"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


mercoledì 31 agosto 2011

Nutrimento







"Chiudi gli occhi e inizia a guardare" scrive Antonio Catalano in un suo libro visionario.

E' questo genere di speciali contraddizioni in termini che mi permette ancora di oscillare - quotidianamente - tra un profondo cinismo, alquanto realistico (che armeggia con le mie convinzioni e le strattona continuamente) e una smodata volontà di cercare risposte alternative, inconsuete e inusuali (che contrasta e s-bilancia la scettica deriva).

Non sono un artista: non riesco a vivere di eccentricità reificate. Non sono nemmeno il suo opposto: non riesco a vivere di mediocrità materializzata. Sono solo un educatore, sono un girovago con le radici, sono un amante della parola.

Così non mi resta che nutrire la speranza e saziarmene io stesso.




martedì 30 agosto 2011

Attraverso








A volte vorrei essere capace di disegnare una mappa dell'Amore.



Lì un fiume di parole da attraversare, laggiù un lago di tenerezza nel quale bagnarsi, più in là qualche foresta oscura e profonda, delle distese aride di pensieri foschi e gelosie. Poi un oceano infinito di speranza, ghiacci bianchi come la fiducia. Paesini disabitati, vecchie città antiche e gargantuesche, nuove città a misura d'uomo, porti sovraffollati e baie inesplorate. Strade grandi e piccole, cascate, torrenti, boschetti, colline e brughiere.



Poi mi ricordo che non sono un cartografo e che so così poco dell'Amore, se non che ho voglia di viverlo.



Così mi rimetto la cappa da geografo e ci viaggio attraverso.




lunedì 29 agosto 2011

Pagina su pagina...





Tra un'onda e l'altra, tra un tuffo in torrente e l'altro, tra una notte insonne e l'altra, dall'ultima volta che ho scritto delle mie letture, mi sono passate fra le dita le pagine di:

- Il Mondo Sommerso, di J.G. Ballard. La storia della perdita dell'esistenza, nell'entropica calura di un mondo ormai non più adatto alla forma umana.

- Lolita, di Vladimir Nabokov. Un monologo ossessivamente tenero e romanticamente invasato sull'impossibilità di possedere ciò che per sua natura è ingenuo e immacolato - e per questo affascinante - senza alterarlo irrimediabilmente.

- Ventimila leghe sotto i mari, di Jules Verne. Strabiliante racconto di fantascienza ottocentesca, con tutti i tipici eccessi di fiducia nelle Scienze o nell'Uomo, di obiettivi utopici, di volontà messianiche e missioni gargantuesche.

- I tre moschettieri, di Alexander Dumas. Le avventure di un giovane armato solo delle sue abilità e della sua incoscenza, talvolta scambiata per coraggio, altre volte per pura ingenuità. Il titolo resta incomprensibile: visto che i veri protagonisti sembrano essere più i lacché dei moschettieri, che i moschettieri stessi.

- Wave watching, una guida illustrata per l'osservatore di onde, di Gavin Pretor-Pinney. Il "come e perché" assolutamente geniale sulle onde, in ogni loro singola forma: da quelle marine a quelle sonore, a quelle sociali, a quelle del corpo umano.

- Feste galanti, di paul Verlaine. Poesie romantiche, erotiche, passionali nella loro forma più nobile ed estemporanea.

- La Cavalcata dei morti, di Fred Vargas. Un'altra profonda e arzigogolata avventura per il personaggio più riuscito della scrittrice francese: questa volta il Commissario Adamsberg se la deve vedere con una masnada di fantasmi vendicatori.

- Non lasciarmi, di Kazuo Ishiguro. Delicato monologo di una fantascienza ancor più delicata. Da leggere immediatamente prima o immediatamente dopo aver visto il film ad esso ispirato.

- L'uomo verticale, di Davide Longo. Senza come e senza perché, si è catapultati con il protagonista in un futuro terribile, nel quale tutto sembra perdere la propria forma originaria, e la lotta per sopravvivere diventa una lotta per esistere. Tenerezza e meraviglia per curare l'insipido abbandono allo scorrere dei giorni.

- Un antropologo su Marte, di Oliver Sacks. Diverse storie dei pazienti seguiti in prima persona dallo scrittore: al tempo stesso neurologo e antropologo. Per capire che la malattia e la sua cura non possono essere solo e soltanto legate alla corporeità umana, ma anche al vissuto dei singoli: alla complessità di una quotidianità de-strutturata, da ri-formare e ri-dimensionare.

- Dracula, di Bram Stocker. Il Vampiro più famoso di tutti i tempi vive attraverso le memorie di coloro che lo hanno conosciuto e sconfitto, restando sempre poco meno di un'ombra, poco più che un terrore.

- I Viaggi di Gulliver, di Jonathan Swift. Elegante e prolissa, quanto ingegnosa e fantasiosa, critica alla società inglese del Settecento.

- Vango, di Timothée de Fombelle. Un ragazzo misterioso, dalle qualità inimmaginabili, pari solo al suo passato incalcolabile. Un viaggio attraverso la fiducia, la fedeltà e la tenacia. In un mondo alla vigilia del Secondo Conflitto Mondiale.





Una paura diversa





In questa stanza non metto piede da un bel pezzo. Non so: credo mi facesse paura. Credo mi faccia paura tutt'ora. Una paura che ha coperto di polvere i pensieri e le parole, donado a tutto un significato diverso da quello che aveva.


Oggi, però, da fuori arriva la musica del piano della ragazza di fronte, e sotto la musica sento il vento e il sole che scaldano l'aria, appena fuori dalle tende del balcone. E il respiro profondo che faccio è nuovo. Mi mancherà questo balcone. Quando non sarò più qui. Quando un'altra casa accoglierà i miei passi. Quando altri scaffali accoglieranno i miei libri. Quando un altro balcone accoglierà le mie occhiate alla luna, le mie invocazioni alle nuvole. Mi mancherà questo balcone. O forse no.


Oggi, in questa stanza non torno per far via la polvere, ma per scriverci dentro. Per affondare le dita in quella polverosa paura che ho lasciato a ricoprire pensieri e parole. E scavandola via, la mescolerò coi colori dei giorni a venire e la restituirò al mondo che me l'ha consegnata: una paura trasformata, una paura diversa. Mi mancherà quella paura. O forse no.