"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


venerdì 17 dicembre 2010

Un augurio, un motto dello spirito.







Grazie alla Strega Nocciola per questa immagine.
Un augurio per tutti noi, nella speranza che sempre più persone si scrollino la calda coperta dell'indifferenza dalle spalle e si decidano ad essere Cittadini.

Perché la ri-costruzione di un Paese non si può fare stando alla finestra.



sabato 4 dicembre 2010

Germoglio






Far cadere le maschere, abbattere le quinte, scendere dal palcoscenico. E vivere. In piena coscienza. I sentimenti profondi, la rabbia, i desideri, i sogni e gli attimi presenti. Vivere per vivere e non per dover vivere. Essere finalmente capace di futuro.

Mi lascio indietro i bagagli, i pesi, i pensieri. Portando con me solo l'esperienza di ciò che sono è stato. Per gioirne con ogni angolo del corpo e dell'anima. Questo è quel che vivo. Come un germoglio sotto la neve, alla ricerca del sole.


Link all'immagine.




domenica 28 novembre 2010

Un sogno di me





Mi preparo per un seminario intitolato "Il Paterno in Educazione", tenuto da Paolo Ragusa, del CPPP. Mi si chiede di portare una fotografia che richiama un "senso di paterno". Così vado a rovistare tra vecchie fotografie, sperdute in mezzo a cassetti scassati e pieni di polvere.

Volti, sguardi e luoghi si intrecciano e richiamano una commozione sopita altrove. Non trovo la fotografia che cercavo, ma inizio a sfogliare una serie di immagini che non avevo mai visto - perse chissà dove, custodite chissà da chi.

Ne scelgo una.

Mio padre mi sorregge, mentre sediamo sul greto del fiume: la sua mano indica un movimento lontano, le sue labbra descrivono quello che c'è all'orizzonte, il suo sguardo è attento e indagatore. Anche i miei occhi indagano e mi disegnano l'espressione di chi sta cercando, di chi comincia a scoprire la curiosità. E' domenica mattina: in quello spazio compreso tra la messa e il pranzo domenicale, che più in là negli anni sarà solitamente a base di risotto allo zafferano e quaglie.

Scelgo questa foto perché rappresenta un modello educativo che in qualche modo ri-conosco. Un modello volto alla scoperta, alla esplorazione, all'incanto disvelatore, alla descrizione inclusiva e mai esaustiva.

Scelgo questa foto perché del "Paterno" mi permette di ri-conoscere l'intenzione di guidare lo sguardo alla ricerca di qualcosa che è nascosto tra le linee dell'orizzonte; l'intenzione di dare un nome alle cose che accadono, disvelandole senza mai conoscerle del tutto; la creazione di un orizzonte mai del tutto conoscibile, ma sempre e comunque ri-conoscibile: uno spazio aperto alla curiosità, alla possibilità, al futuro.

Il seminario dura due giorni, il "Codice Paterno" viene indagato in lungo e in largo, lasciando intenzionalmente aperte delle enormi domande, degli enormi spazi di lavoro personale.

Alla fine però, lo si delinea comunque come qualcosa che va ben oltre l'autorità, la biologia, il contenimento, il dominio.

Qualcosa che ha a che fare con l'intenzionalità e la gratuità di sognare un figlio.

Qualcosa che ha a che vedere con il coraggio di donargli un futuro.

Qualcosa che attiene alla possibilità di creargli un vuoto che sia curiosità e desiderio, da ricercare e soddisfare in autonomia, per crescere.

Ecco, io so che in quegli anni sono stato sognato.


giovedì 25 novembre 2010

Metamorfica





Cambiano i gesti, cambiano gli sguardi,
cambiano le volontà, cambiano i desideri.


Cambiano le parole,
cambiano le frasi.


Cambiano le azioni,
cambiano gli impegni.


Restano i piedi a terra,
a reificare la volontà.


E resta la testa tra le nuvole,
a trarre ispirazione dagli orizzonti.





sabato 20 novembre 2010

Io parlo.





In questi giorni non faccio che parlare. Parlare da arrabbiato. Parlare forte, parlare alto, perché sono ancora molti quelli che girano con le dita nelle orecchie.

Parlo della Corte Costituzionale che bypassa le Leggi regionali che bloccavano la costruzione di centrali nucleari nel loro territorio, o che respinge il ricorso delle Regioni contro il Decreto Ronchi, frustrando le speranze di tutti i cittadini che pretendono che l'acqua sia un diritto non commerciabile.

Parlo delle motivazioni che vogliono Dell'Utri intermediario di mafia, e di un sistema parlamentare che lascia lui e il beneficiario delle trattative liberi di governare invece che costringerli a soggiornare nelle patrie galere.

Parlo dell'arbitraria e "liberale" decisione del governo di intascarsi il 75% del 5xMille del 2009. Trecento mila euro frutto di donazioni libere e consapevoli dei cittadini. Salvo poi chiarificare: "Siamo stati fraintesi: intendiamo solo dare un acconto, più tardi daremo anche il resto..."

Parlo del colpo di mano grazie al quale le scuole private si sono viste ridare i fondi tagliati, mentre la scuola pubblica muore sotto edifici fatiscenti, dirigenti scolastici aziendalisti e burocrati, e insegnati pettegoli e chini a qualsiasi colpo basso pur d'essere più produttivi.

Parlo della volgarità barbarica, deludente e strisciante sventolata dai praticanti della "politica del fare". Una volgarità mai fine a se stessa, sempre finalizzata a costruire un'immagine e un comportamento nei quali la gente possa trovare un'istintiva identificazione, un anestetico punto di riferimento al quale delegare ogni pulsione e desiderio di rivalsa.

Parlo della vigliaccheria che spurga dalle invocazioni della pena di morte: un grido impulsivo e volgare, che arriva dal ventre di chi non intende trovare alcuna risposta costruttiva al delitto.

Ecco perché fatico a scrivere. Perché, in qualche modo, preferisco parlare. E Denunciare. E Resistere.



lunedì 15 novembre 2010

Convegni, letture, progetti






***

Si è concluso il Workshop sull'Educazione Ambientale organizzato da Area Parchi Lombardia presso il Parco del Ticino, nella zona della Riserva Naturale Orientata "La Fagiana" (titolo "Quali strumenti per diffondere l'offerta formativa?").

La partecipazione è stata altissima: da tutta la Regione sono intervenute Associazioni, Cooperative ed Enti gestori di parchi e riserve. Tutti hanno portato le loro esperienze, le loro professionalità e la loro voglia di mettere in rete ciò che si conosce e ciò che ancora crea dubbi e paure.

Alcune delle preoccupazioni che abbiamo avvertito riguardano:

- Gli enormi tagli alla scuola pubblica e le condizioni di lavoro di maestri e insegnanti,

- La mancanza di un albo professionale di guide naturalistiche/educatori ambientali (e la conseguente precarietà di tutte le professioni coinvolte in attività di EdAmb),

- La concorrenza tra gli attori del settore, non sufficientemente regolata da Enti amministrativi

- La necessità di dotarsi di un sempre più ampio ed inclusivo quadro teorico/pedagogico valido e all'avanguardia (che grazie a Midori del CNR di Genova e al contributo di Salomone dell'Universtà di Bergamo si sta delineando sempre più in termini quali interdisciplinarietà, ricorsività, complessità, partecipazione, coprogettazione e responsabilizzazione)


Nonostante tutto ciò, l'entusiasmo è stato elevato e la partecipazione ai dibattiti e ai laboratori ha permesso di arrivare alla conclusione dei due giorni di incontri con una larga soddisfazione generale.

Alcuni margini di miglioramento (come la necessità di limitare i "momenti vetrina" o le "attività frontali" in favore di attività partecipative ed esperienziali) ci sono sempre, ma gli organizzatori hanno dimostrato di saper cogliere le critiche e sviluppare soluzioni interessanti, quindi si vedrà l'anno prossimo che cosa proporranno.

***

- "Pro e Contro Marx" di Edgar Morin. Una raccolta di riflessioni sul pensiero marxiano e sulla necessità di ripescarne l'originale filosofico (la "dialettica" come principio primo dell'esperienza e del flusso dell'esistenza) al di sotto di tutte le letture politiche e corrotte che ne sono state fatte nel tempo. Questo per comprendere a fondo la necessità di adottare quello che Morin definisce Epistemologia della Complessità.

- "Il Condominio" di J.G. Ballard. Un racconto scritto nei primissimi anni '70 in maniera follemente lucida. Racconta il tracollo sociale all'interno di una futuribile città-condominio, nella quale la tecnologia più avanzata diviene un mezzo ordinario quanto inconscio per demolire inibizioni e scrupoli alla base della convivenza civile.


***

I Maestri Itineranti aprono la stagione 2010/2011 dei progetti nelle scuole con due imprese piuttosto impegnative:


- "Intergalattici Rifiuti", progetto nel quale un gruppo di bambini di 1^ e 2^ elementare saranno chiamati ad organizzare il Congresso Intergalattico dei Maestri Itineranti sui Rifiuti, al quale parteciperanno anche i Delegati galattici del Mondo della Carta e del Mondo della Plastica. In collaborazione con le scuole e il comune di Lonate Pozzolo.

- "L'Aula in Giardino 2.0", nel quale si organizzeranno la progettazione e la realizzazione di un "giardino d'acqua" nei pressi della Scuola media di Leggiuno, continuando il lavoro fatto l'anno passato. In collaborazione con il lungimirante Assessorato alla Pubblica Istruzione e un invidiabile parterre di eccellenti insegnanti.




giovedì 4 novembre 2010

Una vela al futuro




O "Pensieri per qualcosa ch'è un po' più di un arrivederci
e un po' meno di un addio"


Le esperienze di crescita sono un tessuto dalla trama fitta e resistente.

Vi si intrecciano gli affetti e le sconfitte, gli amori e i dispiaceri, gli insegnamenti e le scelte sofferte, gli errori e le vittorie. Vi si intrecciano le vite delle persone che ci stanno vicine, di quelle che ci siamo lasciati alle spalle, di quelle che vogliamo incontrare e di quelle che un giorno - presto o tardi - incroceranno ancora il nostro cammino.

Questo vorremmo che ti restasse di noi. Di noi e di te, di questi anni, mesi, giorni passati insieme. Vorrei che ti restasse un tessuto di vita intrecciata, caldo e resistente, per farne quello che sogni: una coperta per le notti più fredde o una vela per navigare verso il futuro.


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lunedì 25 ottobre 2010

Un sorriso, una goccia





Il vento spazzava le fronde degli alberi come non si vedeva da tempo, e la pioggia batteva sul tetto con forza, in goccioloni freddi e insistenti. Il ragazzo restava seduto proprio vicino alla finestra, leggermente aperta, come ad invitare vento e pioggia a farsi strada in casa, a prendere una tazza di caffè. Carta e penna sullo scrittoio, un vecchio bastone e un coltello da intaglio appoggiati lì vicino, un libro spiegazzato buttato sulla coperta stropicciata ai piedi del letto. Era una mattina d’inizio settimana, e c’era tutto il tempo del mondo per svegliarsi e combinare qualcosa di buono. Ora poteva immaginare i fiumi gonfiarsi e i sentieri dei boschi trasformarsi in un tappeto di aghi, fango e foglie, o i funghi ingrossarsi per poi marcire, gli scoiattoli al riparo di qualche tronco mentre rosicchiavano le riserve di pigne, o un qualche riccio appallottolato sotto una siepe pronto per andare a stanare lombrichi e coleotteri. Poteva pensare alle trote, all’immensa loro sfortuna di non sapere che effetto facesse la pioggia sul viso, o agli aironi, che se ne volavano con quel loro incedere altezzoso e non curante delle nuvole o della pioggia. Poteva immaginarsi mentre affondava le dita nel pelo soffice di un gattino ormai cresciuto e lontano. Di lì a qualche tempo avrebbe scritto, avrebbe intagliato, avrebbe preso la tela cerata per una camminata sotto l’acqua sferzante. Per il momento, però, c’era tutto il tempo del mondo.


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lunedì 18 ottobre 2010

Al chiar di luna








Non trovi che sia una notte magnifica per ballare al chiaro di Luna?
Con le stelle lassù, a riflettersi nei tuoi occhi!
E' una notte perfetta per farsi la corte, non pensi?

Con questo cielo d'ottobre a farci da complice,
le foglie che cadono al sussuro del vento
ed io che cerco una risposta a questi tuoi timidi cenni?

Vedi: anche la notte è incantata,
sembra sussurri e ammutolisca...
Persino la luce della luna sembra
un riflesso del tuo viso arrossito!

... Voglio solo ballare con te, ci stai, amore mio?
... Voglio solo farti la corte, che ne dici, amore mio?

Ecco... Questa notte voglio fare l'amore con te:
Non posso proprio aspettare che diventi giorno!
Succederà a momenti, so già che stai per crollare...

Ah... E quando sarai tra le mie braccia,
troverai il mio cuore già pronto: non ti lascerò sul più bello.
Prima o poi i miei sogni diventeranno realtà, mia cara..

Prima o poi sarai mia... e fremerai ad ogni mio tocco.
So benissimo che cederai, non cercare di resistermi...

... Voglio solo ballare, amore mio: con la luna, con te,
con questa luce d'argento e questa notte magica...
ancora una volta,
una sola...


Link alla canzone originale, Moondance di Van Morrison.


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domenica 10 ottobre 2010

Per un passero, il prossimo inverno...





Se, anche a voi, capitasse di guardare fuori dalla finestra, potreste scorgere - tra i rami in giardino o sul balcone di casa - qualche passerotto smarrito e svolazzante.


I più sensibili di voi potrebbero iniziare a domandarsi dove mai questi dolci uccelletti possano andare a procurarsi il cibo durante l'inverno, finendo quindi per prodigarsi nello sbriciolare quantità incredibili di pan secco sul davanzale della finestra. Per quanto il gesto sia assolutamente caritatevole e in buona fede, rischia di ritorcersi contro quegli uccelletti che volevate salvare: il pane, infatti, dona una sensazione di finta sazietà, e non presenta quei benefici nutritivi dei quali passerotti e simili hanno bisogno.


Allora riporto le istruzioni per costruire un buon "ripostiglio" per le semenze invernali, esattamente come quello che appenderò al mio balcone tra qualche settimana.


Per costruirlo sono necessari:
- un barattolo di vetro, il più cilindrico possibile (l'apertura non troppo stretta rispetto al vasetto)
- due tondi di cartone spesso, leggermente più stretti del barattolo di vetro
- fil di ferro
- una mistura di semenze: la più consigliata contiene miglio, girasole, papavero, canapa e frumento
- dello strutto


Bucate i due tondi di cartoncino, fate passare il fil di ferro nel primo e fissate il tutto sul fondo, annodando il filo o ancorandolo con un pezzetto di legno.


Calate il tondino col fil di ferro dentro al barattolo.


In un recipiente, preparate un misto di strutto e semenze. Lo strutto non dovrà essere in eccesso, altrimenti gli uccellini faranno fatica a trovare i semi, ma questi ultimi non dovranno essere troppi, altrimenti il nostro "serbatoio" non avrà la giusta consistenza e si disferà.


Versate la mistura nel barattolo di vetro, facendo attenzione a tenere il fil di ferro ben dritto, con una parte fuori dal bordo. Applicate poi l'altro cartoncino, premendo leggermente sulla superficie della mistura e fissatelo col fil di ferro.


Quando lo strutto si sarà solidificato, estraete il tutto dal barattolo di vetro. Se il barattolo non vi dà problemi, dovreste trovarvi con un cilindro misto di strutto e semenze, sorretto dai due tondi di cartone, con un'asola di fil di ferro pe poterlo appendere ad un albero in giardino o sul balcone.


Potete farne quanti volete, potete usare una tolla dei fagioli al posto del vetro, uno spago al posto del fil di ferro, potete applicare delle stecche di legno all'interno per facilitare l'appoggio degli uccellini, potete cambiare mistura e vedere quali uccellini preferiscono questo o quello... insomma, potete sbizzarrirvi... A patto che mi raccontiate come va!



martedì 5 ottobre 2010

Profumo d'ottobre






C'era nell'aria un profumo strano. Era qualcosa che somigliava all'umido dei funghi, quelli buoni da mangiare, o all'umido della pioggia, quella buona da ascoltare, o ancora al gonfiore delle nuvole, quelle belle da vedere. Era un profumo tutto autunnale, di quei profumi che a toccarli avrebbero ricordato capelli lunghi e vispi, raccolti in trecce e riccioli. Era un profumo accogliente: faceva pregustare qualcosa di buono che sarebbe stato pronto di lì a poco. Era un profumo tutto suo, simile a mille altri e diverso da tutto. Come di una piccola storia d'amore che cresce, silenziosa e spugnosa, nel sottobosco di una vita e si arrampica sui giorni: con la dolce pretesa di distillare pioggia e sole in egual misura, goccia dopo goccia.



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martedì 28 settembre 2010

Con una manciata di giorni tra le dita





Dieci giorni per far valere i propri principi
Dieci giorni per far splendere un piccolo sogno a due ruote
Dieci giorni per progettare un volo per due
Dieci giorni per ri-scoprire l'appoggio delle socie
Dieci giorni per mettere in piedi mille progetti in un progetto
Dieci giorni per riscrivere i propri orari di lavoro
Dieci giorni per farmi assalire dall'ansia del fiume
Dieci giorni per ricordare che bello è raccontarsi
Dieci giorni per scoprire che è bello aspettarsi
Dieci giorni per scoprire che gusto c'è a piantare i piedi
Dieci giorni per scoprire che è vero, la diplomazia non è l'unica via
Dieci giorni per vivere ogni secondo
Dieci giorni per non potersi fermare a scrivere due righe
Dieci giorni per fare un piccolo agguato al fratellino
Dieci giorni per aver voglia di ridere
Dieci giorni per aver voglia di fare l'amore
Dieci giorni per chiudere il mondo fuori
Dieci giorni per serrare il mondo tra i denti
Dieci giorni per chiudere il mondo nel cuore
Dieci giorni per studiare come un matto
Dieci giorni per trovare nei libri quello che ho sempre pensato e mai saputo
Dieci giorni per vivere, vivere e vivere ancora.
Così son state, queste giornate sincopate.
E così saranno le prossime.
E quelle dopo..
e quelle dopo ancora...

Quindi non preoccupatevi se non scrivo, ok? ;-)



sabato 18 settembre 2010

La rivoluzione rosa






Sono stato al primo concerto dei 99Posse della mia vita, ho mangiato peperoni rossi, ho comprato pupazzi solidali, ho perso la metro, ho trovato un parcheggio chiuso e un sacco di ospitalità inaspettata, assieme ad una maglietta rosa e lenzuola griffate HelloKitty.

Premetto che credevo che andare ad un concerto dei 99Posse fosse un po' come assisstere al concerto dei Blues Brother nel locale dei GoodOldBoys, quando cantano ripetutamente Raw Hide per l'intera serata, solo con Zulù al posto di Belushi, a ripetere CurreCurreGuagliò per due ore filate. E invece mi sono ricreduto: due ore spicce di ritmi serrati, musiche elettriche e sonorità reggae, il tutto condito con un estremismo politico enfatico e prorompente, tanto quanto il pancione di Zulù tra i tatuaggi e i due vocalist straparlanti.

Il concerto è stato offerto dal papà di M. - una ex-ragazza marinaia della Ciurma delle Ragazze Cresciute. Io e M. ci siamo trovati al parcheggio sotterraneo, abbiamo preso la metro e siamo andati a ritirare i biglietti. Abbiamo mangiato i panini con prosciutto e pepperoni che la madre di M. ci ha preparato e ci siamo seduti sulle transenne a giocare a "Eleggi Miss Ridicola 2010": ha vinto una tizia coi pantacollant rasoiati e una felpa tirata giù a fare da minigonna. Poi siamo andati al concerto, aperto da una cantante psicosomatica di nome Costanza che pareva orgasmare ad ogni campionatura.

Gustate le sparate antifasciste della Posse, abbiamo cercato di prendere la metro, ma l'ultimo treno ha sferragliato davanti ai nostri orecchi attoniti. A quel punto, coi mezzi di superficie, arrivare in orario al parcheggio sembrava meno fattibile che prendere Cuba negli anni '50 con un manipolo di eroi. E di fatti abbiamo perso anche il parcheggio, che ha tenuto in ostaggio la mia AutoBlu tutta notte.

Per questo mi sono trovato a svegliare tutta la famiglia di M. e farci venire a prendere a chilometri di distanza. Il tutto per darmi un letto a poix sul quale dormire, un lavandino coi pesci rossi nel quale lavarmi e una enorme maglietta rosa appena lavata.

Mai passata una notte così rosamente rivoluzionaria.




giovedì 16 settembre 2010

Quel che dirò






Sarà che da due giorni non leggo altro che di diatribe nell'etica ambientalista tra soggetivisti e sostanzialisti.

Sarà ch ieri ho dovuto rincorrere un assessore in un cimitero.

Sarà che le mie socie sono state prese a pesci in faccia una volta di troppo.

Sarà che la mia prof di riferimento e la mia prof preferita (che sono due persone diverse) stanno cominciando un anno scolastico pessimo, all'insegna della burocrazia manigolda di chi non è affatto capace né di delegare né di creare un autentico clima di collaborazione - ma solamente di controllare, valutare, verificare e terrorizzare.

Sarà che un ricercatore a Palermo si è suicidato per dire all'Italia che anche l'università s'è venduta il culo, e non da ieri.

Sarà che ormai si inaugurano edifici scolastici griffati dai partiti senza alcun pudore (le griffe e i partiti).

Sarà che questo schifo di clima da crisi politica ed economica e sociale sta arrivando a toni che non sentivo da anni.

Sarà tutto quel che vuoi, ma stasera sono stanco e devo andare comunque al lavoro. Vorrei solo poter abbracciare strette le ragazze della Ciurma e dir loro che tutto andrà per il meglio.

Che le scuole griffate crolleranno, appena messi in salvo i bambini.

Che i ricercatori non dovranno più volare dalle finestre, spinti da un'invisibile commissario della mafia accademica.

Che le associazioni come la nostra potranno contare su finanziamenti pubblici anche senza indossare spille o cravatte del colore prestabilito.

Che la scuola burocratizzata crollerà sotto il suo peso e resteranno solo le insegnati lungimiranti, progressiste, rivoluzioniste e collettiviste.

Che i lavoratori di oggi finalmente capiranno che parlare di diritti non è parlare di privilegi, e che i privilegi sono le buoneuscite miliardarie degli amministratori mangioni e papponi.

Che c'è un'idea di Italia diversa da quella di una grande azienda libertaria fino ad essere liberticida.

Che c'è un'idea di futuro. Un futuro nostro. Un futuro che ci viene nascosto e negato da chi ci vuol tenere ignoranti, cafoni e striscianti.

Che le cose cambieranno.

Che la gente presto smetterà di accendere la TV e le antenne verranno bruciate e abbattute.
Questo è quello che dirò loro.

Stasera. E domani. E dopo domani.





lunedì 13 settembre 2010

Proprio lunedì






In un lunedì così

- con la pioggia d'autunno in anticipo
su questa fine d'estate, e un cielo azzurro
punteggiato di bianco e bagnato dal sole-

E' un vero delitto forzarmi la mente -
fatta a spirali, rimandi e ritorni -
entro le stupide linee di tappe forzate.

Così è che passo da un impegno noioso
all'odore di lei tra i cuscini.

Da una telefonata dovuta
alla piega nelle scarpe dei calzini.

Da un appunto volante
al suo modo dire in silenzio
facciamo l'amore.

Da una fattura pesante
alle bustine di thé sul bancone.

Da un timbro irrisolto
alle foglie volanti in balcone.

Dalla tastiera irritante
alle parole insistenti
sul mistero che sono.

Da un verbale mancante
allo sguardo nudo sul mondo.

Da un'agenda ricolma
all'ansia c'ho addosso.

Da un messaggio spedito
alla voglia insistente per
queste nuove distanze.



giovedì 9 settembre 2010

Quella volta che...







...
il Marinaio di Foresta morì affogato
in direzione ostinata e contraria,
con indosso un berretto di lana,
e subito seguito, in sorte,
dal suo gatto alpino
...









domenica 5 settembre 2010

L'aria cambia





L'aria rarefatta di queste notti sembra correre veloce come un treno perso tra i binari di questa folle pianura ricolma di colline boscose. La stagione è cambiata e gli odori nel vento lo testimoniano. Sono gli odori delle foglie gialle e arancioni, dei faggi scuri e delle querce robuste che si preparano a ritirare le forze per far fronte all'inverno che arriverà: gelando i sogni estivi e nascondendo i buoni intenti sotto una coperta di neve. Intanto la brina si prepara, attaccandosi sui vetri e sulle lisce superfici delle automobili: piccole goccioline lievi, a richiamare il ghiaccio sottile e biancastro che formeranno. E l'aria si ripulisce dalla calda umidità delle giornate passate, molli e gelatinose, caricandosi di quella fredda delle notti a venire: richiamando la nebbia dai terreni agricoli e dai campi di mais, in piccoli rivoli sfumati e nervosi.



martedì 31 agosto 2010

Ahi, Settembre, che farò?






E' Settembre che bussa,
con l'aria trasparente,
le future avventure
e i frutti succosi,

O sei tu,
con i baci promessi,
i sussurri ridenti
e le labbra sognate,

A farmi sorridere
di primo mattino
per il giorno che viene?





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domenica 22 agosto 2010

Mille parole da ritrovare





Avevo mille parole meravigliate per descrivere le ultime due settimane.

Gli odori della terra scottata e degli arbusti bruciati dal sole; i colori bianchi e ambrati delle rocce e i disegni dei faraglioni; i rumori sordi delle grotte e gli spruzzi gelati del mare; la pelle liscia e abbronzata; le mani strette e indiscrete; i baci rubati e quelli negati; le parole attese, quelle mai dette e quelle di sottofondo; i legami intrecciati, quelli da interpretare e quelli accettare; la difficoltà ad imparare a non far niente e quella di ricominciare a fare qualcosa.

Ne avevo mille e più di parole. Ma le ho perse. O semplicemente accantonate.

Mentre le cerco in mezzo all'umore scuro nel quale mi trovo catapultato oggi, e le scovo seguendone il luccichio profondo e inconfondibile - come quello di una stellina d'argento - , mi sento di consigliarvi altri tre titoli che mi hanno accompagnato in questo viaggio verso Sud:

- I Quattro Fiumi, opera a fumetti firmata dall'inconfondibile Vargas e da Baudoin. Per chi conosce Adamsberg e ama i romanzi grafici. Sicuramente da non leggere senza aver prima letto gli altri titoli della Vargas: non lo si apprezzerebbe abbastanza.


- Servi, di Marco Rovelli. Un reportage di viaggio e denuncia nel mondo dei clandestini, con le parole dei clandestini: schiavi novelli per quella parte d'Italia che non conosce - o non vuole conoscere - altra via alla concorrenza che lo sfruttamento becero di macchinari umani "usa e getta". Da Sud a Nord, dalla camorra alle leggi dello Stato, dai possidenti terrieri ai piccoli imprenditori.


- Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, di Mark Haddon. Un titolo improbabile per un racconto altrettanto improbabile: l'immersione totale nell'esperienza e nell'emotività schietta di un ragazzino autistico, incosciente e dannatamente amabile.



Voi leggete, io seguo la stella e ritrovo le mie parole.


sabato 7 agosto 2010

Approfitto





Approfitto del silenzio della casa,
e mi congedo per le settimane a venire.

Ché, in un modo o nell'altro,
è vacanza anche per tutta la carovana delle mie fantasie.

Si va a Sud, finalmente.

"Stesi nell'erba tra i fiori di campo
Persi a narraci future fortune
coi sensi colmi di voglia di vita
In tasca solo speranza infinita
E una fiducia infinita nel seno..."

Come cantava il buon vecchio Bertoli.


giovedì 5 agosto 2010

Il più bel regalo






Un compleanno dolce, quello di ieri.
Una letterina di ringraziamento e auguri trovata sul cuscino la notte prima. Una mattina di sonnolento riposo e lettura. Un primo pomeriggio di pulizie e bagagli. Un secondo pomeriggio di preparativi per la cena con la Famiglia Allargata.

La Famiglia Allargata è la mia famiglia. E' una famiglia sfilacciata, provata da mille parole non dette, segnata da altrettante incomprensioni e gelosie e fraintendimenti, esperienze difficili da elaborare e da sciogliere, affetti annodati alla gola e abbracci interrotti.

La Famiglia Allargata è una famiglia provata, stanca, malinconica e un poco rancorosa. E' una famiglia difficile, politicamente frammentata, moralmente interdetta, filosoficamente scontrosa, fiduciosa nel mondo in modi e maniere contrastanti.

Eppure è e rimane una Famiglia. Anche se qualcuno non ci crede più - forse per non soffrire, forse per non voler affrontare, forse semplicemente per continuare a gridare un dolore che, così crede, nessuno vuol vedere.

Eppure è e rimane una Famiglia. Proprio perché tutti vedono l’altrui dolore - gridato o taciuto che sia. Proprio perché quei fili sfilacciati continuano ad essere tenuti strenuamente, coi denti e con le mani. Proprio perché le distanze continuano a voler essere accorciate, a costo di rincorse acrobatiche, salti roccamboleschi e maschere che non parlano, celando parole e gesti ben più sinceri e affettuosi.

Eppure è e rimane una Famiglia. Perché quei legami sfilacciati lasciano permeare un messaggio di affetto, anche dove si vorrebbe far passare solo rancore e distanza. Proprio perché permeano rancore e distanza. Facendo scaturire in chi li riceve un moto di empatico desiderio a lenire le ferite di fratelli e sorelle, madri e padri che sempre resteranno legati.

Eppure è e rimane una Famiglia. E vedere tutti - o quasi - riuniti per festeggiare il compleanno di uno di noi, è e sarà il più bel regalo di sempre.

E la festa sarà festa davvero - immensa, chiassosa e felice - quando tutti saranno tutti davvero.




martedì 3 agosto 2010

Vapori d'impazienza





Tutte le energie sono stirate,
Tutte le forze concentrate.
Tengono insieme i bulloni e i morsetti
degli ultimi giorni... delle ultime ore.

La mente è già a domenica,
i piedi sul treno,
le mani intrecciate con le mani.
I profumi della terra brulla
già si confondono con la risacca e le onde.

Parole, parole, parole,
racconti e timidezze si susseguono
circondate da paure e pudori:
soffiati via da un entusiasmo
tutto da scoprire.







sabato 31 luglio 2010

Un mattino, d'estate.










La pelle nuda e liscia,
mi giro nelle lenzuola
leggendo
e sognando di te,
del cielo azzurro e delle nuvole
bianche che, immagino,
corrano nel cielo...







lunedì 26 luglio 2010

Rientro, una galleria di sensazioni






Rientro per sapere che due delle Ragazze Cresciute sono state dieci giorni in vacanza-premio dalle parti di Verona, ad un campo-volontariato della Protezione Civile, nel quale tutti - ma proprio tutti, dai piccoli volontari agli organizzatori - si professavano fascio-nazi-leghisti e usavano allungare il saluto militare (???) in un saluto romano non proprio cammuffato. L'unico ragazzo non di destra è stato tartassato di scherzi e vessazioni, fin quasi al suo abbandono.

Rientro per avvertire la voglia matta di ripartire, di riempire la sacca da viaggio con qualche vestito, di mettermi il tascapane a tracolla, il cappello in testa e prendere un treno. Anche uno qualsiasi. Sentire le traversine che cantano al ritmo delle ruote, vedere le piante che corrono e le nuvole immobili e lontane, il colore del mondo che cambia con passare del giorno.

Rientro per essere investito da mille racconti di persone che si lasciano, che si odiano e che strepitano e litigano. Storie di uomini vigliacchi e donne coraggiose. Storie di imposizioni, di ritirate strategiche, di sensi di colpa taglienti come ceramica.

Rientro per avvertire che certe amicizie possono anche fare il giro del mondo, ma che la lontananza nel tempo e nello spazio non le intacca minimamente.

Rientro per vedere che i mille lavori che ho lasciato in sospeso sono continuati anche senza di me e che ora sono io a doverli rincorrere, un poco alla volta.

Rientro per accorgermi di quanto un prato scuro, una manciata di stelle in un cielo cobalto e una luna d'argento bastino a ricordarmi che c'è una stellina che mi aspetta, e che non vedo l'ora di riabbracciare.

Rientro per non sopportare più la musica che ascolto da anni, in un mare di nostalgia trita e ritrita. Ecco: in un crescendo di contorsioni e strattoni, corpo stomaco e cervello sono in fase di muta e strisciano addosso alla vita con l'intenzione di perdere le vecchie scaglie, per rinascere lucenti e sprizzanti. Smettendola, finalmente, di affrontare il passato per vivere il presente.









venerdì 23 luglio 2010

Francia - ottavo gran finale


E' (quasi) finita. Domani è il Giorno del Gran Rientro: quello in cui si chiudono le tende, si sgonfia il gommone, si impacchettano le attrezzature, si prepara il rimorchio e si rientra a casa.

Questa settimana l'atmosfera è sorda e gonfia di battute sceme, risate col cibo in bocca e scoregge rumorose. Nulla è mai stato così lontano dall'atmosfera romantica e sognatrice della settimana scorsa. Saranno quei due anni in più che fanno un'altra generazione. Sarà che questo gruppo (quasi tutti piccoli "veterani") pretendeva da se stesso molto più di quanto non fosse pronto a dare - era dal luglio 2009 che non mettevano il sedere dentro un kayak! Sarà che, quest’anno, le ragazze francesi non sono né quelle della settimana scorsa (espansive ma troppo grandi) , né quelle dell'anno passato (difficili da conquistare ma meme age).

Insomma, la "Steve Miller Band" - sempre rutilante e psichedelica - si è sfogata in tutt'altro modo: facendo tre volte il giro della Vague du Rabioux, e urlando sempre come se fosse il primo; intavolando secolari partite di poker durante gli acquazzoni; provando improbabili manovre in fiume con relativi capitomboli e salvataggi; sforzandosi (ma senza esagerare) di ripassare e applicare le manovre fondamentali; giocando assurde partitelle di pallone in acqua; provandoci quasi spudoratamente - ma non senza una certa ritrosia cavalleresca - con le ninfe del lago.

Insomma, piano piano tutta la banda si è scapicollata verso questa sera: l'Ultima Sera.

Cena al solito ristorante: chi la pizza, chi l'assiette du randonneur, chi le penne al Roquefort... Tutti, alla fine, hanno ingollato una quantità industriale di gelato al cioccolato, banane split e panna montata. Per tornare al campo ubriachi di zuccheri, cantando PanicoPAPanicoPAPanicoPauuura! fuori dal finestrino.

Comunque vada la mattinata, comunque vada il viaggio, domani sarà una Lunga Lunghissima Giornata di Rientro.

Comunque sia, alla fine di tutto, lo rifarei.
E ancora, e ancora, e ancora.
Come sempre.




mercoledì 21 luglio 2010

Francia - sesto tamburello






Un tripudio di risate - sul finire della sera e della pizza - ha sconquassato pance e mandibole, sulla scia delle imprese fluviali di qualcuno della ciurma che ha voluto essere ruzzato dalle onde del fiume - giusto per vedere che cosa si prova a stare a testa in giù mentre le rocce ti scorrono a due dita dalla testa. Tutti quelli che hanno provato si sono comportati egregiamente e, nonostante qualche livido, camminano a venti centimetri da terra per aver osato dove gli altri si sono rifiutati.

Mentre aspettavamo la pizza, un gruppo di figliole francesi che prendevano l'aperitivo in un tavolo pericolosamente vicino a noi ha alzato il livello ormonale della ciurma, che tutta assieme si è prodigata in sguardi intensi, risatine, camminate tamarre e rutti acrobatici. Col risultato di far allontanare le avventrici e far arrossire a morte l'unica ragazzina del gruppo.

Tutt'attorno a noi, nel frattempo, il campo si sta rianimando. Dopo qualche giorno di calma piatta, sono arrivati campeggiatori da tutta Europa: Gran Bretagna, Danimarca, Slovenia, Germania... Tra gli altri:

- due famiglie tedesche di circensi di strada ("Zirkus Applaudino: we still have a dream!") che viaggiano per l'europa e fanno piccoli spettacoli di giocoleria e teatro. Noi ci godiamo le loro prove: difficili, sprezzanti e assolutamente affascinanti - dal momento che i protagonisti hanno tutti tra gli 8 e i 14 anni. Sono proprio quelli della foto!

- una manica di pazzi scatenati da Cardiff che affrontano il campo di slalom armati solo di pagaie e materassini gonfiabili (da segnalare il tizio che scendeva a cavallo di un coccodrillo con maniglie). Vederli governare le acque in tal guisa è stato lo spettacolo più emozionante e - allo stesso tempo - avvilente a cui abbia mai assistito!



Due cose a lato di tutto.








La prima è che ieri sono passati 9 anni dalla morte di Carlo Giuliani durante le manifestazioni alternative al G8 di Genova nel 2001. Mi piacerebbe molto iniziare a sentire qualche discorso su come riorganizzare un ritrovo coi fiocchi per i dieci anni, l'anno prossimo.

Non tanto dieci anni dalla morte di Carlo, ma dieci anni da quando una vera dimostrazione di volontà complesse, alternative, internazionali e possibili sono state sistematicamente represse e impaurite. Dobbiamo ritrovare il coraggio di allora: sarebbe davvero il caso di unire i mille discorsi critici che stanno riprendendo piede oggi, per ritrovare quello spirito complesso e unitario che aveva il Movimento dei Movimenti.

Acqua pubblica, libertà di stampa, lotta alle mafie, salvaguardia dei territori non edificati, qualità della scuola pubblica, lotta al predominio televisivo nella formazione delle culture e delle coscienze giovanili, energie rinnovabili e alternative, no al nucleare, legge contro il conflitto d'interessi, la verità su L'Aquila, i movimenti No Tav e No Dal Molin, la verità sugli scontri del G8, la verità sulle stragi d'ogni ordine e grado e tutto quanto un Paese critico e coscienzioso dovrebbe mettere sul tavolo per non toglierlo più, fino a risoluzione trovata.

La seconda, più frivola, è che la settimana scorsa ho letteralmente divorato "Le Mappe dei Miei Sogni". Un libro che consiglio a chiunque abbia ancora voglia di buttarsi in qualcosa di nuovo armato solo dei suoi vecchi vestiti e di un pizzico di sana incoscienza.




martedì 20 luglio 2010

Francia - quinto charleston






La nuova ciurma è la Steve Miller Band.
Psichedelici, famelici, schizzati, rockeggianti,
con gli spiriti accesi come i neon a Las Vegas.

DomenicaLunedìMartedì come matti:
Su e giù dalle canoe, a tuffarsi dai ponti,
a far piroette, a sparar parole al vento,
a far saltare il gommone tra le onde,
a commentar le ragazzine,
a cercar di approcciar le ragazzine,
a curarsi le ferite per i rifiuti delle ragazzine,
a sfoderare risate che alla fine fan sparire tutto.

Ed io mi ritaglio il tempo per leggere Thoreau,
ascoltare i Creedence Clearwater Revival,
sussurrare dolcezze ad un tramonto lontano e
impomatarmi il cuore per quando ci migrerò dentro,
cucinare cenette coi fiocchi con quel che rimane,
sonnecchiare guardando le cime degli alberi di straforo nel sole.






lunedì 19 luglio 2010

Intermezzo



Sabato notte, tra il rientro dal primo campo
e la partenza per il secondo,
l'intermezzo è stato un sogno.

Un sogno d'amore perduto,
come l'acqua dei ghiacciai
dispersa in mille rivoli verso valle.

Che si raccoglie in fiumi e laghi,
e corre corre corre,
verso altre terre, altri mari
e non conosce nostalgie.



venerdì 16 luglio 2010

Francia - quarto doppia grancassa






Tra una doppia discesa in gommone, una visita alle miniere d'argento e un pic-nic in cima al mondo, gli ultimi due giorni sono volati via. Il campo domani finisce e paradossalmente la ciurma ha trovato il suo equilibrio.

Sono stati due giorni difficili, pieni di litigi e dispetti - in pieno dodicenne style. Mi sono dovuto mordere la lingua più di una volta, e confesso che un paio di altre volte non ci ho nemmeno pensato: sfoggiando lo sguardo Ahab più rabbuiato che potevo o optando per le urla di un Capitan Uncino collerico e sbragato.

Ma alla fine la ciurma ce l'ha fatta. Da qualche ora si sono riuniti tutti senza insultarsi, hanno cenato ridendo senza tirarsi l'acqua addosso, hanno cominciato a fare assieme la corte alle francesi (Lisa, quella con le tette grosse, è la più gettonata - neanche a dirlo - anche se Mirianna, la mulatta, le ruba il palcoscenico non poche volte).

Assieme giocano a ping pong sotto il vento imperterrito. Assieme hanno ripulito il ciarpame che hanno lasciato nella dispensa e nelle tende. Assieme hanno sgonfiato il gommone e lo hanno preparato per chi verrà domani al posto loro.

Assieme, al tramonto, si sono stesi nel gommone a disegnare le nuvole - trovandoci maiali con le gobbe, cani rampanti, draghi sputafuoco, enormi simboli fallici, barche, clown, mucche, seni giganteschi, tori arrabbiati, bambini a gattoni e mille altre cose adorabilmente inverosimili.

Saranno state le urla, i litigi, gli scherzi e le strigliate, sarà che sono marinai dodicenni, sarà che fare da unico equipaggio - volenti o nolenti - ti costringe a ragionare in sincrono. Sarà, sarà, sarà... Tanto basta per dire che stasera è una bella sera.

Una di quelle nella quale si respira l'aria della fine campo: quella strana nostalgia decisamente estiva di quando hai dodici anni e passi sette giorni stretti stretti con qualcuno che non hai mai visto prima e inizi a conoscerlo "davvero": magari esagerando, magari innamorandoti dell'unica ragazzina della ciurma, magari instaurando un'amicizia che altrove nel tempo e nello spazio non avrebbe mai attecchito.

Quella strana nostalgia decisamente estiva di quando hai dodici anni e sai che domani l'avventura finisce.

E allora desideri solo di stenderti in un prato con le teste dei tuoi amici vicine vicine, a guardar le stelle e raccontare della francese che voleva baciarti, però domani riparti...





mercoledì 14 luglio 2010

Francia - terzo doppio tom





La regione nella quale ci troviamo è chiamata Le Alpi dell'Alta Provenza. La si raggiunge facilmente passando sulla circonvallazione di Torino e seguendo la Val di Susa fin quasi in fondo, salvo poi svoltare verso il Monginevro, scavallando le Alpi e arrivando nella Valle della Durance attraverso le fortezze di Briançon - accanto al Parc national des Ecrins .

La Durance è un fiume immenso e immane, il cui bacino idrico è tra i più estesi e variegati di Francia, grazie alla conformazione geologica di monti e colli, che si susseguono in una serie di gole, precipizi, morbide valli e piccoli altipiani. In alto, sulla cima delle montagne più lontane, svettano bianchi i piccoli ghiacciai che ancora si riescono a vedere: le loro acque stanno già alimentando tutti i corsi d'acqua della zona, e questi lo testimoniano con un colore tra il grigio e l'azzurro lucente - che vien freddo solo a vederlo. La valle attorno è un continuo inseguirsi di campi verdi e gialli, di pioppeti verde-banchi e saliceti verde-argento, che poi si diradano in una serie di abeti verde scuro che si arrampicano in punti inspiegabili.

La valle è stata sfruttata per attività mineraria fino a qualche tempo fa - come testimonia la toponomastica dei luoghi . Ora sono le falegnamerie e le aziende per le eco-costruzioni in legno a dettare legge, anche se in realtà l'economia dell'intera regione è stata ampiamente rifondata sullo sport e sulle attività del tempo libero in natura. Trekking, rafting, torrentismo, canoismo d'ogni genere, nordic-walking, parapendio, aquiloni d'assalto, tree-climbing, sci, arrampicata: questi sono solo alcuni degli sport che si possono praticare nelle diverse stagioni. È persino nata una scuola professionale dello Stato per l'Acqua Bianca (l'Eau Vive, come la chiamano qui): una vera e propria scuola per formare future guide rafting e canoisti d'alto corso.

Tutto questo è la ragione per cui ci troviamo qui. Un campeggio attrezzato vicino all Stadio dell'Acqua Bianca e un laghetto di acqua sorgiva ci permettono di allenarci in santa pace, per poi sbizzarrirci con qualche discesa un po' più impegnativa. La ciurma di questa settimana è composta da me - istruttore di base di canoa e giovane guida rafting -, Claudio - canoista esperto e angelo custode della compagnia -, e otto piccoli nanetti tra i dieci e i quattordici anni, quasi alle prime armi con pagaie e fiumi in movimento.

Oggi siamo al giro di boa: arrivati domenica, li riporterò in Italia sabato. Dopo tre giorni intensi, con svariati in acqua piatta, una sessione di nuoto in corrente e una breve ma movimentata dicesa in gommone, questa mattina la dedicheremo a visitare i dintorni e acquistare qualche cibaria in più (ché i piccoli marinai sanno svuotare la cambusa più velocemente di quanto non riescano ad infilarsi un caschetto). Io, poi, devo trovarmi un po' di Lasonil non scaduto, che ieri mi sono fatto ruzzare per bene dal campo slalom, rischiando di perdere la canoa (recuperata da Claudio) e di triturarmi qualche osso sulle rocce - solo per guadagnarci il gusto di riempire le gambe di bozzi gonfi e violacei e di sentire tutti i muscoli intirizziti per i tre minuti abbondanti di nuoto in un terzo grado pieno, in acqua ghiacciata.




lunedì 12 luglio 2010

Francia - secondo rullante






La fatica solare, il sole che spacca, il vento che frega.
La pioggia che manca, che manca
e poi spazza i pensieri.
I piccoli marinai che sbuffano e ridono
e si tuffano e s'impegnano.
Le colazioni gridate, i pranzi bruciati.
Le capriole in acqua, i sorrisi meloni.
Le ragazzine francesi che passano
e ridono, e ridono, e ridono,
con le mani davanti ai sorrisi.
I ragazzini italiani che le vedono passare
e guardano, e guardano, e guardano
con gl'occhi sgranati di chi ha scoperto il Divino.
La vacanza che non è una vacanza, ma è una vacanza.
Una voce tanto lontana, ma ch'è tanto vicina
da sussurrare dolcezze.
La pelle che brucia, contenta d'essere,
provare, fare e disfare.
Le mani, le braccia, le gambe:
vive, come l'acqua bianca all'intorno.
Il domani, che è solo domani,
e stasera che è solo sonno felice.


domenica 11 luglio 2010

Francia - primo rullante




I Clash nelle orecchie spaccano i timpani di energica allegria.
I piccoli marinai se la giocano saltando sul gommone vicino alle tende,
senza ricordare nemmeno una delle fatiche del viaggio.
Il tramonto rosso fuoco si spalma su nuvoloni minacciosi
e incombenti, oltre gli enormi gigni delle montagne.
Lingue ocra di vecchie frane primaverili leccano i fianchi delle colline,
cosparse di boschi calvi, verde smeraldo.
La pelle, lisciata dopo l'acqua e il sapone,
richiama da lontano mani che la possano sentire e riaccendere.
L'aria fresca e umida promette battaglia per la notte,
e fa dei lampi in lontananza i suoi araldi privilegiati.
Il domani promette fiumi, laghi, acque ghiacciate, nutella, latte,
paste scotte e troppo salate, risate, tanta stanchezza, sole a non finire.
Testa vuota e pensieri concentrati.


martedì 6 luglio 2010

Altre fronde, all'improvviso...





E mentre la testa viaggia verso Sud, sono entrati nella mia vita con propotenza altri due testi:

- il Walden di H.D. Thoreau, testo sacro di anarchia filo-antropo-naturale, mai veramente finito di leggere perchè prestato ad una delle Ragazzine Cresciute andata a vivere altrove, ora felicemente recuperato

e

- il meraviglioso Le Mappe dei miei Sogni di Reif Larsen, vero e proprio compendio di food-for-thoughts per geografi, cartografi, grafomani, messianici e diversamente socializzati in generale. Il tutto romanzato nell'avventura transamericana di un ragazzino tanto talentuoso quanto inadeguato.



P.s. Recentemente ho anche divorato La Luna e i Falò, di Pavese. Difficilmente ho trovato altrove così tanta, toccante, intima affinità del sentire e raccontare.




La testa a Sud





La frenesia per il lavoro è sempre stata mia compagna di vita - un po' scelta, un po' imposta. Si appollaiava sulla spalla e mi fischiava nelle orecchie piccole melodie altalenanti che risuonavano nella pancia e nelle gambe, col solo risultato di farmi correre e saltare di palo in frasca senza mettere piede in fallo, per poi ottenere qualche risultato insperato.

Ora, però...

...Proprio ora, che mi piovono proposte di progetti e di finanziamenti dentro al cappello come le monetine per mendicanti. Ovviamente da scrivere e presentare in doppia copia per dopodomani, tipo.

Ora che dovrei tirare le fila di tutto un anno di sacrifici gargantueschi. Per cercare di cavarne qualcosa di più che una sana soddisfazione.

Ora che devo organizzare una giornata per 90 marmocchi in un posto che non conosco, con gente che non conosco, per giovedì mattina. E, nemmeno a dirlo, far sì che il tutto risulti geniale, ripetibile e a basso impatto economico.

Ora che sono il solo che può ancora mettersi a raddrizzare le cose che io e i Soci abbiamo tirato in piedi senza livella e senza filo a piombo. E non parlo della casetta di campagna costruita a scuola.

Proprio ora.

Proprio ora, la mia testa è in vacanza.

E la frenesia non ha più orecchie che la stiano a sentire.

La mia testa è persino oltre gli incombenti fiumi francesi - da incontrare tra sabato e domenica per tenere un campo canoa di due settimane con qualche pirata in erba. Ché quello è un bel lavoro, invidiabile e tutto, ma sempre di lavoro si tratta.

No, no.

La mia testa ora è proprio in spiaggia.

Una spiaggia lontana: fatta di sassolini bianchi, circondata da casette bianche, circondate a loro volta da piccole montagne di rocce bianche e boschi verdi.

Una spiaggia con le onde dolci, il cui rumore infrange lieve il sogno di un bacio, una preziosa lettura, un filo d'ozio dorato e sovrapensiero.


giovedì 1 luglio 2010

Settling down, a little bit...





C‘era stato un tempo in cui, nella carovana, “Minaccia” era una parola tabù. Di quelle parole nella testa di tutti, sulle labbra di nessuno. Tutti sentivano che spostarsi al canto degli anziani li esponeva agli umori delle altre popolazioni: della gente che viveva nelle capanne, nelle case, tra la pietra delle torri e il legno delle palizzate. Dal giorno che si erano messi in viaggio, i Nomadi avevano sempre viaggiato con i loro carrozzoni pronti, e non avevano mai avuto altro che le pelli delle tende a difenderli dalle stelle e quattro fuochi a difenderli dai lupi. O dai malumori dei Murati Vivi: quelli che uscivano dalle mura coi forconi per scacciarli dai “loro terreni" - gli stessi che chiedevano cure, predizioni, lavoro duro e canzoni.

Ora che la carovana si era decisa a fermarsi più a lungo in quel posto tanto cercato e tanto anelato, “Minaccia” non era più un tabù. Quella parola iniziava a risuonare sulle labbra di tutti, e aveva il sapore di una cosa vecchia, passata. Era successo che, piantando tende meno provvisorie e trasformando i carrozzoni in grandi sale comuni, tutta la carovana aveva dovuto cambiare ritmi e modi. Si era dovuto guardare l’Intorno senza viaggiarci attraverso. Ci si era dovuti dare il tempo dell’attesa, e non dell’andare: per l’attesa di conoscere i boschi e le risorse, s’erano inviati gli uomini; per l’attesa di conoscere la lingua del posto e i modi di dire d’altrove, s’erano inviate le donne; per l’attesa di sapere di usi e costumi, s’erano inviati giovani e fanciulle. Tutti erano partiti con doni e notizie dal mondo attorno: tutti erano tornati con notizie, doni e ospiti incuriositi – senza forconi né pretese.

Gli anziani sapevano che i loro canti li avevano guidati giustamente, che il loro tempo era arrivato, che era tempo di cantare nuove parole, nuove strofe. La frenesia c’era ancora, ma non era più quella dei bagagli pronti: era più quella della trasformazione, di un intreccio in evoluzione. Quella di uno Spirito guida che trova il terreno in cui seppellirsi per sempre e da vita ad una Pianta-tra-le-piante. Era il tempo di cantare questa trasformazione, era tempo di aprire alle “minacce” e di accoglierle, per ri-conoscerle e ri-conoscersi.

Se – o quando – un giorno la carovana si fosse rimessa in movimento, i nuovi anziani avrebbero saputo trovare un rinnovato Spirito guida ed intessere nuove canzoni del cammino, nuove strofe dell’andare. Ma non ora.




sabato 19 giugno 2010

Maremosso







Anche essere un educatore tra le Ragazze Cresciute mi richiama spesso alla mente le fantasiose letture ottocentesche che preferisco: quelle che raccontano di marinai, caccia alle balene, ricerche infinite di tesori, tradimenti e amicizie indissolubili nate e cresciute tra il sudore e i calli della vita.

Purtroppo, in questi giorni nei quali il nostro amato Paese sembra essere migrato per intero alle latitudini tipiche dei Monsoni... In questi giorni nei quali gli uragani con grandine e fulmini e scrosci portentosi sono all'ordine del giorno... In questi giorni nei quali il sole ridente sembra essere improvvisamente incappucciato e battuto come un desaparecido argentino... Proprio in questi giorni, la ciurma metereopatica svela tutti i suoi trucchi, i suoi inganni, le sue paure e le sue rabbie.

Il Capitano conosce la rotta a memoria, gli ufficiali conoscono le carte, ma la ciurma naviga a vista, in mezzo a tempeste metereologiche ed emozionali, irrazionali e reali, razionali e irreali... Così tutti noi siamo costretti a fronteggiare le rivolte in mezzo alle tempeste.

E il Capitano tiene stretta la rotta, mentre grida vigoroso gli ordini tra il vento e le nubi. E noi - nostromi, ufficiali e sottufficiali - li cogliamo a malapena, nascosti tra le parole a mezze labbra dei marinai: gocce violente dal cielo che ci insultano l'anima e il viso. Per poi riportarli, quegli ordini, con il cipiglio preoccupato di chi ha tra le mani non direttamente il timone, bensì le braccia, le gambe e la vita di quegli stessi marinai.




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venerdì 18 giugno 2010

Di fiumi, baci e mari lontani







Noi,

che sappiam di terra e aria smossa
di piogge
e foglie strappate
di secche e radici divelte,

Ci si chiede quanto a lungo
si possa aspettare
un bacio che sappia di mare:

che del sale pare avere
l'ardore, delle onde il ritmo
e dei riflessi il sorriso.






lunedì 7 giugno 2010

I colori del giorno





Il grigio lucido per il cielo del mattino da sperare,
il giallo e il marrone per la legna la paglia e la fatica da affrontare,
il rosso per i martelli i segacci e le corde da smadonnare,
il nocciola pungente per gli occhi da conquistare,
il verde lucente per le fronde dei castagni ad ombreggiare,
il bianco per i denti e la pelle da mostrare,
l'antracite luccicante per il lago da sorvolare,
il rosa per le labbra da gustare,
l'azzurro per il cielo del pomeriggio da rimirare,
l'avorio per le nuvole e la pioggia da soffiare,
il blu per la stanchezza da serrare,
il rame scuro per i capelli da annusare.




giovedì 3 giugno 2010

Colpi di grazia






Se i vecchi cowboy, davanti al loro cavallo azzoppato e ormai perduto, avevano la forza di estrarre la colt e dare al fedele compagno di viaggi un vero Colpo di grazia con l'orgoglio dei cuori inconsolabili...

...Noi marinai di foresta, davanti allo scafo sfondato della nostra fedele canoa non possiamo fare altro che caricare la carcassa inerme sulle spalle, accompagnarla a bordo strada, fare 10 km in autostop per arrivare ai mezzi, recuperare lo scafo abbandonato e tornarcene a casa con il groppo in gola.

Poi, ecco, anche sull'essere inconsolabili, è tutta un'altra storia.


lunedì 31 maggio 2010

A vicenda






Avventure e persone,
le une con le altre,
si richiamano e ricamano :
tessendo, col filo ambrato delle cose vive,
una trama indistricabile e damascata.

Il risultato è un arcobaleno tra le dita,
che è un po' tela di ragno,
un po' trampolino rimbalzante
e un po' cielo di cotone.



venerdì 28 maggio 2010

Sapori della vita






Tempi così contrastanti e gonfi d'emozioni non si ricordavano da anni. Forse da mai. Si erano alternate esperienze dai sapori più diversi, e la bocca ancora poteva distinguerne i singoli retrogusti.

C'era il sapore pungente del rafano, che riportava alla mente il trauma e la liberazione di una separazione definitiva, di quelle che si trascinano in un interminabile balletto di lividi e unguenti, finché i danzatori non si rendono conto che di quella danza straniante e deliziosa ne stanno morendo.

C'era il sapore morbido dell'imbarazzo, ad incrociare gli sguardi mentre i sorrisi si facevano risate e tutto il quadro si arricchiva d'una mano che arricciava capelli lunghi e castani, mentre l'altra si stendeva sul tavolo in attesa di un tocco fintamente casuale.

C'era il sapore aspro e dolce delle more di gelso, frodate con gli amici in un campo dietro al cimitero d'un paesino di fiume, mentre la luna piena creava ombre profonde e buie: tana e rifugio di centinaia di lucciole, tornate dal paradiso per la nostra meraviglia.

C'era il sapore verde dei fili d'erba, strappati e infilati tra le labbra alla conclusione delle mattinate più intense, passate a camminare e mostrare il mondo piccolo ai piccoli del mondo, quando poi ti sdrai sul prato e senti il mondo che ti sorregge e ti culla.

C'era il sapore conviviale della pizza, annaffiata di chiacchiere infite tra sesso, religione, vizi e filosofie, e di innegabili racconti sugl'amori passati, presenti e futuri.

C'era il sapore dolce dei petali di robinia, che cascavano in mezzo al bosco come neve ancor più lieve, imbiancando i corpi sdraiati e addormentati all'ombra maculata: tra scaglie di sole, radici, formiche e coccinelle.

C'era il sapore deciso del formaggio stagionato, stemperato dal miele di castagno, a ricordare gli entusiasmi ingenui che animano il sottobosco di queste terre, desideroso di farsi sentire con voci nuove e rinnovate.

C'era il sapore dell'incertezza, quello delle scommesse volute e cercate, del baratro sotto i piedi prima di stendere le ali: dannatamente simile al sapore metallico dei baci rubati e mai più restituiti.


giovedì 20 maggio 2010

Nomade è chi lo nomade fa!






Avendo un'indole inquieta e sempre alla ricerca di radici, i nomadi hanno fatto una scommessa. Importante per qualcuno, imponente per altri, azzardata per altri ancora.

La scommessa prevede di non levare le tende per un pezzetto di vita da un certo fazzoletto di terra, stretto tra sei o sette laghi, un paio di fiumi, qualche bel colle e una pianura di risaie e zanzare.

E non solo: durante questa radicata e inquieta ricerca, in quella terra d'azzardi vorrebbero anche infilarci le mani, e provare a cavare sangue dalle rape, trasformare il piombo in oro, sfornare ciambelle senza buchi.

Visto il salto di paradigma verso il radicamento, sarà bene immaginarsi un altro nome, un altro modo di raccontare, un altro modo di vedere le cose... o forse sarà sufficiente mantenersi nomadi dentro?



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lunedì 17 maggio 2010

Emersioni





La sensazione è quella di riemergere dopo una grande apnea, alla fine di un'avventura poderosa.

Penetrati nell'antro oscuro, abbiamo combattuto draghi assassini e farfalle carnivore, ci siamo fatti in quattro per recuperare le pietre magiche e poi, proprio mentre tutto crollava e bruciava di esaltazione, ci siamo tuffati nella baia rumoreggiante e scura - in fondo alla quale una strana luce azzurrognola faceva sperare nella classica via di fuga.

E poi ci siamo ritrovati a galleggiare in pieno oceano, girandoci a guardare il vulcano che si era appena risvegliato - ultimo guardiano di quelle pietre che avevamo sottratto.

E galleggianti, alla deriva, ridevamo e sbattevamo le mani sull'acqua... Per vedere il piccolo clipper amico all'orizzonte. Così abbiamo iniziato a nuotare in quella direzione, con il peso leggero del bottino nella sacca a tracolla.

Uscire da questa primavera è stato un po' così.

Siamo solo all'inizio, gente.


venerdì 14 maggio 2010

domenica 9 maggio 2010

Serendipità di maggio






Città di Corona Tramonti è la città delle sorprese maggioline,
un po' come gli ovetti di cioccolato.
Uno ci va per fare il serio, poi si ritrova a zonzo
perso per mercatini di cose ricettate,
con un vecchio amico ritrovato
a parlar d'amori, d'arme e belle gambe.