"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


martedì 23 dicembre 2008

Ovunque vai, ci sei già...









Che la mania di andare non placa mai.

E tre mesi di quattro mura e un tavolo si fanno sentire.

Nelle ossa intorpidite, nel ginocchio che vorrebbe star male, nello spirito che langue.

Quindi zaino in spalla.

Si va in mezzo alla neve.
Quella seria.




giovedì 11 dicembre 2008

Turbinando









Preso tra gli affanni della vita solitaria, mi rendo sempre più conto di quanto il tempo mi sfugga sotto il naso, infilandosi nella sciarpa, tra le pieghe del cappoto, come una sbuffata d'aria fredda ingrata e certosina.



Stanno filando bene, queste giornate di vita vissute un po' come essere adulti , ma non troppo.



Filano via veloci tra una balena in legno e qualche bastone magico, lavorati e levigati in serate solitarie passate a rivedere vecchie glorie come Moby Dick, LadyHawke, La Cosa e i succulenti 26 episodi di Cowboy Bebop. Che tanto non stancano mai.



Filano via con la ruvida carta vetrata tra le mani, e il legno liscio sotto le dita, e la polvere profumata sparsa un po' sui pantaloni e un po' tra i capelli.



Filano via veloci tra una riga di Potter ed una di Nietzsche, che si mescolano amabilmente tra pensieri un po' apocalittici e un po' farfalloni, in quelle domande tutte interiori che vagano tra Chi sono io? e Avrò mica bisogno di coccole?



Filano via come il Rhum, che dalla cambusa mi passa tra le mani e lo vedo finire nelle casse degli artigiani e commercianti sotto casa: barbieri, ortofrutticoli, alchimisti, focacciari...



Filano via che tra una dichiarazione d'amore coi fiocchi (di neve) e una di amicizia con le palle (di natale), ricevo più affetto che un bambino nella culla, non sapendo bene che cosa ridare in cambio, se non quello che sono.

E il punto è che non lo so più con certezza. Da un po'. Che il vento soffia da un pezzo, tanto che anche i muri iniziano a gemere.


Perchè le giornate filano via, ed io, con loro, sono in mezzo al turbine.

Bisogna portar pazienza.
E continuare a scavare.

Ancora per un po'.




mercoledì 3 dicembre 2008

Condivisioni partigiane









Sai quando ti ha sussurrato Che bello, si vede che siete felici?


Al di là di tutto, quel giorno, eravamo felici davvero.


Tu di presentarmelo, io di conoscerlo.


Tutt'e due di avere un pezzetto enorme della tua vita da condividere.





Un po' di mare dentro, e fuori










Non sono fatto per restare in città.
Che io ci sia nato o ci sia diventato, insofferente alla claustrofobia da lastricato e cemento, non saprei dirlo. Dico solo che dopo qualche minuto passato nel mezzo di un ingorgo di viandanti, se riuscissi ad afferrare la prima scopa volante nei dintorni mi alzerei in volo ancor prima di aver detto Quidditch!



L'unica città che mai e poi mai mi ha fatto sentire così legato, è Città dei Vicoli.
Con i suoi labirinti, con i suoi odori, le sue puzze, i suoi pezzi di cielo, le sue vie sempre quelle mai uguali. Il suo mare.

Il mare a Città dei Vicoli è fondamentale. Ma non perchè dà lavoro ai portuali e a tutto il mondo, da quelle parti. Anche, ma non per quello. E' fondamentale, perchè la Città gli respira addosso.

Come in un enorme, collettivo esercizio Zen. Ci si ingabbia nello stomaco tutte le preoccupazioni della giornata, poi si apre una finestra, si svolta una curva, si sbuca da un angolo... ed il mare è lì. Immenso e inevitabile.
E il respiro, le tensioni, ti escono fuori.
Scivolano via. Non dalla bocca: dall'ombelico.
E ti senti vuoto. Libero.




La stessa insofferenza che nutro per la città, la nutro per il lavoro fatto nelle Stazioni di posta. Al chiuso. Quelli senza viaggi, senza avventure.




In queste giornate di aria frizzante e cieli tersi, passati a guardarle scorrere da dietro un pesante vetro a quadrettoni, dovrei sentirmi come un orso russo: blindato in qualche circo a ciondolare il testone da una sbarra all'atra.


E invece no. A dirla tutta, la testa vaga per le lande infinite dei ricordi e della fantasia, ma mai più del dovuto.


Di Stazioni di posta, lungo il mio cammino, ne ho viste parecchie. Ce n'era una nella quale mi sono ritrovato a preparare intrugli quasi immangiabili per viaggiatori volanti, un altro nel quale mi si voleva sorridente anche se le persone con le quali parlavo stavano al di là della cornetta, e un posto nel quale intessevo strane notizie inventandole o rappezzandole qua e là.


Insomma, come un buon viaggiatore, un po' nomade e un po' no, ci sono stati momenti della vita nei quali ho preferito fermarmi dal continuo vagabondare, e prendermi una pausa, tirar su un po' di Rhum da barattare con un pezzo di pane o altro. Ed è sempre stato uno strazio.


Però, di Stazioni di posta come quella nella quale mi sono fermato ora, non ne avevo mai trovate.

Perchè se è vero che lavoro sodo e la testa mi gira e anche fatico a starmene seduto, spesso mi ritrovo a passeggiare nel cortile o sotto il portico, sorseggiando un caffé lungo e guardando le nuvole, preparandomi a qualche strano avvenimento che presto incomberà sulle nostre testoline fumanti. Insomma, mi sento quasi a Casa. E per un viaggiatore irrequieto vuol dire molto, ve lo assicuro.



E' un po' come guardare il mare.
Solo che è dentro.





domenica 30 novembre 2008

Tu, dì poche parole...






Un'attesa è sempre un'attesa.

Ma poi, quando sei lì, sulla panchina,

che la neve ti si fredda addosso,

e tu, sotto la coperta, te ne infischi,

vedi un uccellino che si posa:

muove la coda,

zampetta,

e sembra dire,

Andrà come andrà,

un'attesa è sempre un'attesa.

Gustala.


venerdì 28 novembre 2008

Attese bianche










Con la neve, qui sulla panchina,
le gambe le ho coperte con una trapunta di lana,
a scacchi colorati.

Il fiato mi volteggia intorno alla faccia,
indugiando un po' tra la sciarpa e il cappello,
mentre i fiocchi si fermano tra le mani aperte.







giovedì 27 novembre 2008

Estremismi educativi











Sono in preda a "Shopenhauer come educatore" di Nietzsche.


E sono ostaggio del Quarto libro di Potter.





lunedì 24 novembre 2008

Razzismi animali








Freddo cane, neve che scende a dirotto, terreno gelato e silenzio ovattato tutt'attorno.

I bambini lungo il sentiero sono 88. Come gli 88 folli di KilBill, solo silenziosi, precisi, attenti e volenterosi. Con la neve è tutto surreale, anche un po' inverosimile.

E' la giornata conclusiva di 2 mesi di lavoro.
Ricerca del percorso, ricerca degli elementi naturali e antropici che è possibile osservare, raccolta delle informazioni in biblioteca e su Internet, stesura dei testi, uscite di prova, correzioni e ripetizioni orali.

Un sentiero di 3 km, 20 tappe descrittive su alberi, fiori, fauna, palude, pista ciclabile e tutto il resto.

Con le nuvolette di fiato che escono copiose, prendo la parola - Lungo il nostro percorso, siamo arrivati alla tappa numero 12, "I Cormorani"... Dove sono i bimbini che ci devono parlare dei cormorani?

Entusiasti, quattro bimbi si staccano dal folto gruppo - Eccoci!

Col sorriso li accolgo in mezzo al grande semicerchio di persone - Bene... avvicinatevi... gli altri possono stare un attimo in silenzio? Grazie... Bene, ragazzi, io mi sposto vicino alle prof e vi ascolto... Cominciate pure!

E loro partono, mentre tutti tacciono e io ancora non ci credo che stia andando così bene - I cormorani sono uccelli acquatici, abili nuotatori e bravissimi pescatori...

Una prof mi prende da parte per sussurrarmi qualcosa.

- Eh, è proprio vero! Io li sterminerei tutti!

- Chi mi scusi?

- I cormorani, no?

- Perchè?

- Come perchè? Non sono mica di queste parti, vengono dalla Juguslavia e mangiano tutto il pesce che c'è nella nostra palude! Non sa che disastro stanno facendo?

- Come dalla Jugoslavia? Non sono autoctoni, sono migratori, ma mica vengono "dalla Juguslavia", non sanno nemmeno cosa sia...

- Ah, non facciamo del naturalismo ad oltranza, sa? Sono da rimandare al loro paese! Dobbiamo insegnare ai nostri bambini a difendere gli ecosistemi locali!

- Ma, scusi, gli ecosistemi non sono sistemi chiusi... sono sistemi aperti, che interagiscono con l'un con l'altro... Posso capire la regolamentazione delle specie, ma parlare di sterminio...

- No, macchè sterminio! Non ho mica detto sterminio in senso di sterminio! Dico che dobbiamo cacciarli via! Mandarli da dove vengono! Io qui non voglio i cormorani, voglio gli aironi cenerini!

- Sì, ho capito... ma allora che cosa mi dice delle Querce rosse? E delle Robinie? Nel Settecento mica c'erano.. le hanno importate, si sono fatte strada e ora hanno quasi fatto sparire le farnie e gli altri alberi autoctoni... è normale... che cosa vuole, bruciarle tutte?


- Lei è un naturalista estremista!

- E lei, con tutto rispetto, non sa quello che dice.


Ovviamente i toni della discussione si sono alzati, fino quasi a sostituirsi alle dolci voci degli innocenti bambini. E molte sono le facce rivolte verso di noi.

La prof se ne va imbronciata.
Io sorrido e chiedo a tutti di spostarci alla tappa numero 13...








sabato 22 novembre 2008

Lettera di un solitario novello












Vorrei qui, davanti a Voi miei più cari affetti,
prendere in considerazione alcuni pensieri che vanno vagando liberamente, da ormai qualche tempo a questa parte, per le stanze del mio animo, il più delle volte passando da una camera all'altra con grande fracasso e sbatter di porte e inferiate.

Vedete, alcuni ed alcune di voi, si fregiano di potermi dire chi sono e cosa faccio della mia amabile seppur semplice vita. La qual cosa non è per nulla disprezzata, qui dalle mie parti, non fosse che taluni e talune di voi hanno la malcelata abilità di usare parole taglienti quanto la sottile ceramica bianca delle stoviglie in frantumi.

Ancora peggio, se fosse possibile, è la condizione di tal altri e tal altre che, più amabilmente forse nei modi, a me si avvicinano con grandi fusa e bisogno d’affetto, per poi ammutolirsi e allontanarsi dopo aver incontrato il mio sguardo che li - o le - interroga, chiedendo loro un seppur misero giudizio di approvazione per il mio menare questo corpaccione bonario in giro per i cortili del mondo.

Ecco, lasciate dunque che vi dica, senza alcun fronzolo di diplomazia - a me per altro cara sin dai tempi della più immemore gioventù - che tali sguardi di accondiscendente disapprovazione hanno francamente stufato, passando ogni limite di decenza e benevolente sopportazione. E non sarebbe così, se non foste proprio voi i proprietari di tali sguardi.

Perché, vedete, nella vita ho sempre amato consegnando il cuore nelle mani della persona amata, smisuratamente, intimamente e pubblicamente, senza mai fare segreto di questa mia inclinazione al sentimento fiero e verace, a questo mio espandermi finanche ad inglobare la persona amata, allacciando in lei i fili che muovevano i miei arti, le mie membra, le mie ossa e i miei pensieri.

E tale comportamento, capirete bene, mi ha sempre portato a vivere nel mondo come il guardiano di un faro, tutto proteso tra le onde incombenti e il fuoco, lassù in cima, da tenere acceso: immerso nel vuoto e collegato al mondo con pochi e rari spostamenti. Poco propenso alla vita tra grandi numeri di persone, ho sempre preferito, e voi lo sapete bene, gli incontri più intimi, nei quali intrattenere discorsi non di circostanza, ma profondi e lungimiranti, alle volte persino filosofeggianti e astratti, volti per la maggior parte a sviscerare qualche condizione di umana infelicità, al fine di ritrovarne un senso ed un capo, per capire dove poi sarebbe stato bene intervenire, e come.

Amici, voi che mi guardate con feroce accondiscendenza, e voi altri che mi parlate duramente, questa mia spiccata incapacità - sarebbe oltremodo delizioso poter dire desiderio - di una vita mondana, si sta, di questi tempi, trasformando in una sorta di disprezzo per tutte le situazioni nelle quali gentiluomini e gentili donzelle si riuniscono al solo scopo di dar fondo ai propri istinti sociali e appagare un bisogno - a mio avviso indotto - di felicità collettiva.

Per questo vi invito a riflettere sulle mie scelte di vita. Sul mio spostamento in una tana tanto lontana da voi tutti e da quel mondo che non riesco più quasi a riconoscere, da quella Società che vorrei così tanto poter amare, ma che mi appare come un ammasso di stupide risate e impegni a vuoto.

Per questo, ancora, vi invito, voi che siete persone a me care, a prendere in considerazione questo mio attaccamento ad un lavoro che molto spesso non comprendete, che forse vi affascina perché distante dalla vita che fate, ma che in cuor vostro non porterà mai a nulla di vero e di concreto.

Perché, vi dico, l'andar per boschi e per fiumi, e il veder zampillare la curiosità negli occhi della gente - una curiosità non ancor adombrata dalla bramosia dilagante, una curiosità per le cose semplici e complesse della Natura, dell'Uomo e della Donna - ecco, queste scintille di curiosità sono per me la Vita.

Specialmente ora, che mi sono reso conto - e qualcuno di voi, miei cari e amati amici, cerca di dirmelo da tempo - che io, dell'Amore, per un po' è bene che ne faccia a meno. L'Amore, che tanta vita ha riempito in me, sia con la sua assenza che con la sua presenza, ingombranti e dolorose entrambe, a modo loro. L'Amore che mi turbava in continuazione, senza resta e senza pietà. L'Amore, che aveva il volto delle Meraviglie che ho amato, con tutto me stesso, eclissandomi pure, senza saper bene che fare di quel che rimaneva del mio animo stracciato e grondante sentimenti.

Ecco, voi che mi parlate taglienti e voi che mi guardate negli occhi un po' di sbieco , voi che cercate di avvicinarvi ma non sapete bene che dirmi, voi che mi volete bene ma non sapete bene come dimostrarmelo, voi che mi sentite distante e non sapete come tenermi accanto.

E' a voi che dico Da oggi, per quanto ancora non so, il mio cuore ha bisogno di tirare un sospiro, di smettere di battere così veloce da non riuscire a pensare. Di riprendere il ritmo che aveva prima che la bramosia d'amare s'impadronisse di lui, incatenandolo alla più alta e bella colonna d'avorio del creato.

E' a voi che dico, vi sembrerà d’ora innanzi ch'io sia più cinico, più solitario, più duro, più grezzo, più inattaccabile e più incapace di amare di quanto non lo sia mai stato. E così sarà, in parte. Così sarà perché, qui, attorno al cuore, ho eretto una diga. Puntellata con querce e tronchi di abete. Profumata di resine e timo e muschi. Colorata delle foglie rosse dell'autunno. Ma pur sempre una diga.

Ricordatevi, voi - solo e soltanto voi che mi parlate duramente e che mi guardate di sbieco dopo avermi amato -, di non temere per me. Di non temere che il mio cuore si inaridisca e non sia mai più in grado di provare qualcosa che per una vita mi ha dato vita, quando non cercava di togliermela. Perché, per quanto spessa possa essere, la diga serve a tenere dentro qualcosa, conservandola.

E non temete, questo ve lo chiedo in ginocchio, di avvicinarvi alla mia ricercata solitudine. Perché - di questo ne sono sicuro - senza le vostre mani, le vostre lacrime e le vostre parole, la siccità dell'animo non tarderebbe davvero a farmi visita.


Solo,
fatelo con la grazia che sapete.






venerdì 21 novembre 2008

Ormai






Sarebbe il caso, ormai,
di prendersi qualche rivincita.

Oltre alle solite soddisfazioni.




giovedì 20 novembre 2008

Sorvegliata, speciale...








Che parlarne al telefono suona piuttosto strano.

Perchè più che le parole,
ci vorrebbero un sacco di abbracci.
Stretti.
E di bacini tra i capelli
a dirti che va tutto bene , anche se.


Non potendo subito,
un anticipo lo metto qui.
Assieme a quelli delle persone
che non ti lasciano un minuto.






mercoledì 19 novembre 2008

InComprensioni anatomiche






- Buongiorno signora, sono Timothy... Son venuto a portarle l'affitto!


- Ah, buongiorno, Signor Timothy! Come sta?


- Beh, tutto bene signora... devo dire che ultimamente ho qualche problema col ginocchio...


- Eh, non mi parli di ginocchia, sa? Son stata appena operata di cataratta: ci vedevo poco... avevo perso tanto... ma non è che ho recuperato molto, sa?


- eh.. già... anche in comprensione orale, mi sa che le ha rubato qualcosina..


- Come dice?


- No, niente, eccole i soldi! Arrivederci, neh?


- Sì, sì...




martedì 18 novembre 2008

Temperature volatili









- Allora bimbini, se parliamo di energie ricavate da risorse rinnovabili, parliamo innanzitutto della luce e del calore del Sole...

- Maestro, posso chiederti una cosa?

- Dimmi...


- Ma è vero che se un asteroide colpisse la Terra, una nuvola coprirebbe il Sole e le temperature crollerebbero a picchio?


- ...





lunedì 17 novembre 2008

Sensazioni a metà






Le fatine amiche mie, tutte,
si lasciano indietro fior fior di polverine
a svolazzare dopo il battito delle ali.


Ma tu, anarchica anche in questo,
tu, quando vai via,
ti lasci indietro una sensazione
come di risate a metà

tra la soddisfazione
e il non-so-bene-che-farci
con questa soddisfazione.


E mi chiedo perchè.

E mi chiedo cos'è.



A passeggio con la Duchessa






Nel pomeriggio del Giorno del Sole, ho potuto godere di una sana e tonificante passeggiata in compagnia della dolce Duchessa di Borgogna.


Venuta a visitare la mia nuova tana, non potevo tenerla allo scuro delle meravigliose bellezze del fiume che corre a poche centinaia di passi dalla Grande Arca, incagliata su una collina probabilmente a causa di una qualche piena ancestrale finita piuttosto repentinamente.



Così, tra un dolorino al ginocchio e uno al cuore, abbiamo camminato con i gomiti vicini, sussurrando parole che snocciolavano gli aggiornamenti più importanti degli ultimi mesi, trascorsi senza mai riuscire ad incrociare le nostre vie.



Il sole tramontava. Il caldo della solare giornata d'autunno andava sparendo. Le folaghe e gli svassi si divertivano come potevano sull'acqua calma del Fiume Azzurro.

E noi passeggiavamo.

E chiacchieravamo.

Intercalando i racconti con frasine sorridenti come Oh che meraviglia!, Hai visto laggiù?, Che bello...









Pneumatici ecologici o palloni gonfiati?











Mi chiedo come sia possibile che un'azienda internazionale tra le più inquinanti e peggio assortite (Michelin, tra le maggiori produttrici di pneumatici al mondo, beccatela qui) si fregi di essere "a servizio dell'ambiente" solo perchè i suoi pneumatici "rotolano meglio" e quindi fanno consumare meno benzina.

Panico.


Ma è solo l'inizio.


Questi geni del marketing, nella loro immensa veggenza, non si sono inventati solo questa cosa della "facilità di rotolamento".

La follia è che Michelin da due anni si permette di tenere dei cicli di lezione a scuola per dimostrare che i suoi pneumatici sono eco-compatibili e sostenibili. E il sito è stracolmo di belle immagini del pupazzone di gomma nei prati a piantare fiori e girare in bicicletta (con copertoni enormi, s'intende!).

Una lezione di educazione ambientale incentrata sul basso impatto ambientale dei pneumatici?

E quei geni di educatori ambientali che vanno a metterci la faccia, in queste lezioni, come si sentono?

Come lo spiegano ai bambini, che assorbono tutto come spugne, che i pneumatici sono consumati meno del 10% prima di essere accantonati e mai più riutilizzati?

Come glielo dicono che il mondo trabocca di copertoni sotterrati e nascosti e assolutamente non degradabili?


La mobilità alternativa dovrebbe essere basata sul car-pooling o il car-sharing, sui mezzi di trasporto come la bicicletta e i mezzi pubblici (treni e autobus in primis).


E su sistemi seri di smaltimento e riciclaggio dei copertoni "rifiutati" (ci sono studi sul loro utilizzo nella composizione del catrame, nella costruzione di edifici e nel riciclaggio per farne nuovi pneumatici o suole di scarpe...).


Non sulla facilità di rotolamento di milioni di pneumatici che muovono altrettante vetture sgasanti. Che, per carità del cielo, è un inizio, ma suona molto più come una presa per i fondelli.

Siamo alla frutta.

Queste cose non dovrebbero essere permesse.




Fateci caso.

Questa gente già ora entra nelle scuole per farsi pubblicità (in maniera subdola, per giunta). Mi chiedo che cosa succederà quando Michelin, Pirelli o chi per esse inizierà a passare le sovvenzioni alle università.

Non vedete il baratro?



giovedì 13 novembre 2008











Il capitano guardò fisso il suo secondo in comando.
L'aria torva e provata, di chi è stanco all'inverosimile, ma non conosce altra via che le immense onde oceaniche.


Lo guardò fisso negli occhi e disse: Signor Dawbt, prendiamoci il pomeriggio per discutere. Abbiamo un sacco di riorganizzamento da fare.





mercoledì 12 novembre 2008

vita d'acquario









Con tutta la pioggia,
questa,
è vita d'ufficio.

E spuntano branchie
e pinne
da pesce in acquario.

Ma l'acqua
e le piante
flottanti

son fuori.




martedì 11 novembre 2008

lunedì 10 novembre 2008

Matematica e opinioni






- Bimbini, allora, siete pronti per diventare Piccole Guide sul sentiero?

- Sìììì!!

- Allora, insieme alle altre classi ci divideremo le tappe da descrivere...

- Che bello!

- Ognuno di voi sarà in un gruppo e descriverà quello che si può osservare nei dintorni della sua tappa...

- Quanti gruppi facciamo?

- Dunque, siamo 5 classi, ci saranno 20 tappe: quante tappe ci sono per classe?

- ... Eh! ....quattroemmezzo!

- ...



venerdì 7 novembre 2008

Cel'hai, con me...














Na na na nanna!


Son di qua dalla riga!


Non vale più!

No-n-va-le-p-iiiii-ù-ù-ù-ùh!


Na na nananna!


Prrrrrrrr


Non puoi mica fare invasione di campo!

Non la vedi la riga?

E' lì, guarda bene!

E' lì, ti dico!

Nannanannannaaa!



Prrrrrr


Non mi prendi piùpiùpiù!


PRRRRRRRRRRRRR!!!





Angeli e Demoni










I mie angeli custodi,
con affetto e grazia,
mi aiutano a capire
chi mi circonda.


I miei demoni custodi
con caparbietà e durezza
mi spingono a capire
che cosa si cela dentro di me.


Gli uni senza pretese,
gli altri con qualche rimostranza.
Ma sono angeli,
e demoni.


lunedì 3 novembre 2008

Tra le foglie dei miei pensieri








Lunedì in sordina.


Silenzio stampa.


Elaboro le cose successe nelle ultime due settimane e cerco di capirci qualcosa.


Soprattutto quelle successe negli ultimi 10 giorni.


E in particolare quelle successe 6 giorni e 2 giorni fa.


Tante cose.


Troppe cose.


E io che ci sgrufolo il naso dei miei pensieri come i cinghialetti tra le foglie...










domenica 2 novembre 2008

Palato allo zenzero




Me ne resto seduto come un cowboy in disarmo. Il cappello appoggiato sulla coperta, accanto ai piedi. Il fuoco che scoppietta sotto la tolla dell'acqua per il caffé. Il caffé è speziato, allo zenzero secondo me: ma lo fanno lontano, dove la pelle è scura, e dove la magia corre a gambe levate davanti alla danza e alla musica sincopata dei tamburi di pelle. Lo bevo un poco alla volta, mi brucia la lingua e mi zenzera il palato.

Il ginocchio ha deciso di prendersi una vacanza.

Ieri camminavo per la Città dei Vicoli, sottobraccio ad amori passati che non sanno mai bene se prendermi a sberle o riempirmi di baci. Camminavo per la Città dei Vicoli ad incontrare volti e strette di mano, pacche sulle spalle e meraviglie della scienza. Camminavo soddisfatto per tutto quello che altri sono riusciti a fare, mortificato perchè lo avevano fatto senza di me. Camminavo e camminavo. E avvertivo un qualche lamento dalla mia fedele articolazione. Ma sono settimane che mi parla e non l'ascolto.

Questa mattina, ho aperto gli occhi su un soffitto non mio, e fresco dell'ospitalità di nuove amicizie ho sollevato le coperte al ritmo della sveglia, saltando dal letto direttamente nelle braccia di una giornata di sole e fiume. Ma il ginocchio non c'era più. Si era licenziato nella notte. Così sono franato sull'anta di un armadio in legno massello. Con buona pace dell'ospite.

Allora ho impacchettato la mia voglia di fiume, sono tornato nel vecchio Borgo dei Galli, direttamente dagli spaccaossa d'emergenza. SetteGiorniSette di riposo, con le stampelle. Poi visita dall'Uomo Medicina che guarda nelle ossa, per vedere in che condizioni di stress è il mio menisco. Per decidere se mandarlo in pensione definitivamente o rimetterlo in piedi in qualche modo.

E intanto penso alle uscite nei boschi di questa settimana, ad una donna lontana che non sa se scegliere me o le terre infinite dei caffé speziati, ai cuori spezzati che cerco di tenere assieme con qualche coccola e tanto cocciuto affetto, a qualche amore passato mai troppo dimenticato, al mio gemello non fratello dalla Piramide di CollinaScura e al suo trasloco, alle persone amiche che per fortuna ci sono anche quando sono lontane e che quando sono con te, diamine quanto le senti vicine.

Intanto il fuoco crepita, la coperta mi scalda, il ginocchio mi saluta.

E il caffé mi zenzera il palato.


venerdì 31 ottobre 2008

La strada, in volo






Fatina,

che dormi anarchica

sotto il mio cuscino,

non aver paura di fare

la strada che devi.


E se, per la pioggia,

le ali si bagnassero,

come i cormorani,

ti basterà

danzare un po'.



mercoledì 29 ottobre 2008

Rifiuti liquidi







- Bene, bimbini, oggi parliamo di rifiuti.

- Yeahh!

- Prima di buttare via una cosa, che cosa ci facciamo?

- La usiamo! La mangiamo! La consumiamo!


- Bene, e prima di consumarla?


- La compriamo!


- Bene, e prima di comprarla?


- La creiamo!


- Bravi, e che cosa usiamo per creare le cose?


- Le materie prime!


- Ottimo! In una parola sola: RRRRR....


- RUSCELLO!


- ....










martedì 28 ottobre 2008

La fiaba del castoro testardo


Stufo di continuare a fare e disfare tane e dighe ad ogni piena o acquazzone, un giorno, un castoro si intestardì e decise che avrebbe eretto la più grande e possente delle dighe. Mai nessuna piena, mai nessuna pioggia, mai nessuna calamità avrebbe potuto infrangerla o travolgerla.


Avrebbe avuto piccoli canali di sfogo, grossi tronchi di mezzana e sostegno, e chiuse da aprire a piacimento. Sarebbe stata tutta costruita con la sola forza dei suoi dentini aguzzi e delle sue zampette pelose. Avrebbe trasportato grossi tronchi e piccoli rametti spingendo veloce la sua coda pinnuta da un capo all'altro del fiume, andando a cercare quello di cui aveva bisogno fin dentro la foresta.

Avrebbe prediletto i tronchi di ontano e salice per le fondamenta, mentre avrebbe cercato le querce e i faggi per le travi e i sostegni. Avrebbe cercato i noccioli per i piccoli pertugi e le foglie di castagno per tappare i buchi che inevitabilmente si sarebbero aperti, qui e là.

Piano piano, un passo alla volta, il piccolo castoro si mise all'opera. E con il tempo i risultati non tardarono. Il corso del fiume cominciava a ingrossarsi, allargandosi in un piccolo lago alle spalle della diga.

Ogni piccolo tronco era una goccia fermata.

Lavorando alacremente, il piccolo castoro non si era reso conto degli animali della foresta che lo guardavano come fosse uscito di senno. Che cosa voleva fare, allagare la valle? E Tutti gli animali che vivevano vicino al fiume, a loro non pensava?
Niente da fare.

Il piccolo castoro sgagnava tronchi come nessuno dei suoi simili aveva mai saputo fare. Dentate veloci e precise troncavano anche gli ostacoli più duri. E una maestria ingegneristica innata gli permetteva di incastrare i fusti così bene da trovare risposta alle più assurde domande della Fisica.


Alla fine, soddisfatto, il castoro si fermò e chiuse gli occhi.
Conosceva la sua diga centimetro per centimetro.
E dai centimetri si fece guidare fino alla sommità.

Arrivato in cima, aprì gli occhi e vide davanti a sé un nuovo, immenso lago. Sulla superficie del lago il sole rosso del tramonto sfavillava e ballava, portato sulla musica del primo vento d'autunno.


Il cuore del castoro traboccava.
La sua diga c'era. Era forte. Era la diga più forte del Creato.
Il fiume era scomparso.
La valle era sommersa.
I torrenti scendevano tranquilli fino allo specchio d'acqua.


E ora?
Si chiese il piccolo castoro.


E ora che faccio?
Si ripetè il piccolo castoro.


E ora dove la costruisco un'altra diga?
Rifletté il piccolo castoro.


Sospirò, e scese lentamente verso l'ultimo legnetto che aveva inserito nel suo capolavoro, in fondo: dove una volta scorreva il fiume.


Se ne faccio uscire solo un poco, più a valle avrò ancora un posto dove costruire altre dighe.
Si disse convinto.


Afferrò il legnetto tra i denti.
Lo tirò.

Un piccolo rivolo cominciò a sgorgare.

Il castoro sorrise. Soddisfatto.


E poi più nulla.







lunedì 27 ottobre 2008

Appunti geografici, un po' scientifici






Da Lo Scienziato Puzzle, Festival della Scienza, Genova.



Bimba - Maestra ma il geografo è uno scienziato?

LaNessie - Eh, sì, insomma... sai c'è tutta una disputa tra umanisti e naturalisti... però, si, dai, a suo modo...

Bimba - ....?

Bimbo - Io lo so che cos'è un geografo!

LaNessie - Davvero? Dai, dillo!

Bimbo - E' quello che studia tutti i paesi, poi va in giro per il mondo, e nessuno sa più dov'è!




venerdì 24 ottobre 2008

briciole






Tanto mi leggi poco.
lo so.
Presa e persa come sei tra polvere e castagne.


Però qualche bacino te lo lascio lo stesso.


Che se poi perdo la strada,
poi li seguo,
e poi, magari, mi ritrovo.


Da solo, sai?
Non devi fare niente.




ultimi sbalzi









Una giornata spaventosamente bella, in questo autunno indaffarato. Rossa di foglie, gialla di sole e azzurra di cielo. Trasparente, perfino.

Oggi si finisce tutto presto, a costo di saltare il pranzo.

E si raccolgono le forze per domani e dopo.

Grandi pulizie, cena con gli Amici per inaugurare il covo, a letto presto e domenica, se il Cielo acconsente, gita in fiume a prendere un po' di acqua sulla faccia e a farsi ruzzolare dalle correnti.

Ah Ah.

In faccia ai maligni e ai superbi.

giovedì 23 ottobre 2008

Oh Mammasaura!





Dopo l'ennesimo sopralluogo in palude,

sono ancora in ufficio.

Ho una gamba che non funziona,

salterò la lezione di karate,

domani sera rischia di saltare la cena inaugurale,

e, cazzo,

sono ancora in ufficio.

E sto lavorando.


martedì 21 ottobre 2008

Ricicreando




Un pozzo di creatività,
con un sacco d'immondizia.



un ragno

un samurai


una sogliola


una macchina fotografica


due maschere


un omino stolto (col riso in bocca)


un orologio

un drago


un faro


un formichiere


i fratelli pipistrelli


un gatto


un'astronave




una base missilistica per astronavi










lunedì 20 ottobre 2008

Gesti sciamanici






Finito l'incontro preliminare, nel quale spiegavo ai marmocchi di turno che ho fatto il sopralluogo nella loro palude per organizzare per bene la loro super-uscita, mi accingo a rimettere la Cartina dell'Europa sul chiodo dal quale l'avevo tolta.

Il chiodo ospitava, da tempo immemore, quel povero cristo appeso a braccia aperte: il figliolo dello spirito, per intenderci.

L'insegnante del caso cerca in qualche modo di darmi una mano, visibilmente agitata.
Nel mentre entra tale professore di musica, nonché dirigente scolastico.

- Marina, sono venuto a chiederti di spostare la tua ora, doma.... ma cosa state facendo?

- Riappendiamo la cartina, dice la professoressa con un sorriso tirato.

- Ma sul Gesù? E no, eh!

- Guardi, che il Gesù c'è anche senza crocefisso..., dico io con fare sornione

- Eh, bravo... finisce che qui mussulmanizziamo tutto, poi! Ci trovo io un altro posto domani!

Detto questo, fa per andarsene, e quasi imbocca la porta. Si gira di scatto, chiudendo i talloni, alza la mano destra tesa al cielo, chiude indice e pollice in un vago segno di "ok" e, rivolto ai bambini sorridenti, grida

- Uè, m'racumandi: Semper in pè!

E sparisce.


Ora. meno male che son nato diplomatico e professionale, ma non troppo.

Avrei voluto intavolare una discussione pacifica e approfondita sui deleteri valori del fascismo e sulla finta prevenzione dal "cambiamento da osmosi col diverso", nonché sulla fasulla e ipocrita riscrittura delle pagine della Storia più o meno recente, per finire con la ridicola convinzione che "Padania" sia un concetto geo-sociografico reale e omogeneo. Al primo accenno di orgoglio padano, però, avrei perso le staffe, perchè sono proprio stufo di sentire queste stronzate.
Ho preferito ingoiare.


Però, cazzo.

Mi dico, se questi sono gli insegnanti di oggi, che lo facciano questo benedetto federalismo.

E che si rinchiudano tra i monti di qualche loro boia di tempio celtico ad insegnare a cacciare come facevano i loro trisavori inventati.

Che noi, al di qua del confine, ci liberiamo di questo peso e ricominciamo seriamente a creare una società che si basi sulla condivisione e sulla espansione delle esperienze.




E poi mi calmo e mi chiedo, non sarà che comincio a ragionare come loro?

Come si può ragionare con questi elementi, capire il senso profondo di questi cambiamenti e ipotizzare nuovi, più inclusivi, scenari?








sabato 18 ottobre 2008

Elastici in sospensione





In questo momento dovrei essere a fare la spesa.

Perchè poi, tra meno di un'ora dovrei essere a Città Grande di Nebbiascura a gozzovigliare con altri scalzacani amanti dei bagordi come me.

E invece sono qui a lasciare un nuovo messaggio in bottiglia.
Che è davvero troppo tempo, dall'ultima volta seria.


Sono giorni di grande frenesia questi.


Sono i giorni in cui impazzisco correndo dietro a maestre di ogni razza, credo, età e sesso. Le peggiori sono quelle devote alla Trinità, quelle delle scuole delle suore. Quelle che ti fanno fare migliaia di miglia per un incontro e quando sei lì ti dicono Guardi, noi per quest'anno con le attività extrascolastiche siamo a posto: manderemo i nostri ragazzi in visita al papa, quindi grazie di essere venuto e arrivederci.
E ti viene voglia di appenderle al muro gridando Non potevi dirmelo al telefono, pinguina! ma non lo fai perchè sei professional e allora la saluti dicendo Che Dio la benedica, Sorella... ma forte! e sulla testa! E scappi ridendo.


Sono i giorni nei quali le persone ruvide hanno preso il largo all'improvviso, lasciando dietro di sé una scia di vita levigata, e ogni tanto uno si ferma e sta lì ad accarezzarla e a perdersi nei profumi delle sue polveri. In pace col mondo.


Sono i giorni nei quali il lavoro doveva essere quasi esclusivamente in ufficio, o a parlare con le maestre. E invece sono sempre in giro, per le paludi a caccia di coccodrilli migratori e mangiatori di orologi, per boschine ricolme di vecchietti incazzati col mondo perchè nessuno ha più la voglia e il tempo di rastrellare il sottobosco, e per montagne con conche spaventosamente giganti e laghi incredibilmente cristallini.


Ieri, ad esempio, in montagna, io e i marmocchi di turno abbiamo visitato un antico luogo sacro.

Vicino ad un lago di acqua pura, accanto ad una torbiera preziosissima, si stagliava un roccione grande e spaventoso, con un'apertura spaccata proprio nel centro, a scendere verso gl'inferi, ma senza ritorno.

E proprio davanti alla bocca del diavolo stava un macigno, un altare, una pietra sacrificale, sulla quale si scorgevano i segni e le punzonature dei pugnali in osso di lupo sfoggiati dalle streghe da sotto il mantello, all'improvviso, quando volevano sventrare aquile e corvi per le predizioni.


Oggi, invece, ho bradipato.
Steso, chiuso, rannicchiato nel mio dolce immenso letto, a tenermi caldo con le coperte di lana cercando di far spavento ad una febbre incombente.

Che la febbre viene solo se sa che hai mille impegni.
Se le fai credere che sei disoccupato e che non hai nulla da fare, se ne va a gambe levate.
Credo abbia funzionato anche questa volta.


E domani si ritorna sul Fiume Azzurro.
Che abbiamo da scortare quasi 100 anime da una sponda all'altra, io e gli altri marinai di foresta.


Ma ora basta.
Ora si va a far provviste.
Che di rhum da barattare ne è arrivato, finalmente.


giovedì 16 ottobre 2008

Tour on the bayou










Oggi perlustrazione nella palude Brabbia.


Attenzione:


non vicino.


Nella.






Ho visto i coccodrilli del varesotto.

lunedì 13 ottobre 2008

Mettete insieme i pazzi!









La scatola è di quelle da mille millanta tasselli... Ora che la si è aperta, c'è poco da fare... tocca metterli insieme!


Forza, bimbini!



Anche se da lontano, sono con voi, o miei puzzloidi preferiti!





giovedì 9 ottobre 2008

agorafobie








Un letto grande, per una persona grande.
Ma da soli è sempre troppo.


Se organizzo una festa sul mio letto, chi viene?
Ci prendiamo a cuscinate tutta notte!