La retrospettiva della fantasiosa vita di un educatore-geografo, un po' nomade e un po' no.
"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari
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mercoledì 11 marzo 2009
domenica 2 novembre 2008
Palato allo zenzero

Me ne resto seduto come un cowboy in disarmo. Il cappello appoggiato sulla coperta, accanto ai piedi. Il fuoco che scoppietta sotto la tolla dell'acqua per il caffé. Il caffé è speziato, allo zenzero secondo me: ma lo fanno lontano, dove la pelle è scura, e dove la magia corre a gambe levate davanti alla danza e alla musica sincopata dei tamburi di pelle. Lo bevo un poco alla volta, mi brucia la lingua e mi zenzera il palato.
Il ginocchio ha deciso di prendersi una vacanza.
Ieri camminavo per la Città dei Vicoli, sottobraccio ad amori passati che non sanno mai bene se prendermi a sberle o riempirmi di baci. Camminavo per la Città dei Vicoli ad incontrare volti e strette di mano, pacche sulle spalle e meraviglie della scienza. Camminavo soddisfatto per tutto quello che altri sono riusciti a fare, mortificato perchè lo avevano fatto senza di me. Camminavo e camminavo. E avvertivo un qualche lamento dalla mia fedele articolazione. Ma sono settimane che mi parla e non l'ascolto.
Questa mattina, ho aperto gli occhi su un soffitto non mio, e fresco dell'ospitalità di nuove amicizie ho sollevato le coperte al ritmo della sveglia, saltando dal letto direttamente nelle braccia di una giornata di sole e fiume. Ma il ginocchio non c'era più. Si era licenziato nella notte. Così sono franato sull'anta di un armadio in legno massello. Con buona pace dell'ospite.
Allora ho impacchettato la mia voglia di fiume, sono tornato nel vecchio Borgo dei Galli, direttamente dagli spaccaossa d'emergenza. SetteGiorniSette di riposo, con le stampelle. Poi visita dall'Uomo Medicina che guarda nelle ossa, per vedere in che condizioni di stress è il mio menisco. Per decidere se mandarlo in pensione definitivamente o rimetterlo in piedi in qualche modo.
E intanto penso alle uscite nei boschi di questa settimana, ad una donna lontana che non sa se scegliere me o le terre infinite dei caffé speziati, ai cuori spezzati che cerco di tenere assieme con qualche coccola e tanto cocciuto affetto, a qualche amore passato mai troppo dimenticato, al mio gemello non fratello dalla Piramide di CollinaScura e al suo trasloco, alle persone amiche che per fortuna ci sono anche quando sono lontane e che quando sono con te, diamine quanto le senti vicine.
Intanto il fuoco crepita, la coperta mi scalda, il ginocchio mi saluta.
E il caffé mi zenzera il palato.
sabato 18 ottobre 2008
Elastici in sospensione

In questo momento dovrei essere a fare la spesa.
Perchè poi, tra meno di un'ora dovrei essere a Città Grande di Nebbiascura a gozzovigliare con altri scalzacani amanti dei bagordi come me.
E invece sono qui a lasciare un nuovo messaggio in bottiglia.
Che è davvero troppo tempo, dall'ultima volta seria.
Sono giorni di grande frenesia questi.
Sono i giorni in cui impazzisco correndo dietro a maestre di ogni razza, credo, età e sesso. Le peggiori sono quelle devote alla Trinità, quelle delle scuole delle suore. Quelle che ti fanno fare migliaia di miglia per un incontro e quando sei lì ti dicono Guardi, noi per quest'anno con le attività extrascolastiche siamo a posto: manderemo i nostri ragazzi in visita al papa, quindi grazie di essere venuto e arrivederci.
E ti viene voglia di appenderle al muro gridando Non potevi dirmelo al telefono, pinguina! ma non lo fai perchè sei professional e allora la saluti dicendo Che Dio la benedica, Sorella... ma forte! e sulla testa! E scappi ridendo.
E ti viene voglia di appenderle al muro gridando Non potevi dirmelo al telefono, pinguina! ma non lo fai perchè sei professional e allora la saluti dicendo Che Dio la benedica, Sorella... ma forte! e sulla testa! E scappi ridendo.
Sono i giorni nei quali le persone ruvide hanno preso il largo all'improvviso, lasciando dietro di sé una scia di vita levigata, e ogni tanto uno si ferma e sta lì ad accarezzarla e a perdersi nei profumi delle sue polveri. In pace col mondo.
Sono i giorni nei quali il lavoro doveva essere quasi esclusivamente in ufficio, o a parlare con le maestre. E invece sono sempre in giro, per le paludi a caccia di coccodrilli migratori e mangiatori di orologi, per boschine ricolme di vecchietti incazzati col mondo perchè nessuno ha più la voglia e il tempo di rastrellare il sottobosco, e per montagne con conche spaventosamente giganti e laghi incredibilmente cristallini.
Ieri, ad esempio, in montagna, io e i marmocchi di turno abbiamo visitato un antico luogo sacro.
Vicino ad un lago di acqua pura, accanto ad una torbiera preziosissima, si stagliava un roccione grande e spaventoso, con un'apertura spaccata proprio nel centro, a scendere verso gl'inferi, ma senza ritorno.
E proprio davanti alla bocca del diavolo stava un macigno, un altare, una pietra sacrificale, sulla quale si scorgevano i segni e le punzonature dei pugnali in osso di lupo sfoggiati dalle streghe da sotto il mantello, all'improvviso, quando volevano sventrare aquile e corvi per le predizioni.
Oggi, invece, ho bradipato.
Steso, chiuso, rannicchiato nel mio dolce immenso letto, a tenermi caldo con le coperte di lana cercando di far spavento ad una febbre incombente.
Che la febbre viene solo se sa che hai mille impegni.
Se le fai credere che sei disoccupato e che non hai nulla da fare, se ne va a gambe levate.
Credo abbia funzionato anche questa volta.
E domani si ritorna sul Fiume Azzurro.
Che abbiamo da scortare quasi 100 anime da una sponda all'altra, io e gli altri marinai di foresta.
Ma ora basta.
Ora si va a far provviste.
martedì 9 settembre 2008
E ancora mi chiedo chi sia

Il Colonnello è un uomo sulla sessantina, ha pochi capelli corti e brizzolati, la pelle rugosa e il sorriso sempre pronto, a nascondere un ghigno beffardo. I suoi occhi sanno essere tanto sfuggenti quanto penetranti, quasi pericolosi. Ha le braccia lunghe, il Colonnello, e le mani grandi. Di chi per anni ha maneggiato vanghe, zappe e tornii di ogni genere. Si vede che ha lavorato, un tempo, il Colonnello.
Il Colonnello però ha anche la pancia, grossa, rotonda, dura. Gli spunta dalla camicia a righe con le maniche corte, quasi a chiamare a raccolta la fila dei bottoni, che possono rilassarsi solo nei dintorni del colletto, dove dimorano collanine hawaiane e aborigene: con una croce d'argento nascosta nel mezzo. Sono anni che il Colonnello sta dalla parte giusta della barricata. Sono anni che non deve più togliersi il nero grasso dalle unghie, al rientro a casa.
La pancia del Colonnello gli pesa, e lui cammina spedito per la strada per poi fermarsi ed appoggiare le mani sui lombi, stirandosi la schiena un po' ingobbita. Il gesto gli viene naturale, e sembra quasi si voglia fermare a guardarsi intorno per dire Un giorno tutto questo non era mio. Quasi nostalgico, quasi triste, quasi che gli manchi qualcosa, come la coscienza.
Il Colonnello è tronfio, soddisfatto, paffuto, goliardico, buffone, irriverente, mascalzone e tentacolare. Possiede più di mille milioni di soldi, sparsi per le sue ventiquattro assoimprese intercomunalprovinciali: editoria, edilizia, svago ed evasione sono i suoi terreni di caccia. E la caccia per il Colonnello è sempre Caccia Grossa.
Il Colonnello vede lontano e vola basso, tra la gente comune, quella persa in un mondo senza più legami, senza più identità, senza più comunità. E la gente persa, abbagliata dalle stelline sul suo petto, gli si aggrega intorno come ad un fuoco nel bel mezzo di una notte di novembre, quando il nevischio congela le orecchie e i capelli sanno di bagnato.
Il Colonnello però non lavora per mettere in tasca soldi. SignorNoSignore! Il Colonnello lavora per allargare il suo esercito. Lui si sposta con la sua corte, i suoi carriarmati e le sue infermiere. Passa di villaggio in villaggio a parlare con i mugnai, i contadini, i falegnami, i fabbri, i pretucoli, le mondine e le lavandaie.
Il Colonnello fa in modo che il mugnaio dia la farina ai fabbri, che diano i chiodi ai falegnami, che passino gli attrezzi ai contadini, che arino i campi per le mondine, che passino il raccolto alle lavandaie che lavino i panni ai mugnai che facciano offerte ai pretucoli che diano la loro benedizione al Colonnello.
Fa in modo che tutti dicano Che bravo il Colonnello, senza di lui non ci sarebbe questa comunità!, oppure Che bravo il Colonnello senza di lui tutta questa collaborazione sarebbe stata un banale passaggio di merci e soldi!
E forte di questo, il nome del Colonnello fa tanto rumore che sono i Re e i Governatori stessi, quale che sia la loro famiglia di appartenenza, a mandare i propri emissari per sapere Che intenzioni hai, Colonnello? E dove vuoi arrivare?
E il Colonnello risponde Caro re, caro Governatore: senza i tuoi soldi ho costruito un piccolo impero prolifico, un piccolo esercito di soddisfazione. Pensa cosa potrei fare se tu mi lasciassi usare un po' del tuo oro.
E non esiste Re o Governatore che glielo abbia rifiutato.
Senza chiedere più nulla.
E il Colonnello continua il suo giro indisturbato, senza che nessuno sappia esattamente dove abbia preso i gradi e le stelline, come abbia intenzione di spenderli o a chi debba renderne conto. Senza che nessuno si prenda il disturbo di domandare.
L'ho conosciuto, io, il Colonnello. Esiste. Calca le vie di Nebbiascura come il cortile di casa sua. E ancora mi chiedo. E mi chiederò.
giovedì 28 agosto 2008
A casa

È una notte in Italia che vedi
questo taglio di luna
freddo come una lama qualunque
e grande come la nostra fortuna
la fortuna di vivere adesso
questo tempo sbandato
questa notte che corre
e il futuro che arriva
chissà se ha fiato.
È una notte in Italia che vedi
questo darsi da fare
questa musica leggera
così leggera che ci fa sognare
questo vento che sa di lontano
e che ci prende la testa
il vino bevuto e pagato da soli
alla nostra festa.
È una notte in Italia anche questa
in un parcheggio in cima al mondo
io che cerco di copiare l'amore
ma mi confondo
e mi confondono più i suoi seni
puntati dritti sul mio cuore
o saranno le mie mani
che sanno così poco dell'amore.
Ma tutto questo è già più di tanto
Più delle terre sognate
Più dei biglietti senza ritorno
dati sempre alle persone sbagliate
Più delle idee che vanno a morire
senza farti un saluto
Di una canzone popolare
che in una notte come questa
ti lascia muto.
È una notte in Italia se la vedi
da così lontano
da quella gente così diversa
in quelle notti
che non girano mai piano
io qui ho un pallone da toccare col piede
nel vento che tocca il mare
è tutta musica leggera
ma come vedi la dobbiamo cantare
è tutta musica leggera
ma la dobbiamo imparare.
È una notte in Italia che vedi
questo taglio di luna
freddo come una lama qualunque
e grande come la nostra fortuna
che è poi la fortuna di chi vive adesso
questo tempo sbandato
questa notte che corre
e il futuro che viene
a darci fiato.
Questa notte che corre
e il futuro che viene
a darci fiato.
e grande come la nostra fortuna
la fortuna di vivere adesso
questo tempo sbandato
questa notte che corre
e il futuro che arriva
chissà se ha fiato.
È una notte in Italia che vedi
questo darsi da fare
questa musica leggera
così leggera che ci fa sognare
questo vento che sa di lontano
e che ci prende la testa
il vino bevuto e pagato da soli
alla nostra festa.
È una notte in Italia anche questa
in un parcheggio in cima al mondo
io che cerco di copiare l'amore
ma mi confondo
e mi confondono più i suoi seni
puntati dritti sul mio cuore
o saranno le mie mani
che sanno così poco dell'amore.
Ma tutto questo è già più di tanto
Più delle terre sognate
Più dei biglietti senza ritorno
dati sempre alle persone sbagliate
Più delle idee che vanno a morire
senza farti un saluto
Di una canzone popolare
che in una notte come questa
ti lascia muto.
È una notte in Italia se la vedi
da così lontano
da quella gente così diversa
in quelle notti
che non girano mai piano
io qui ho un pallone da toccare col piede
nel vento che tocca il mare
è tutta musica leggera
ma come vedi la dobbiamo cantare
è tutta musica leggera
ma la dobbiamo imparare.
È una notte in Italia che vedi
questo taglio di luna
freddo come una lama qualunque
e grande come la nostra fortuna
che è poi la fortuna di chi vive adesso
questo tempo sbandato
questa notte che corre
e il futuro che viene
a darci fiato.
Questa notte che corre
e il futuro che viene
a darci fiato.
"Una notte in Italia", Ivano Fossati.
Un'altra canzone non poteva essere più adatta.


giovedì 31 luglio 2008
E come d'incanto, scappano i giorni

Sfuggono, volano, scivolano da sotto i piedi, e si nascondono dentro la mia ombra, alle spalle, per sparire e riapparire solo più in là, dove ormai non posso più fare nulla, se non ammirarle mentre mi guardano ammiccanti, sempre più piccole all'orizzonte.
Sono le giornate leggere, tinte di quel rosso autunnale che pare circondare ogni grande attesa, ogni grande serata, ogni grande partenza.
E allo stesso tempo sono quelle giornate che seguono, senza peso o consistenza, altre giornate cariche di esperienza e traboccanti di eventi.
Sono le Giornate di Mezzo, che vado perdendomi alle volte. Come questi martedì e mercoledì e giovedì. Passati a lavorare sotto il sole cocente, a ramazzare e spazzare, a spostare e riparare una casa nel bosco che forse sarà la sede delle prossime mie fatiche e forse no. Che faticherò altrove. Forse.
Sono giornate passate così, con un occhio che guarda ancora alla domenica slovena - fatta di discese difficili e perfettamente riuscite, nuove sicurezze e momenti di vero incanto naturalmistico - e con l'altro si proietta in avanti - verso un sabato di festeggiamenti anticipati e un martedì volante tutto proteso verso le nordiche lande svedesi.
E come se avessi poco da fare - tra i preparativi della Festa del Trentennale e la partenza a metà tra Anatomia dell'Irrequietezza e Into The Wild - venerdì mattina ho un piccolo grande colloquio, sempre nel settore dei marinai di foresta dediti alla pedagogia interattiva...
martedì 22 luglio 2008
Crash! Bum! Bang!

Finita la giornata in mezzo al bosco, sfatto e sfiancato come al solito, saluto Lo Spagnolo, che mi ha fatto da spalla anche oggi, raccatto le mie cose e mi dirigo con un piedino dolorante verso la mia buona vettura. In lontananza, noto, un biglietto arancione fa capolino da sotto il tergicristallo. So chi lo ha lasciato, e già sorrido. Un salutino veloce - dice - e un bacino, magari ci sentiamo stasera! Un nuovo sorriso conferma i sospetti. Mi chiedo quando lo abbia lasciato.
Un po' stranito per la sorpresa, alzo lo sguardo sul parabrezza della mia carrozza blu cobalto e, noto, ci sono degli strani riflessi: lì, nel mezzo del vetro, una ragnatela di mille colori e riverberi si stende per quella che sembra essere un'infinità di chilometri. Proprio nel centro, tonda come uno zero e complicata come i corridoi di Hogawrts.
- Ma che strana, questa ragnatela... - rifletto,
- E mincchia ci credo, yo! Es un bozzo miccidiale! - mi fa eco Lo Spagnolo, che ha assistito al ritrovamento.
Ecco, laggiù sul cofano: poco sotto al tergicristallo. Un sasso acuminato si è portato dietro una scia scintillante di scintillosi bijoux di cristallo!
- Ah, diavolo, i marmocchi mi hanno tirato proprio un brutto scherzo, cazzo... - mi dico.
- E non solo quello, a quanto pare! - risponde lui.
Amareggiato, me ne torno a casa ringraziando al telefono per il bigliettino arancione e raccontando del danno (Ma dai - dice - sei sicuro? Io non l'ho visto! Possibile siano stati i bimbi? Domani indago!). Tra le telefonate a seguire, quella dell'assicuratore, che assicura di mandarmi lui da uno bravo che mi sistema il parabrezza sfondato in mattinata senza nemmeno aprire il portafoglio!
Arrivato a casa, preparo la cena e mi si annuncia la visita del Fratellino, in seconda serata.
Campanello, passi sulle scale, la tenda dell'ingresso che si sposta. Gli abbracci, i baci.
Jack fa i lavoretti per mamma, poi viene in salotto e dice, col suo sorriso sornione,
- Ne ho fatta un'altra, stasera!
- Che cosa? - dico pregustando le risate
- Ho tirato il freno a mano una volta di troppo - mentre parla appoggia tutte e due le mani alla sedia, si spinge in alto, e ridacchia
- Ti sei fatto male? - preoccupato, da buon fratello grande
- Ma va'! Ho solo bozzato una macchina parcheggiata... solo che poi siam scappati! - e scoppia a ridere
- Oh, cristo! - e rido
- Sì, va beh, ma adesso torno e glielo dico, che son stato io... Ho fatto la cazzata e mi prendo la responsabilità! - dice deciso
- Dai, vengo anch'io a parlarci - e vado a vestirmi
Il danno non è vistoso e il tizio abita chissà dove, così Jack lascia il suo numero sul parabrezza. Magari il tizio nemmeno se ne accorge, del bozzo. E poi, tra l'altro, la station-wagon sta parcheggiata in divieto di sosta, sulla pista ciclabile, sulla curva dello stop.
Tant'è che torniamo a casa belli contenti, che abbiam fatto tutto quello che c'era da fare.
-Ma allora ci andate in Svezia? - mi chiede
-Eh, ci vado da solo. Ho mollato la Nessie. - confesso
-Cazzo... ma com'è successo? Ma poi non andare in Svezia da solo! Non è pericoloso? - preoccupato, da buon fratellino
-No, chi vuoi che ci sia... e poi dovevo farmi una vacanza in solitaria da un pezzo. Questa è la volta buona. - dico convinto
-Ma parti il 5?
-Sì.
-E torni il 27?
-Sì.
-Lo sai che mi sono licenziato?
-Sì, me lo ha detto papà.
-Dai, allora vengo io.
-Dove, in Svezia?
-Sì - e mi sorride - Non ti prometto nulla, ma ne parlo con L e poi ti do una risposta.
-Ma... sai... dovevo andarci da solo... Ma... Ma... Ma sai cosa penso?
... Penso che se venissi saresti il compagno di viaggio ideale, Jack.
Non c'è niente di meglio che un fratellino ritrovato per ritrovare un po' anche se stessi...
martedì 20 maggio 2008
E intanto piove

In questa giornata in cui il fiume è troppo intento ad abbuffarsi di pioggia per lasciarci lo spazio di navigarlo, sto lavorando per mettere insieme i pezzi di una nave. Una nave da foresta un po' speciale. Avrà un sacco di remi e un bell'albero maestro nel mezzo. Remi che la sollevino sulle fronde degli alberi e vele che raccolgano la spinta delle nuvole. Avrà un sacco di scudi colorati lungo i fianchi, e una serie di pannelli di legno che coprano il lunghissimo ponte: pannelli di legno che possano essere rimossi quando c'è bel tempo. Avrà una chiglia del miglior legno da nave che sia mai stato usato, robusto e leggero, incatramato a dovere per coprire ogni fessura. Una chiglia fendiroccia, per approdare sulle montagne e non temere le colline. E avrà una prua slanciata, col volto d'un serpente marino intagliato nell'ebano più scuro. Un serpente marino con ali di drago. Avrà anche un robusto rostro, appena sotto la linea di galleggiamento. E la barra del timone la ricaverò dalla mascella di una balena, la più grossa e resistente. Sarà un Drakkar in piena regola, la mia nave da foresta, e mi condurrà tra le lande e le montagne e i laghi della Svezia, il prossimo mese d'Agosto.
martedì 29 aprile 2008
Assalti frontali (culinari)

Domani si riparte per il Fraterno Paese Neutrale, proprio sopra le amate Montagne di Confine. Tra un lago e l'altro, fino al Giorno del Sole, ci troveremo ancora ad affrontare la Natura in chiave pedagogica. Sempre che poi un Paese nel quale tornare ed esercitare una professione ad essa legata esista ancora.
Per celebrare la ripresa dei lavori, gli organizzatori hanno avuto la meravigliosa idea di replicare il suntuoso banchetto collettivo che ha aperto la prima tranche di lavori. Occasione nella quale, per altro, in qualità di cialtrone del villaggio sono riuscito ad assaggiare ben più di quanto offerto - dicono.
Così, per togliermi dalla testa quello che, nei prossimi 5 anni, pagheremo in termini di ambiente e pensiero laterale, ho deciso che la cosa migliore da fare sia buttarmi sui fornelli (e non in senso letterale).
Spronato da Wonder Thought - la supereroina che intontisce i nemici con il suo pensiero tagliente e disarma gli amanti con frasi dolcissime, momentaneamente interdetta alla cucina - penso che mi metterò il grembiule per sfornare una succulenta torta salata in stile faciòchevuoi,purchèsemagni.
Ecco cosa prevedono le prossime due ore:
- recuperare il macinato, una teglia, dell'olio, dell'aglio, una serie indefinita di cubetti di affettati, due uova, un tegame, un'altra serie indefinita di spezie simil-curry, odori all'infinito, una sfoglia e un forno.
- stendere la sfoglia nella teglia da forno.
- prescaldare il forno.
- soffriggere leggermente macinato, affettati, spezie e odori.
- impastare la carne con l'uovo nel tegame.
- stendere il ripieno impastato nella sfoglia e ricoprire con ciò che si trova.
- infornare ad una temperatura moderatamente adeguata, per una quantità di tempo compresa tra "cazzo è cruda!" e "cazzo è bruciata!".
- non perdere mai di vista la teglia nel forno nel lasso di tempo necessario.
Buon appetito.
P.s. Io avrei voluto fare una carbonara, o una pasta pannaesalmone, ma mangiarla domani sera non sarebbe stato il caso!
Happiness suggestions

Quando si cresce con Leopardi, Schopenhauer, Vasco, Einstein e Isaia come confratelli è difficile mettersi a scrivere qualcosa, se al momento si è fondamentalmente felici e soddisfatti.
La malinconia di fondo dei marinai di foresta sparisce, davanti ad un week-end intenso e meraviglioso come quello che ho appena vissuto. Perchè mentre il Benamato Paese scendeva sempre più la china, posso dire di aver passato senza dubbio il più bello e significativo fine settimana del 25 aprile degli ultimi anni.
Un finesettimanalungo fatto di grandi discussioni filosofico-politiche, patimenti emozionali e sentimentali, chiacchiere leggere, baci spinti e carezze affettuose, ma anche di canti collettivi e struggenti, visite a sorpresa in mezzo a vigneti sperduti, piccole diatribe sugli amori trascorsi, spanciate clamorose a suon di crema di nocciola, birra, pizza, salame e zuppa di pane e uova, bagni in fiume, camminate nei boschi in visita ai leprotti e ai fagiani, e lunghe passeggiate in almeno 4 città diverse. Tutto senza accorgersi del tempo che scorreva e dello spazio che viaggiava.
Insomma, una vita e mezza condensata in 3 memorabili giornate.
Dedicate a chi le ha vissute con me a strettogiro.
Al 100per100.
Proprio come siam capaci noi.
lunedì 21 aprile 2008
L'odore della resina, nella pioggia e sulle labbra

Sono sempre stato un amante della pioggia.
Sarà per questo che nell'ultimo fine settimana mi sono eclissato, a godermi qualche goccia in più che mi bagnasse il viso e si confondesse tra le labbra.
E mentre mi eclissavo, nell'aria ho avvertito spandersi un profumo, di terra bagnata e aria carica di tensione vitale. Mi ha riportato a quando ero bimbo, e mi fermavo in mezzo al giardino ad assaporare quel rumore di fondo e quegli odori diffusi: l'erba baciava la pioggia e la pioggia accarezzava le piante.
Forse era l'odore della resina di cedro.
Sicuro che una volta a farmi compagnia non c'erano le labbra e il sorriso che avevo vicino in questo fine settimana.
Sarà per questo che nell'ultimo fine settimana mi sono eclissato, a godermi qualche goccia in più che mi bagnasse il viso e si confondesse tra le labbra.
E mentre mi eclissavo, nell'aria ho avvertito spandersi un profumo, di terra bagnata e aria carica di tensione vitale. Mi ha riportato a quando ero bimbo, e mi fermavo in mezzo al giardino ad assaporare quel rumore di fondo e quegli odori diffusi: l'erba baciava la pioggia e la pioggia accarezzava le piante.
Forse era l'odore della resina di cedro.
Sicuro che una volta a farmi compagnia non c'erano le labbra e il sorriso che avevo vicino in questo fine settimana.
lunedì 14 aprile 2008
Sarà perchè, sarà che

Mi sento ancora la coperta calda sulle spalle, e quella tenera sensazione di sabbia negli occhi che ti fa ricordare quanti sogni sei riuscito a dimenticare in una sola notte di primavera.
Sarà perchè fuori dalla finestra l'aria fredda si sposta assieme agli alberi e alle canne di bambù.
Sarà perchè fuori dalla finestra scende una pioggia che somiglia a piccole scaglie di malinconia: di quelle che ti si appoggiano alla vita ed entrano in risonanza con tutto quello che ti porti dentro, nelle ossa.
Sarà perchè ieri sono stato assalito brutalmente da una fase bradipo di dimensioni cosmiche e ne risento ancora oggi.
Sarà perchè tornando dalla gita in Camargue, i marmocchi ascoltavano vecchie canzoni che il mio cuore ha bandito e che svelano quanto la maschera da vecchio cowboy con le grinze sugli occhi proprio non gli si addica.
Sarà perchè il Paese la cui terra mi ha visto correre, cadere, piangere, rialzarmi e sorridere mille volte, è una volta di più sull'orlo del baratro.
Sarà perchè ci sono fantasmi che non mi lasciano stare e mi vengono a trovare, col loro bagaglio di sensi di colpa e soddisfazioni: e sono tutti fantasmi di donna. Non che siano fantasmi veri, s'intende: ma qui, su questa nave, a duemila nodi, i ricordi li confondiamo spesso con i fantasmi, per lo strano modo che hanno di apparire dietro un velo e sussurrare parole lontane che scuotono le ginocchia e i polmoni.
Sarà perchè so che altrove mi aspettano un abbraccio caldo e dei capelli da accarezzare, con tutta la tenerezza di un mondo che si chiude, volontario, fuori da un armadio magico. E labbra da baciare forte per l'attesa e l'ansia di essere un nomade un po' per scelta, un po' per vocazione e un po' per timore - di chissà cosa poi?
Sarà che ho bisogno di una piccola passeggiata.
E allora via, cappello in testa, sciarpa sotto il naso e bavero alzato. Un passo dopo l'altro, mi lascio dietro la primavera, le sue piogge e i suoi sussurri, un po' a specchiarsi nelle pozzanghere e un po' a saltarci dentro.
lunedì 7 aprile 2008
Dell'Ambiente e del Pensiero laterale (ovvero l'Educazione ambientale e la libertà di pensare alle alternative) 1
In queste quattro intense giornate passate a ragionar di ambiente ed educazione, ho potuto mettere ordine ad alcune idee che vagavano in sospensione nelle acque confuse dei miei pensieri. Per altri versi, invece, sentimenti contrastanti e desideri conflittuali si danno battaglia tra lo stomaco ed il cuore, con grande clangore di ferri, legni, spade e mazze.
Si è discusso di bisogni, di gruppi, di albe in ritardo, di versi nella notte, passeggiate nei boschi, nidi d'aquila giganti, piccoli nidi personali, grigliatone con luganiga e patate al cartoccio, nocino, abbracci voluti e negati, egocentrismo latente e manifesto, leadership, confessioni sentimentali, distanze del cuore, dolore, razionalità, manualità ed emotività...
Insomma, ho avuto davvero modo di osservare, parlare e capire.
Tutto questo grazie ad un gruppo di Neutrali poi non così tanto neutri e ad una personcina dolcedocle che è diventata anche specialespeciale, per l'enorme pazienza (o caparbietà?) che sta dimostrando. Più in là avrò sicuramente modo di entrare nel dettaglio.
Integrando alcuni appunti che ho lasciato indietro da tempo con due o tre cose delle quali ho avuto modo di discutere, saltano fuori alcune "definizioni" che mi hanno aiutato a capire in che direzione sto viaggiando.
Ambiente.
Inteso come quella sfera che include gli ambienti naturali, le modificazioni prodotte dall'attività antropica e i feedback psicologici/sociali/emotivi/affettivi che tali modificazioni hanno introdotto nella quotidianità dell'Uomo (inteso come Essere umano, non me ne vogliano le femministe). Quindi non solo "La Natura" - dalle cascate e ai ghiacciai, dal Picchio rosso delle Ande o alla Stella Alpina della Valle Aurina - ma tutto che ci circonda, nel quale viviamo direttamente o indirettamente. E questo - forse - tradisce la mia formazione originaria come Geografo.
Pensiero laterale.
Ossia la capacità di costruire collegamenti tra elementi che comunemente non presentano alcun legame e che sono riconosciuti come semanticamente, logicamente o praticamente appartenenti ad universi differenti (un paradosso, se vogliamo, perchè in questo caso dovremmo parlare di Multiverso e non di Universo, come "bolla abitativa" nella quale esistiamo). Questi collegamenti sono di per sé stimolanti, ma non sempre sono anche produttivi: non sempre riescono a indurre cambiamenti rispetto a quanto esisteva in precedenza.
Educazione ambientale.
Tutto quell'insieme di attività ludico-didattiche che hanno lo scopo pedagogico di sviluppare nelle persone che ne fanno esperienza una sorta di pensiero critico nei confronti dello Stile di vita improntato alla crescita economica e alla diffusione del benessere come aumento della capacità di consumo - per altro, comunemente riconducibile al "Mondo occidentale" e quindi alla Forma mentis che lo ripropone.
Senza spingermi troppo in là, alcune delle pratiche promosse dall'Educazione ambientale sono ad esempio quelle del cosiddetto "Sviluppo sostenibile": un concetto in realtà superato ma che mantiene una posizione primaria nell'Agenda-setting della nostra società per l'applicabilità quotidiana (ancora ipotetica, purtroppo) dei suoi concetti.
Educare passando attraverso l'ambiente.
La conoscenza dell'ambiente esterno (sia esso un fiume, un bosco, una montagna o il quartiere nel quale si vive) permette di creare una serie di metafore per mezzo delle quali chi partecipa all'esperienza educativa riceve una educazione (al senso civico, alla scienza, alla partecipazione attiva, alla democrazia, alla socialità...).
Educare all'ambiente.
La conoscenza di un ambiente e delle sue dinamiche può avvenire passando attraverso svariati stimoli, che provengano da discipline artistiche o scientifiche - prese singolarmente o integrate/intrecciate tra loro.
Nella seconda parte di questo post - se mai dovessi riuscire a scriverla in tempi accettabili - voglio ragionare sul rischio che il prossimo nucleo di regnanti che prenderà le redini di questo Paese, non abbia la lungimiranza (o l'abbia persa deliberatamente) di investire su un sistema scolastico efficiente ed efficace, in grado di far sviluppare ai suoi allievi uno spirito critico latente e propositivo che rimetta in circolo il singolo e lo restituisca alla comunità. Sarebbe una bella inversione di tendenza rispetto alle attuali, che (pre)vedono il dilagare di una individualità sempre più (ri)stretta e sempre più passivamente aderente a modelli precostituiti - senza contare poi i passi indietro e i revisionismi che stanno prendendo piede.
Odio parlare come un libro.
Ma son stanco, ed era necessario - arrivati a questo punto.
Domani nuova uscita con marmocchietti picciolipiccioli a Voltorre, appena sotto a Città Primadeimonti. In serata vado a dormire alla Stazione di Posta del Panda, perchè nel Giorno di Mercurio parto nuovamente per il Paese d'Oltralpe. Fino a Venere.
Poi si vedrà.
Si è discusso di bisogni, di gruppi, di albe in ritardo, di versi nella notte, passeggiate nei boschi, nidi d'aquila giganti, piccoli nidi personali, grigliatone con luganiga e patate al cartoccio, nocino, abbracci voluti e negati, egocentrismo latente e manifesto, leadership, confessioni sentimentali, distanze del cuore, dolore, razionalità, manualità ed emotività...
Insomma, ho avuto davvero modo di osservare, parlare e capire.
Tutto questo grazie ad un gruppo di Neutrali poi non così tanto neutri e ad una personcina dolcedocle che è diventata anche specialespeciale, per l'enorme pazienza (o caparbietà?) che sta dimostrando. Più in là avrò sicuramente modo di entrare nel dettaglio.
Integrando alcuni appunti che ho lasciato indietro da tempo con due o tre cose delle quali ho avuto modo di discutere, saltano fuori alcune "definizioni" che mi hanno aiutato a capire in che direzione sto viaggiando.
Ambiente.
Inteso come quella sfera che include gli ambienti naturali, le modificazioni prodotte dall'attività antropica e i feedback psicologici/sociali/emotivi/affettivi che tali modificazioni hanno introdotto nella quotidianità dell'Uomo (inteso come Essere umano, non me ne vogliano le femministe). Quindi non solo "La Natura" - dalle cascate e ai ghiacciai, dal Picchio rosso delle Ande o alla Stella Alpina della Valle Aurina - ma tutto che ci circonda, nel quale viviamo direttamente o indirettamente. E questo - forse - tradisce la mia formazione originaria come Geografo.
Pensiero laterale.
Ossia la capacità di costruire collegamenti tra elementi che comunemente non presentano alcun legame e che sono riconosciuti come semanticamente, logicamente o praticamente appartenenti ad universi differenti (un paradosso, se vogliamo, perchè in questo caso dovremmo parlare di Multiverso e non di Universo, come "bolla abitativa" nella quale esistiamo). Questi collegamenti sono di per sé stimolanti, ma non sempre sono anche produttivi: non sempre riescono a indurre cambiamenti rispetto a quanto esisteva in precedenza.
Educazione ambientale.
Tutto quell'insieme di attività ludico-didattiche che hanno lo scopo pedagogico di sviluppare nelle persone che ne fanno esperienza una sorta di pensiero critico nei confronti dello Stile di vita improntato alla crescita economica e alla diffusione del benessere come aumento della capacità di consumo - per altro, comunemente riconducibile al "Mondo occidentale" e quindi alla Forma mentis che lo ripropone.
Senza spingermi troppo in là, alcune delle pratiche promosse dall'Educazione ambientale sono ad esempio quelle del cosiddetto "Sviluppo sostenibile": un concetto in realtà superato ma che mantiene una posizione primaria nell'Agenda-setting della nostra società per l'applicabilità quotidiana (ancora ipotetica, purtroppo) dei suoi concetti.
Educare passando attraverso l'ambiente.
La conoscenza dell'ambiente esterno (sia esso un fiume, un bosco, una montagna o il quartiere nel quale si vive) permette di creare una serie di metafore per mezzo delle quali chi partecipa all'esperienza educativa riceve una educazione (al senso civico, alla scienza, alla partecipazione attiva, alla democrazia, alla socialità...).
Educare all'ambiente.
La conoscenza di un ambiente e delle sue dinamiche può avvenire passando attraverso svariati stimoli, che provengano da discipline artistiche o scientifiche - prese singolarmente o integrate/intrecciate tra loro.
Nella seconda parte di questo post - se mai dovessi riuscire a scriverla in tempi accettabili - voglio ragionare sul rischio che il prossimo nucleo di regnanti che prenderà le redini di questo Paese, non abbia la lungimiranza (o l'abbia persa deliberatamente) di investire su un sistema scolastico efficiente ed efficace, in grado di far sviluppare ai suoi allievi uno spirito critico latente e propositivo che rimetta in circolo il singolo e lo restituisca alla comunità. Sarebbe una bella inversione di tendenza rispetto alle attuali, che (pre)vedono il dilagare di una individualità sempre più (ri)stretta e sempre più passivamente aderente a modelli precostituiti - senza contare poi i passi indietro e i revisionismi che stanno prendendo piede.
Odio parlare come un libro.
Ma son stanco, ed era necessario - arrivati a questo punto.
Domani nuova uscita con marmocchietti picciolipiccioli a Voltorre, appena sotto a Città Primadeimonti. In serata vado a dormire alla Stazione di Posta del Panda, perchè nel Giorno di Mercurio parto nuovamente per il Paese d'Oltralpe. Fino a Venere.
Poi si vedrà.
mercoledì 2 aprile 2008
Edera nel deserto

I nomadi - seduti in cerchio tra tappeti e cuscini - si passano un vassoio argentato, lucidato a specchio, sul quale è posata una sola tazza di vetro. Thé nero, menta, cannella, miele e datteri in infusione. Uno alla volta, la prendono, si specchiano nel vassoio, sorseggiano quanto basta e dicono la loro sulla questione.
Stakanov dice che sta tenendo botta.
Anche in questi giorni deliranti di trasferte e chilometri, riesce a trovare il tempo per ricamare col pizzo e l'orlo dei fazzoletti di tempo che parrebbero infinitesimali, ma che profumano di infinito.
Anche in questi giorni deliranti di trasferte e chilometri, riesce a trovare il tempo per ricamare col pizzo e l'orlo dei fazzoletti di tempo che parrebbero infinitesimali, ma che profumano di infinito.
Ieri e oggi, a Città dei Vicoli, Stakanov ha incontrato persone favolose che non vedeva da tempo. Ha ballato, bevuto e cantato, massaggiato, baciato e fatto l'amore.
Beato lui, annuiscono gli altri.
Anche Bebop, il cowboy acquamarino, tiene botta.
Se n'è stato tutto il giorno a sguazzare tra i palloncini e le bolle di sapone del palcoscenico, aspettando che anche gli altri pesciolini del Porto dei Piccoli sistemassero le loro battute e le loro scenografie, per lo spettacolo celebrativo che si è tenuto in serata.E che spettacolo, ragazzi.
Un'ora e trenta minuti di canti, balli e bevute, massaggi, baci e abbracci.
Beato lui, approvano gli altri.
Il marinaio di foresta sta tenendo botta, ma è decisamente stanco.
Anche se felice.
Dopo mille chilometri, una notte quasi in bianco e questa strana voglia di raccontare, domani mattina si alzerà per accompagnare una vivace accozzaglia di marmocchi di Città Grande di Nebbiascura a incontrare i loro gemelli di Città Primadeimonti, vicino al lago, tra i boschi.
Chissà che giornata.
Beato lui, si dicono gli altri.
Quello di cui non si hanno più notizie da un po' è l'eremita australiano. Bisognerà aspettare che la tenda arrivi sotto il suo albero. E comunque starà meditando a fondo sulla bellezza della vita...
Beato lui.
giovedì 27 marzo 2008
Passare le Alpi è sempre un'impresa...

Lo è stata per quel tizio a cavallo degli elefanti, non vedo come non possa esserlo per un semplice marinaio di foresta come me. Perchè passare le Montagne, ultimamente, significa sempre smuovere cose che dovrebbero starsene quiete tra il cuore, la pancia e il cervello.
Quelle cose che solo i vecchi cowboy con le grinze sulla faccia riescono ad evocare, davanti al fuoco del campo: non importa se ci sia qualcuno ad ascoltarli, oltre la luna e qualche cactus. Anche da soli, quei vecchi cowboy davanti al fuoco hanno le spalle larghe... oppure sono semplicemente troppo stanchi del peso della vita per rendersi conto di quanto i ricordi ti possano schiacciare.
Ma io non sono nè un barbaro assetato di fama, nè un vecchio cowboy con la pelle grinzosa bruciatadalsole. Sono solo un piccolo marinaio di foresta con il cuore sempre in subbuglio e lo sguardo sulla vita sempre soggetto a suggestioni.
E di suggestioni, oltralpe, ne ho nascoste ad ogni angolo di strada, sotto qualche albero e pietra, dentro uno o due locali speciali. Tutte cose che, nella mia nomade malinconia, mi piace visitare di tanto in tanto. Giusto per ricordare. Giusto per sapere che un cuore ce l'ho e che non lo lascio indietro un pochino ad ogni passo.
Nella Città Dei Mattoni Rosa, avevo nascosto dei ricordi in un posto speciale. Un posticino affettuoso, nonostante fosse fumoso e chiassoso. Le Sherpa. Un posticino piccolo, con un grande viavai di persone, di tintinnii di bicchieri e posate, di profumi dolci e salati avvolti in soffici e saporite crepe. Un posticino nel quale ho ricamato una Storia d'amore, come facevano le nonne una volta con le coperte: dritto e rovescio, punto per punto, ritornando dove le maglie s'erano allargate con ostinata caparbietà. Un Storia d'amore che nessuno si aspettava fossi proprio io a voler chiudere, ed invece è proprio quello che ho fatto - anche se questa è un'altra storia.
Qualche giorno fa, nella Città Dei Mattoni Rosa, ho scoperto che quel posticino speciale non c'è più.
Avrei dovuto ricordarmelo, visto che ero stato lì anche l'anno prima, e forse la situazione non era un granché diversa. Ma non lo ricordavo. Perchè la voglia di affondarmi in una di quelle minuscole sedie, dietro un bicchiere di sidro che sarebbe finito ben prima dell'arrivo della squisita pietanza, era enorme e l'attesa era alle stelle. ...Quando si dice Il soverchiante peso di taluni ricordi...
Così, fermo in mezzo alla strada, sotto una pioggia francamente stancante, me ne sono rimasto impalato a guardare quella che prima era l'insegna di un posto magico, e che ora è solo un negozio di scarpe alla moda.
Mi sono sentito vuoto. Vuoto e disorientato.
E in quello stato ho ripercorso la città, con soli due piedi anzichè quattro.
In un ballo solista che poteva essere, senza volerlo, un nostalgico omaggio ad un luogo elettivo perduto e ad un racconto arrivato fino alla fine: fino al punto in cui diventa tutta un'altra storia.
lunedì 17 marzo 2008
Evocando l'improvvisazione di primavera

Sono giornate che cominciano in novembre e finiscono in maggio, queste.
Mi alzo col buio e per uscire infilo il cappello, basso sulla fronte, e sollevo la sciarpafin quasi sul naso, mentre il cappotto mi fa da vello e mi protege le spalle e le mani. Ma poi la giornata comincia a sorridere, e nel primo pomeriggio la strada di casa - per quanto lunga sia - è una piacevole cavalcata al suono di nuvole gonfie e bianche che passano su un vento caldo e piacevole. Questa notte, tra l'altro, il cielo sembra non avere atmosfera e le stelle paiono voler saggiare il terreno con le loro dita colorate, tanto sono vicine.
In queste giornate, che cominciano in novembre e finiscono in maggio, girovago tranquillo tra le acque delle cascine nei dintorni di Città Grande di Nebbiascura. Sembra che anche i pesciolini che mi ascoltano abbiano percepito il cambiamento in atto. Li vedo lanciarsi sguardi fugaci, mentre si pavoneggiano come ochette starnazzanti e baldanzosi galletti. Fan finta di volersi stare alla larga mentre giocano a chi si avvicina di più senza che l'altro si accorga di nulla.
Nel frattempo si avvicina il prossimo viaggio. Terre catare.
Tra castelli, eresie, stragi, fortificazioni militari e cassoulet di fagioli, salsiccia e anatra.
Di sicuro Carcassone, sfiorando Tolosa ed Albi. Col cuore in subbuglio e sperando di non distrarsi troppo. Ma soprattutto castelli sperduti tra le alture subito prima dei Pirenei, e qualche grotta, spero.
Un giorno di andata. Quattro di escursioni. Uno di rientro.
Una ciurma di sei persone e due cani. Omero e Isotta.
Devo preparare gli itinerari: Cartografo, portami la mappa, gli incartamenti e i miei strumenti!

Il popolo e la testa dei regnanti...

- Ehi, mamma... lo sai che cosa ha combinato quello, l'altro giorno?
- Oh, cielo... dimmi!
- Una ragazza gli ha chiesto come avrebbe dovuto fare per vivere e mettere su famiglia con meno di 1000 euro al mese, e quello gli ha risposto Venga a sposare il figlio d'un milionario!
- Ah... come Maria Antonietta: Non c'è più pane? Che mangino brioche!
- ...
sabato 15 marzo 2008
Tout comprendre n'est pas tout pardonner, ossia Per un accenno alla Pedagogia della Resistenza

Me ne stavo impalato appena fuori dalla cappella delle Carmelitane a Dachau, nel monastero costruito a ridosso del campo di concentramento. Avevo appena incrociato lo sguardo di una vecchia signora che camminava adagio, aggrappandosi al braccio di suo marito. Avevano le lacrime agli occhi, mentre pregavano assieme.
Con un groppo alla gola, mi ero fermato a riflettere che far germogliare un pensiero di unione e compassione proprio dove l'uomo ha tolto senso persino alla morte è uno degli atti più coraggiosi che possano essere fatti. Al di là di qualsiasi credo o religione.
Ero lì che ragionavo di questo, frenando il groppo e le lacrime per non farmi vedere dai piccoli pesciolni che stavo accompagnando, quando un gruppetto di loro mi si avvicina per chiedere spiegazioni.
Non capiscono. Non sanno dove sono. Non riescono a trovare un senso a tutto quello che vedono. Non riescono a vedere le cose che sono successe in questi luoghi.
Allora inizio a parlare, e raccontare quello che altri hanno raccontato e testimoniato a me tempo prima.
Inizio dicendo che nei campi di concentramento il lavoro rendeva liberi, certo, ma liberi da ogni dignità, da ogni identità, da ogni barlume di ragione o senso.
Dico che nei campi di concentramento si veniva spogliati non solo dei peli e dei vestiti, ma anche di quel sottile velo che sta attorno all'anima delle persone e che da un senso alla vita.
Dico che le persone, nei campi di concentramento, erano fatte lavorare senza senso, solo per instaurare e mantenere una costante pressione emotiva.
Dico che questa pressione prima ti manda fuori di cervello, poi ti culla in uno stato di perdizione, nel quale nulla sembra più accadere per caso e le persone iniziano a sentirsi in colpa solo per il fatto di esistere. L'annullamento dell'uomo in quanto uomo. L'annullamento del senso della vita.
E poi dico che nei campi di concentramento si moriva senza motivo, e si moriva a migliaia, come le mosche. Si moriva sparati in testa e arsi ancora vivi nelle fosse comuni. Si moriva nelle docce a gas, si moriva di stenti perchè il freddo rompeva le ossa e il respiro. Si moriva così, tanto perchè c'era qualcuno che aveva voglia di ammazzarti o lasciarti morire. L'annullamento della morte.
Dico che tutti gli esseri umani, quando subiscono un lutto, come prima cosa si chiedono - sempre - Perchè. Perché è successo? Perché proprio ora? Perché proprio a lui o a lei? Perché non a me? E solo quando, a furia di farsi queste domande, riesce a darsi una risposta si può dire che sia riuscito a "rielaborare il lutto": solo allora può raccogliere i cocci di quella esperienza e ricavarne qualcosa di nuovo, che porti con sé il vento dell'esperienza e il sole del futuro.
E mentre dico queste cose sento quasi di non essere io a parlare. Sento l'aria del campo che geme tra i tigli cipressini del viale delle baracche, sento il filo spinato del muro di cinta che si tira e si torce, sento il terreno sotto i piedi che mi spinge a camminare e a parlare.
E allora mi accorgo.
Mi accorgo che tutti i discorsi attorno alla Shoa, tutte le visite ai musei della resistenza, tutti viaggi dentro i campi di concentramento e le Giornate della Memoria sono in realtà la più grande rielaborazione del lutto collettiva della Storia.
Non so perchè, ma pensarla così mi ha aiutato a mandar giù il magone.
Forse perchè ho cominciato a sperare che, anche in un domani lontano, tutto quello che laggiù e allora ha perso qualsiasi senso o ragione, possa diventare qualcosa sulla quale costruire fondamenta nuove.
Poco dopo, mentre ero sul pullman verso l'ostello ho ricevuto - e prontamente letto al microfono - questo messaggio via sms, da una persona speciale:
"Io penso che ci siano posti nel mondo - a me è successo a Gerusalemme davanti ad un check point e alla Diaz, il giorno dopo - dove paradossalmente ti senti in colpa di essere vivo, o di essere felice. Ma invece penso che essere uno dei milioni di piedi che calcano di nuovo quella terra, con la fortuna poi di uscire dal cancello e tornare alla tua felicità, sia il modo migliore per lasciare un'impronta di consapevolezza".
E su che cosa voglia dire "fare della Pedagogia della Resistenza", leggete qualcosa di Raffaele Mantegazza.
martedì 11 marzo 2008
Precariato e nomadismo, tanto domani parto ancora...

Essere precario significa non sapere che cosa si farà dopodomani, il mese dopo, tra sei mesi. Senza nemmeno sapere se si calcherà la stessa terra o se ci si troverà in terra straniera alla ricerca di qualche minerale prezioso (come il Rhum, ad es).
Nomade è quella condizione per la quale resti costantemente in movimento, ma sai perfettamente che dovrai essere in quel certo posto al sorgere del tal pianeta, altrimenti i tuoi animali non figlieranno e le tue sementi marciranno nelle botti. Certo, il cambio di rotta è qualcosa di previsto, ma sempre rischioso (e, certo, affascinante...).
Ora, dipendere dalle tabelle di marcia altrui, che fa parte della gavetta, è davvero snervante.
Autonomia nomade! Ecco quello di cui necessito, in qualità di Marinaio di Foresta!
Intanto domani parto.
Monaco di Baviera.
Dachau.
Castello di Neuschwanstein.
Tre giorni tre.
Di birra, brutale memoria collettiva che fa del bene, e favole tra Wagner e Disney.
Meglio preparare i bagagli per bene, non si sa mai.
Imprevisti del mestiere

Uno sa di avere un grosso appuntamento in una cascina piuttosto lontana, e si prepara per bene per salpare all'ora più adeguata, con l'intenzione di non incontrare intoppi sulla rotta. Controlla che la scialuppa sia a posto e riesca a filare via nel vento, con le vele gonfie e tese.
Poi prende e parte. Viaggia a lungo quanto deve, chiede qualche informazione quando è in zona, prende anche un cafferino giusto per essere tranquillo.
Si presenta davanti alla cascina con quasi un'ora di anticipo: le preoccupazioni del viaggio sono state - come sempre - esagerate, per deformazione professionale. E' tranquillo, perchè sa che può riguardare la lezione anche se la conosce molto bene.
Quindi decide di dare un occhio di controllo al baule con l'attrezzatura per gli esperimenti. Che però nella stiva non c'è.
Perchè è rimasto sul pavimento della capanna nel bosco, proprio di fianco alla porta - quasi ad intralciare il passo, per non dimenticarlo.
Ops.
Orecchie basse, coda tra le gambe.
Lezione rinviata.
Chilometri macinati per niente.
Giusto a conferma di quanto si diceva ieri.
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