi in colpa solo per il fatto di esistere. L'annullamento dell'uomo in quanto uomo. L'annullamento del senso della vita.

E poi dico che nei campi di concentramento si moriva senza motivo, e si moriva a migliaia, come le mosche. Si moriva sparati in testa e arsi ancora vivi nelle fosse comuni. Si moriva nelle docce a gas, si moriva di stenti perchè il freddo rompeva le ossa e il respiro. Si moriva così, tanto perchè c'era qualcuno che aveva voglia di ammazzarti o lasciarti morire. L'annullamento della morte.

Dico che tutti gli esseri umani, quando subiscono un lutto, come prima cosa si chiedono - sempre - Perchè. Perché è successo? Perché proprio ora? Perché proprio a lui o a lei? Perché non a me? E solo quando, a furia di farsi queste domande, riesce a darsi una risposta si può dire che sia riuscito a "rielaborare il lutto": solo allora può raccogliere i cocci di quella esperienza e ricavarne qualcosa di nuovo, che porti con sé il vento dell'esperienza e il sole del futuro.

E mentre dico queste cose sento quasi di non essere io a parlare. Sento l'aria del campo che geme tra i tigli cipressini del viale delle baracche, sento il filo spinato del muro di cinta che si tira e si torce, sento il terreno sotto i piedi che mi spinge a camminare e a parlare.

E allora mi accorgo.

Mi accorgo che tutti i discorsi attorno alla Shoa, tutte le visite ai musei della resistenza, tutti viaggi dentro i campi di concentramento e le Giornate della Memoria sono in realtà la più grande rielaborazione del lutto collettiva della Storia.

Non so perchè, ma pensarla così mi ha aiutato a mandar giù il magone.

Forse perchè ho cominciato a sperare che, anche in un domani lontano, tutto quello che laggiù e allora ha perso qualsiasi senso o ragione, possa diventare qualcosa sulla quale costruire fondamenta nuove.




Poco dopo, mentre ero sul pullman verso l'ostello ho ricevuto - e prontamente letto al microfono - questo messaggio via sms, da una persona speciale:

"Io penso che ci siano posti nel mondo - a me è successo a Gerusalemme davanti ad un check point e alla Diaz, il giorno dopo - dove paradossalmente ti senti in colpa di essere vivo, o di essere felice. Ma invece penso che essere uno dei milioni di piedi che calcano di nuovo quella terra, con la fortuna poi di uscire dal cancello e tornare alla tua felicità, sia il modo migliore per lasciare un'impronta di consapevolezza".



E su che cosa voglia dire "fare della Pedagogia della Resistenza", leggete qualcosa di Raffaele Mantegazza.





martedì 11 marzo 2008

Precariato e nomadismo, tanto domani parto ancora...


Essere precario significa non sapere che cosa si farà dopodomani, il mese dopo, tra sei mesi. Senza nemmeno sapere se si calcherà la stessa terra o se ci si troverà in terra straniera alla ricerca di qualche minerale prezioso (come il Rhum, ad es).

Nomade è quella condizione per la quale resti costantemente in movimento, ma sai perfettamente che dovrai essere in quel certo posto al sorgere del tal pianeta, altrimenti i tuoi animali non figlieranno e le tue sementi marciranno nelle botti. Certo, il cambio di rotta è qualcosa di previsto, ma sempre rischioso (e, certo, affascinante...).

Ora, dipendere dalle tabelle di marcia altrui, che fa parte della gavetta, è davvero snervante.

Autonomia nomade! Ecco quello di cui necessito, in qualità di Marinaio di Foresta!

Intanto domani parto.
Monaco di Baviera.
Dachau.
Castello di Neuschwanstein.

Tre giorni tre.
Di birra, brutale memoria collettiva che fa del bene, e favole tra Wagner e Disney.

Meglio preparare i bagagli per bene, non si sa mai.


Imprevisti del mestiere


Uno sa di avere un grosso appuntamento in una cascina piuttosto lontana, e si prepara per bene per salpare all'ora più adeguata, con l'intenzione di non incontrare intoppi sulla rotta. Controlla che la scialuppa sia a posto e riesca a filare via nel vento, con le vele gonfie e tese.


Poi prende e parte. Viaggia a lungo quanto deve, chiede qualche informazione quando è in zona, prende anche un cafferino giusto per essere tranquillo.


Si presenta davanti alla cascina con quasi un'ora di anticipo: le preoccupazioni del viaggio sono state - come sempre - esagerate, per deformazione professionale. E' tranquillo, perchè sa che può riguardare la lezione anche se la conosce molto bene.


Quindi decide di dare un occhio di controllo al baule con l'attrezzatura per gli esperimenti. Che però nella stiva non c'è.

Perchè è rimasto sul pavimento della capanna nel bosco, proprio di fianco alla porta - quasi ad intralciare il passo, per non dimenticarlo.


Ops.


Orecchie basse, coda tra le gambe.
Lezione rinviata.
Chilometri macinati per niente.


Giusto a conferma di quanto si diceva ieri.

lunedì 10 marzo 2008

Una vecchia balena da fiume mi disse




"In fiume nessuno si esalti e nessuno si abbatta"



Così mi ha detto una vecchia balena da fiume, una volta. Credo che questo motto valga tanto quando si sta affrontando la corrente delle acque bianche, quanto nei punti chiave della nostra vita.

Non mi è capitato spesso in passato, ma posso dire che se non avessi il sangue freddo di chi sta cominciando a capire come funziona il mondo della Navigazione Pedagogica in Ambiente Naturale, questo potrebbe essere un momento di vera esaltazione.

Come Marinaio di Foresta ci sono almeno quattro nuove Compagnie di navigazione che chiedono i miei servigi, e sto cercando disperatamente di far combaciare le date delle partenze con quelle dei rientri. Senza dimenticare la preparazione dei differenti bagagli durante le soste che dovrei usare per tirare il fiato. E se riuscissi in questo magistrale gioco d'incastri, ne uscirei senz'altro distrutto, ma con una discreta collezione di barili di Rhum da sfruttare a piacimento o far invecchiare in previsione di tempi più duri.

Tra l'altro, cosa non trascurabile, le persone che sto conoscendo in questi giorni, girovagando per le banchine del Porto nella Foresta sono persone incredibilmente preparate, desiderose di insegnare e assolutamente voraci di nuove esperienze. Un genere di persona che mi va particolarmente a genio...

Non devo però dimenticare lo sconforto abissale che solo qualche tempo fa il Generale Inverno mi ha fatto conoscere. Avevo una paura matta di restare senza imbarco: paura matta che mi ha fatto imbarcare in esperienze che sicuramente daranno i loro frutti, ma che al momento causano solamente impaccio e nervosismi che mi sono solitamente estranei.

Quindi nessuno si esalti e nessuno si abbatta.
Semplicemente, si può fare.
E a modo nostro ce la faremo.

Devo però un abbraccio a tutti coloro che sto trascurando, in questo mio frenetico gironzolare per le banchine in cerca di nuovi imbarchi. Sono amici di lunga data, persone speciali e amici incontrati più recentemente. Sono tutte persone alle quali tengo tantissimo e che porto con me in ogni passo e ad ogni passo. E ne faccio molti.

Vorrei solo che tutti voi sapeste che anche se gestisco in modo nomade anche le amicizie e gli affetti, vi voglio sempre un mondo di bene.







sabato 8 marzo 2008

Ne uccide più la gola...


Camminando in gruppo sui muraglioni della Cittadella di AcqueMorte, uno sbarbatello piuttosto saccente si gira verso la belladiturno e, indicando dei piccoli balconicini con un grosso foro al centro, dice:

- Sai, non avevano i gabinetti, venivano qui a fare la cacca: fuori dalle mura!

- Ma non dire scemenze! - Osserva un'insegnante, vigile - E' la feritoia da cui versavano l'olio bollente!

- Maproffe - si picca il saccentello - a quell'epoca l'olio era troppo prezioso per buttarlo via così, l'ha detto lei!

- E' vero! Infatti durante gli assedi usavano più che altro un liquido scuro e denso, che cos'era, tu che sai tutto?

- Aceto balsamico

- ...

martedì 4 marzo 2008

Tutti a bordo!





Tre giorni tre. In Camargue.


La nave salpa per terre salate, leggende gitane e cavalli allo stato brado.





lunedì 3 marzo 2008

Quando si educa con speranza (alla fermezza) e con fermezza (alla speranza)


Questa mattina sono stato convocato per tenere una lezione sulle Cose di Natura in una "cascina mediana" a nord di Città Grande di Nebbiascura.

Ero convinto fosse una tipica cascina mediana, tutta muri sbrindellati e bambocci un po' fumosi nello sguardo e nell'animo, vivaci e imperturbabili nella loro confusione.

Con mio sommo stupore mi sono ritrovato in faccia ad una "cascina di base", con tanti piccoli funghetti saltellanti attaccati alle gonne delle mamme chiacchierone.

Con un po' di sgomento ho pensato che ci fosse un errore. Ero stato chiamato per spiegar di natura Sì a dei marmocchi, ma marmocchi un bel po' più grandi: si erano scambiati una seconda mediana con una seconda di base!

Anche l'edificio non era quel che si potesse aspettare da una cascina dei nostri tempi. Anziché un grosso quadrato neozarista con finestroni uguali e geometrie ipertrofiche e ansiogene, se ne stava sdraiato davanti ai miei occhi un complesso di bungalow con la pianta a stella, collegati tra loro da corridoi bassi, larghi e pieni di sole. Ad ogni punta della stella corrispondeva una classe, altrettanto ben areata e soleggiata.

All'interno di ogni classe, banchi per circa 25 bambini erano disposti in modo che ci fosse lo spazio per passare agevolmente, e le pareti erano state coperte di disegni, filastrocche, leggende e numeri canterini.

Trasportato nell'aula da cotanti colori e dal vociare allegro delle combricole più piccole, ho saluto con sorriso melone la Maestra e la sua Assistente. Notando gli sguardi d'intesa, ho deciso di sorvolare sull'evidente misfatto alla radice della mia presenza in quel luogo e ho cominciato la lezione.

Ora, il sale di questa esperienza non è stato lo stupore per lo sbaglio di segreteria. Neanche lo stupore per i colori e le risate cristalline che decoravano l'aria della cascina. E nemmeno l'ammiccante sorriso di due insegnanti che sanno fare il loro lavoro e non lo nascondono. Bensì la composta ed educata voracità di informazioni scientifiche dei 22 piccoli batuffoli di curiosità che avevo davanti.

Senza batter ciglio, si sono buttati con me in una lezione che era evidentemente troppo per loro - nonostante la sensibilità con la quale ho semplificato la maggior parte delle spiegazioni - e hanno assistito meravigliati allo spegnimento delle fiamme d'una candela per effetto dell'Anidride carbonica, al gonfiarsi di palloncini grazie al lievito in acqua bollente, allo spargimento di gas spuzza-e-brucia dovuti alla liquefazione dello zolfo, e ben altro.

Il tutto sotto lo sguardo attento e controllato delle maestre, sempre pronte a tenere la curiosità dei batuffoli entro i binari della Domanda e del Rispetto.

Questa classe, grazie ad una Maestra illuminata che crede ancora che la Scuola abbia molto da giocare nella formazione di un Paese nuovo, è per me un piccolo esempio di come una educazione alla speranza per noi educatori sia ancora possibile.

domenica 2 marzo 2008

Oggi l'attrezzatura, domani la MeditAzione


Prepararsi alla Stagione Alta non è cosa che si faccia dall'oggi al domani. E devo dire che il Generale Inverno mi ha davvero tenuto sotto, nei mesi passati. Anche se avrei preferito mettermi in forma, più che stancarmi.

Ma l'ultima botta, giusto per testare le forze e scaricare gli acciacchi della Stagione Bassa, non la si nega mai.

Così oggi ho barattato gli ultimi fondi di Rhum con qualche attrezzuccolo che potrà tornarmi utile nelle prossime ore.

E finisco ora di preparare la mia nuova imbarcazione e le vivande per il cammino lungo il Sacro Fiume delle Spezie, che mi aspetta col suo vorace Frantoio per infliggermi ancora qualche lezione di equilibrio liquido.

Sveglia all'alba, marinai!

sabato 1 marzo 2008

Denuncia sociale



Quel dì,
pensarono fosse giusto, e socialmente doveroso,
rivolgere regolare esposto contro il signor Fernando Starnazza,
Gestore Ufficiale della stazione di posta, noto anche come FS.

Per "Occupazione illegittima di liberi spazi affettivi",
vista l'enorme quantità di strillanti strilloni pubblicitari.
Che, come noto a chiunque, impediscono il normale svolgimento
d'un qualsivoglia saluto affettuoso.