"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


mercoledì 24 febbraio 2010

Hic et nunc,
o Gli esistenzialismi "ecologici"





Secondo le più recenti Teorie per la Sostenibilità, il principio che più si tende a dimenticare nella nostra società è quello dell'Entropia - secondo il quale l'energia utilizzata per compiere un lavoro diventa quel lavoro solamente in parte, mentre per l'altra parte è dispersa in calore non riutilizzabile.

Se si ha a che fare con un Sistema aperto - come lo è un ecosistema locale, ovvero un Sistema in grado di ricevere dall'esterno sia energia che materia - il problema quasi non si pone: materia ed energia saranno trasformate in modo da ricalibrare l'equilibrio interno anche davanti a grandi cambiamenti (secondo i principi della resistenza e della resilienza).

Se si ha a che fare con un Sistema chiuso - com'è il nostro Pianeta, ovvero che riesce a scambiare solamente energia con l'esterno ma non materia - allora il problema dell'entropia è più cogente: con l'apporto energetico è possibile trasformare la materia, ma senza apporto di materia prima o poi quella che è stata usata non lo sarà più. Qui il gioco è capire che le materie non sono infinite: non essendo possibile smettere di utilizzarle, sarebbe necessario trovare altri modi per farlo come ad esempio la creazione di materiali riutilizzabile e riciclabili, etc...

Sia in un caso che nell'altro, però, l'importante è capire che c'è un problema di efficienza: materia ed energia non possono evitare di essere usati, trasformati e dispersi, ma possono esserlo secondo criteri di risparmio energetico - non tanto per aumentare il lavoro svolto, quanto per evitare che molta dell'energia vada persa in calore.

Ultimamente sto ragionando in termini di "entropia emotiva, affettiva e psicologica" - per così dire. E mi sono reso conto non tanto del perchè, ma sicuramente del come in questi anni io mi sia sentito sempre così in tensione, in apprensione, in pericolo, in costante affanno.

Ho passato anni ad oscillare tra quello che ho e quello che desidero, mettendoci tante di quelle energie emotive, affettive e psicologiche da riuscire ad ottenerlo - solo per poi partire all'inseguimento di qualcosa d'altro: senza prendermi il tempo di assaporare quello che ho tra le mani, senza prendermene cura, senza vederne nascere qualcosa.

E' così che ho voluto l'amore, lo ottenuto e poi ho desiderato la libertà e l'ho ottenuta, e poi ho rivoluto l'amore e l'ho avuto ancora, per poi desiderare l'amore e riconquistare la libertà: in un balletto assurdo tra nostalgie e rimpianti per il passato perduto, devastante per me e per chi mi ha subito.

Quello che voglio è mettere un un po' di sostenibilità anche nella mia vita. E ripartire da quello che ho desiderato ed ottenuto - che è disponibile Qui e Ora. Per godermelo a fondo, finalmente, dedicandogli il giusto tempo, le giuste energie emotive, affettive e psicologiche: nulla di più, nulla di meno. Che il resto è tutta energia risparmiata o spesa per i marginalia, altrettanto importanti. Il desiderio d'altro, se nascerà, non sarà più in contrapposizione, ma un'evoluzione naturale, nata da queste esperienze di cura e dedizione del e nel presente.




domenica 14 febbraio 2010

Ordinariamministrazione







Una mail letta lunedì mattina mi porta fuori casa per la notte, dopo una giornata di Associazione e progettazione-a-spron-battuto, e prima di un turno alla Casa delle Ragazze Cresciute - con risultati malvissuti da me e da chi mi aveva scritto. Così rientro alla tana martedì sera, solo per finire di cucire assieme un incontro sulla depurazione dell'acqua da presentare mercoledì in giornata, alla fine del quale ritirarmi dal mondo, ringraziare gli amici del liceo che mi hanno tirato il pacco per la sera e sprofondare nel futon, tagliando fuori anche l'ennesima bionda scomoda. Collasso del tutto e prendo fiato, così giovedì mattina riprendo la via delle Ragazze Cresciute fino a tarda notte, per risvegliarmi all'alba di venerdì, cancellare l'incontro settimanale per l'Aula in Giardino, e mettermi in marcia verso Bergamo, dove faccio avanti e indietro tra mille segreterie e librerie, Città Alta Citta Bassa Stazione Fontane Funicolare Viottoli, per questa nuova follia che è la Specialistica. La sera riesco a vedere il mio fratellino, e mi faccio due chiacchiere di quelle che scaldano il cuore, così dormo beato fino alle otto di questo nebbioso e freddo sabato mattina, quando mi ritrovo sulle sponde del Fiume Azzurro in attesa di una troupe televisiva che deve girare un'avventura farlocca: la ciurma arriva tardi, la Barbie deve truccarsi e ci mette dueoredue - e si stira anche i capelli. Sceso dal gommone mi faccio una doccia rapida, torno alla Casa delle Ragazze, dormo un'ora e comincio il turno pome-sera-notte che mi porterà a domattina. Intanto ascolto Gianmaria Testa e festeggio il San Valentino più stupido della mia vita.








mercoledì 3 febbraio 2010

Oggi va così





Oggi va così.




Oggi va così. Un pomeriggio scarico, di quelli che quando sei un gatto dedichi a lisciarti il pelo affondanto in un piumone, ché non hai penne di gabbiano da inseguire per il giardino o gatte arancioni da tenere a bada.

Oggi va così. Un pomeriggio scarico, di quelli che ti arriva una mail e qualsiasi cosa tu volessi fare va a pallino, perché vorresti mettere insieme un sacco di parole ma non sai preciso-preciso né cosa né come rispondere, perchè scrivere con la pancia è sempre troppo arzigogolato.

Oggi va così. Un pomeriggio carico di cruda tenerezza, di quelle che disarmano e ammutoliscono, un po' come i disegni di questo signore, autore del dipinto qui in alto.




lunedì 1 febbraio 2010

Il tempo permesso







Per noi che viviamo di fantasiose camminate e avventurose discese tra flutti colorati di bianco e verde e azzurro, la stagione alta si inaugura con le prime passeggiate di gennaio e le timide discese di fine inverno.

La neve imbianca ancora il paesaggio e fa rimbalzare la luce tra i sassi e le nuvole basse. Il silenzio è come ovatta per i sensi e le foglie morte sul terreno hanno perso la voce: al contrario dell'acqua, che salta e corre col rumore del cristallo inondato dal sole. La vegetazione è scarna e gli alberi sono alti scheletri, scuriti e smagriti dal contrasto con tutta quell'apocalisse di luce e silenzio.

Il freddo è pungente e paralizza la sensibilità delle mani, che a sgonfiarle tocca bere cioccolata per tutta una sera. E dopo la fatica, le orecchie si scaldano di un rosso appuntito e la pelle si liscia, i muscoli tirano e la stanchezza si ferma tra gli stinchi e le ginocchia, come fosse la febbre.

Al ritorno nel mondo normale, poi, un sottile pensiero allontana il senso di colpa quelli che sembrano doveri non affrontati, e una voce nella pancia ci dice che Sì, il tempo che ci siamo permessi - alla fine - ce lo siamo meritato.