"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


mercoledì 27 febbraio 2008

Fino ad ora abbiamo scherzato...


Dal giorno che viene, comincia la Stagione Alta.

Fino a qualche momento fa gli spostamenti nella nebbia e nella pioggia, i viaggi in carrozza e nella polvere sono stati qualcosa di soddisfacente, ma a titolo personale... Dal giorno che viene sarà una vera traversata. Sarà una vera goduria smaccaramellosa di lavorio di scarponi, pagaie, allambicchi e olio di gomito.

Ci si ritroverà, io e gli altri Ufficiali Marinai di foresta, tutti ammassati sopra i barili da mettere in cambusa, allineati sul molo, vicino alle reti da carico. Smaniosi di sapere in quale oceano o foresta avremo la consegna di portare il nostro veliero.

Un branco di terribili quanto adorabili mocciosetti a farci da ciurma: alle prime armi, o quasi.

Ci sarà da divertirsi. E da stare in movimento.
Una tappa di tre giorni in chissà quale dei Sette Mari; poi una di due nella Città Grande di Nebbiascura; poi due giorni di "riposo" laborioso a Città dei Vicoli. E poi si riprende. Intervallando ogni tanto con una discesa di meditazione lungo una delle Sacre Vie d'Acqua.

Per tutti i pesci volanti, sembra quasi che qui si stiano rincorrendo gli Argonauti!

Argh Argh Argh!

lunedì 25 febbraio 2008

Andando a dormire


Stanco e soddisfatto. Così mi piace chiudere le mie giornate.
Quando la passione per le cose che faccio mi scorre veloce tra i pensieri e le parole; e i piedi e le mani ne fanno viaggi e fatiche.

In questi giorni di fiume, nebbia, boschi, pesci e volatili migratori, ho aggiunto un nuovo piccolo passo sulla mia strada per diventare un Girografo professionista.

Tra una Nutria e qualche Tuffetto, tra una piccola rapida e un bagno nella Peste d'Acqua, sono stato ufficialmente riconosciuto come "Marinaio di Foresta abilitato alla divulgazione dei fatti della Natura lungo i principali e secondari corsi dei Fiumi dell'Impero".

Nel mio baule c'è una una bolla reale con timbro e ceralacca che lo attesta, casomai ce ne fosse bisogno.

Più che questo, posso dirmi soddisfatto per le magnifiche persone che ho potuto incontrare: a cominciare dal Pescivendolo Rosso, figlio di figli di vichinghi dal sorriso contagioso e la stretta poderosa; al Timido Insegnate, barcaiolo forzuto esperto nell'arringare mandrie di marmocchi con parole magnetiche; alla esuberante Donna di Mare, con la sua avversione per le correnti fluviali e la parlata dirompente; al Vecchio e Giovane, i pescatori di Borgo Framonti Basso, così diversi eppure così uguali come solo due amici che sembrano nonno e nipote possono essere; per finire con l'Uomo Semplice, così semplicemente semplice da risultare naturalmente piacevole e fraterno.

E poi la Mammina delle Fate e il Capitano dei Capitani, sempre attenti e premurosi, anche quando lanciano occhiate fulminanti che malcelano lo stupore per le piccoli e grandi baggianate che il sottoscritto può dire o mettere in pratica.

Il Fiume Azzurro è vita.
E in questi momenti lascio volentieri che mi scorra dentro.
Cullandomi verso le braccia di Morfeo.

sabato 23 febbraio 2008

Responsabilità

Ogni tanto La Megattera Bebop (cowboy acquamarino), quando non è in missione speciale con il sottoscritto marinaio di foresta, se ne va sgarnchire le pinne giù nelle correnti più fredde dell'Oceano Sempringuerra. Lì c'è sempre da menare qualche spruzzata in faccia ai cattivi: è così che si diverte il nostro cetaceo preferito.

Quel giorno, però, Bebop se ne stava a nuotare tranquillo controcorrente: il cappello leggermente sollevato e gli occhi di chi proprio, quel giorno, non vedeva altro che belle facce e belle storie. Persino la banda dei musi a serramanico gli sembrava roba con le ali e l'aureola.

Spinnava tranquillo e, passando davanti a due vecchi balenotteri azzurri, sentì uno dei due dire con la voce stridula dei minatonni di Frontiera: Eh, vecchio mio, quella buonanima di Jim Pinnamonca diceva sempre che solo i coraggiosi si portano a letto le delfine più belle!

Il nostro cowboy acquamarino si arrestò e - mentre pensava che "Jim Pinnamonca" sembra più un nome da pirata che da Ultima Frontiera - sentì un pensiero correre con la velocità del suono (che in acqua, sapete, si propaga in frettissima) verso una frase del padre di suo padre:

Responsabilità non è predendere una decisione, ma saperne gestire le consegunze!



Ecco: Jim Pinnamonca gli aveva fatto capire che lui, cowboy acquamarino la cui fama era d'esser sempre stato responsabile, si accorse in quel preciso istante che responsabile non lo era stato, quasi per niente!

Il padre di suo padre diceva saper gestire le conseguenze, non farsi un sacco di pensieri su quali potebbero essere!

Bebop aveva capito d'esser stato solo prudente. Certo un primo tenero passo verso l'idea che Mondo sommerso aveva di lui... Ma, in fin dei conti, non si è mai visto un cowboy acquamarino prudente. Molto meglio uno responsabile davvero.

'Fanculo tutti sti pensieri di come andranno le cose. Si disse. Vedo di fare le cose proprio come mi vengono, e se combinerò qualche casino.. beh, deciderò poi il da farsi!

E mentre spinnava via più tranquillo di prima, cantava un Dizzie Gillespie tenace e leggero...

giovedì 21 febbraio 2008

Che liberazione... dice Billie Joe Armstrong






Another turning point, a fork stuck in the road
Time grabs you by the wrist, directs you where to go
So make the best of this test, and don't ask why
It's not a question, but a lesson learned in time

It's something unpredictable, but in the end it's right.
I hope you had the time of your life.

So take the photographs, and still frames in your mind
Hang it on a shelf in good health and good time
Tattoos of memories and dead skin on trial
For what it's worth it was worth all the while

It's something unpredictable, but in the end it's right.
I hope you had the time of your life.

It's something unpredictable, but in the end it's right.
I hope you had the time of your life.

It's something unpredictable, but in the end it's right.
I hope you had the time of your life.











Buon viaggio

Il Fiume Azzurro aspetta solo noi



Da Venere alla Luna, il Fiume Azzurro si aprirà davanti ai nostri occhi.

Pochi folli, con gli attributi tritati dal freddo e una sacra voglia di sentire le ossa gelare: immersi nell'acqua fino al collo, con pochi centimetri di vestiti inzuppati a far finta di proteggerci.

Il fiume azzurro è tranquillo, scorre senza grandi pretese, e noi ci faremo trasportare come piccole foglie: senza disturbare, con l'unica pretesa di ingannare il tempo e imparare qualcosa di nuovo.

L'Elemento ci sosterrà.
L'Elemento ci trascinerà sotto.
L'Elemento sarà parte di noi e del nostro respiro.

Di nuovo.
Una volta di più.

E i piedi diventeranno pinne, i polmoni branchie, la corrente vita.

E di lago in lago, di fiume in fiume, di sorgente in sorgente, risaliremo il mondo.

Risaliremo la vita.


Emergenze




Da queste parti abbiamo quasi finito il Rhum.
Stiamo raschiando il fondo.

Per tutti i lupi di mare senza grog,
andando avanti così ci toccherà bere acqua di mare!

E questo, per il cowboy acquamarino non è un grosso problema,
ma per me sì!


Argh!

mercoledì 20 febbraio 2008

Nomadi sulle spine, da sempre

Chris una notte si è svegliato, aveva quattro anni, e in pigiama se n'è andato in giro per sei isolati. A vedere che cosa c'era dietro l'angolo. Lo hanno ritrovato a rovistare in un cassetto nella cucina dei vicini, in cerca di biscotti.

Timothy, da che aveva imparato ad articolare qualche parola, aveva detto a sua madre Voglio vedere il mondo, Voglio andare e non fermarmi mai. Un giorno, aveva quattro anni, ha raccolto un bel bastone dal giardino, ha preso un grosso fazzoletto rosso dal cassetto di suo padre, lo ha riempito con pane, formaggio e un Big Jim. Se l'è messo su una spalla e ha aperto il cancello, facendo il primo passo nel mondo completamente da solo.

Chris venne fatto aspettare dai vicini, fintanto che i genitori venissero a recuperarlo. E la voglia di girare e vedere cosa c'era di dolce dietro l'angolo non lo ha più lasciato, crescendogli dentro fino ad esplodere.

Timothy ha cominciato a camminare, spedito, con la testa verso le fronde degli alberi. Cercava di figurarsi quali avventure strabilianti possono attendere un ragazzino con la faccia paffuta in quel mondo ch'egli sapeva essere popolato da mostri venusiani e automobili trasformabili; uomini arditi a caccia di tesori proibiti; persone che abitano con la famiglia su enormi alberi in isole sperdutissime in mezzo a chissà quale enorme mare; audaci bambini che hanno perso la mamma e stanno scalando montagne ingannevoli e beffarde che li bloccano con invincibili bufere di neve; padri inesistenti o beoni che picchiano i propri figli fino a convincerli che sarebbe meglio vivere su una zattera da fiume col proprio compagno in cerca della libertà, armati soltanto di qualche spago, una canna e tante canzoni.

Timothy non sapeva esattamente cosa stesse succedendo, ma qualcosa succedeva. Non sapeva se fossero i suoi pensieri sconclusionati o la consapevolezza infantile di che cosa voglia dire avere una casa. Non si fermò, però. Nemmeno quando le lacrime iniziarono a stracciargli la vista. Camminava a testa alta e bocca aperta, girò a destra un paio di volte. Camminò con una cantilena da tristezza nella bocca, girò a destra ancora un paio di volte e camminò ancora un pochino. Poi si fermò e suonò il campanello. E sua sorella gli chiese che cosa ci facesse in strada, così conciato. Volevo vedere il mondo, disse lui, col cuore gonfio.

Chris si è dimenticato di che cosa voleva dire avere una casa, e non c'è più tornato. Mai più.

Timothy è sempre contento di avere un posto in cui tornare. Un luogo speciale da chiamare "Casa". Lo riempie di gioia e di speranza: persino a milioni di miglia di distanza. E resta convinto che non ci sia nulla di meglio - nella vita - che tornare a Casa. Certo, per farlo, bisogna prima lasciarla.















p.s. Non conoscevo la storia di Christopher Johnson McCandless, ma se mi fosse possibile gli renderei omaggio come si fa con un Maestro, anche se lui non aveva pretesa di esserlo - a discapito di chi ne fa oggi un poster per adolescenti (o adulti mai troppo cresciuti?).

Per chi è nomade dentro (e anche un po' fuori)



Society

. Eddie Vedder . "Into The Wild" OST .

It's a mystery to me
We have a greed, with which we have agreed
And you think you have to want more than you need
Until you have it all, you won't be free

Society, you're a crazy breed
Hope you're not lonely, without me

When you want more than you have, you think you need
When you think more than you want, your thoughts begin to bleed
I think i need to find a bigger place
When you have more than you think, you need more space

Society, you're a crazy breed
Hope you're not lonely, without me
Society, crazy indeed
Hope you're not lonely, without me

It's those thinking more less, less is more
But if less is more, how you keepin' score?
It means for every point you make your level drops
Kinda like you're startin' from the top
And you can't do that

Society, you're a crazy breed
I hope you're not lonely, without me
Society, crazy indeed
Hope you're not lonely, without me
Society, have mercy on me
I hope you're not angry, if i disagree
Society, crazy indeed
Hope you're not lonely

Without me...

lunedì 18 febbraio 2008

Lacrime a Casablanca




Uno, che pure ha il cuore in confusione, dopo anni rivede Casablanca e si commuove.


Dici, A vedere una delle più sofferte storie d'amore mai scritte?


No, a sentire Lazlo che incita il Café Americain a cantare la Marsigliese in faccia ai tedeschi.

La mattina dell'ultimo giorno di Saturno



Il giorno dedicato a Saturno è il giorno del Tempo.

Un giorno dilatato, piacevole, che ritaglia nella vita quotidiana degli spazi che in realtà non dovrebbero esistere - per quanto sono dilatati.


Quella mattina ce ne stavamo dritti come fusi, a paralare sotto un sole estivo in pieno rigore invernale. Io col mio cappello a disegnarmi lo sguardo, tu con lo sguardo disegnato d'azzurro con quelle gocce nocciola proprio nel mezzo. Belli come nessuno ci aveva mai visti.


Quella mattina dedicata a Saturno ci saremmo detti addio, appoggiati ad un muro, con una gamba piegata a sostenere il peso di cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo - che non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo.


E appoggiati ad un muro, con un piede che non toccava terra, ci siamo sfiorati per l'ultima volta. Al suono delle nuvole e delle lacrime che cadono sulle labbra.


Un amore così, chissà se lo ritrovo.
Un amore così, chissà se lo ritrovi.


Abbiamo vissuto, come non mai,
e ci abbiamo creduto, come non mai.


Era un giorno di Saturno, quando mi sono affacciato a quella finestra.
E in un giorno di Saturno abbiamo riconosciuto una nuova frontiera.


Non è la follia che mi ha spinto al largo, ma la consapevolezza che dirsi addio con la tenerezza di cui siamo capaci è più simile a come abbiamo vissuto che non spingerci sulla passatoia e darci in pasto ai rancori e alle vendette.


Per questo ho rinunciato alla mia Casa per la foresta.
E benvengano ora il fuoco della notte, le coperte buttate sulle spalle, il vino buono da condividere con gli altri viandanti e la ricerca delle frontiere nascoste.

Ma nascondere la malinconia, non ho mai imparato come si faccia.

mercoledì 13 febbraio 2008

Lo sguardo dei nanetti disturbatonni



Nel mio breve girovagar di boschi in cascine, ne ho veduti di piccoli nanetti figli di contadini, borghesotti ed emigranti stramazzare al suolo dalle risate e per la meraviglia delle cose che si mostravan loro: dalle piante nascenti, alle formiche chiacchierone, dai sassolini acquapaurosi alle correnti sfondapietraie.


Questa mattina, in una cascina mediana piuttosto grossolana della Grande Città di Nebbiascura, m'è capitato d'incontrare il più curioso ed emblematico dei nanetti disturbatonni. Si trattava d'un piccolo scalzacane con il vizio di tirar sonore pugnatte ai muri, con tanto di segnacci alle gnocche d'entrambe le manozze.


Io, da buon marinaio di foresta, ho cercato di locchiarlo di traverso, facendogli capire che No, non si fà di far male ai signori di mattone, che tanta fatica già fanno a tenersi sù da soli. Al posto che intimorirsi, il nanerottolo forzutoide ha preso baracca e calzoncini e s'è levato dalla sedia per venire a locchiarmi - nel bel mezzo del discorso - dritto dritto in mezzo al grugno, chiedendo se non fosse il caso che noi si andasse a Menarci le mascelle fuori dalla cascina.

Sorpreso di cotanta ardita spavalderia, ho squadrato il piccoletto dall'alto dei miei 30 puffi d'altezza, e lui che reggeva lo sguardo torvo senza batter ciglio. Al che, credendo di veder nel fondo dei suoi occhietti chissà quale gigante trita-bambini d'un padre o fratello maggiore, ho sfoggiato il più bel sorriso armosmanioso e c'ho fatto capire che Più tardi ce la saremmo vista da veri cowboy (occhiostrizzandolo).

Ringalluzzito dalla sfida, il locchioso moccioso s'è spavaldato davanti alle belle della stanza e s'è diretto bullone al suo scrittoio.

Come sia finita non è cosa interessante, per cui non tedio le vostre attenzioni con altre parole.

Vorrei però impegnare il vostro intelletto sul fatto che un virgulto di qualche centimetro abbia a modello - di più - abbia come unico e solo modello un comportamento sì fatto.

E molti come lui, non c'è da dir scandalo.








martedì 12 febbraio 2008

Per chi ha perso la bussola


Si dice che nell'antica Cina, quasi 2300 anni fa, qualcuno cominciò a capire che spaccando un certo tipo di pietra e legandolo ad una corda, questa pietra poi si sarebbe orientata sempre nella stessa direzione. Ovunque ci si trovasse, ovunque si voltassero le spalle, quella si girava sempre di là. E poi si fermava.

Per questo veniva chiamata "La Pietra che Guida", e la si usava soprattutto in mare, dove l'assenza quasi totale di punti di riferimento la rendeva estremamente salvifica.

Quella pietra, si disse qualche secolo più tardi, non era altro che la magnetite, che a quanto pare deve il suo affascinante nome ad una regione della Grecia nella quale abbondava da far spavento.

Col passare dei lustri e dei secoli, poi, la magnetite è entrata a far parte del processo di produzione in massa delle bussole, che oggi si trovano anche nei pacchetti delle PataChips o nelle riviste come TopoTrekking e PaperCamping.

Per noi marinai di foresta, invece, non è assolutamente necessario andare in edicola, per avere una bussola che sia tutta nostra e funzionante.

Quello di cui abbiamo bisogno è:

- una calamita (se non l'abbiamo in tasca, la possiamo prendere dalle casse dello stereo del figlio dei vicini)

- un pezzettino di creta (del Patafix francese andrà benissimo...)

- uno spillo di acciaio (facilmente reperibile in qualsiasi cassetto della nonna)

- un tappo di sughero (anche quello staccato a morsi per aver dimenticato il cavatappi andrà benissimo)

- una bacinella di plastica (e che sia plastica, pofparbacco!)

- acqua (che va bene che scarseggia, nel mondo... ma per orientarsi questo e altro!)

- un coltello affilato (...)


E che cosa ce ne facciamo di tutto ciò?


Semplice:

- fissiamo il nostro spillo d'acciaio con il Patafix su una superficie piana.

- "accarezziamo" una metà dello spillo con la calamita, senza mai cambiare il senso delle carezze e senza mai cambiare la faccia della calamita con la quale le stiamo facendo.

- facciamo sparire la calamita dai paraggi.

- tagliamo un pezzo di tappo di sughero, in modo che somigli ad una monetina alta 1 cm.

- fissiamo l'ago magnetizzato con del Patafix sulla moneta di sughero.

- riempiamo la bacinella d'acqua.

- appoggiamo delicatamente l'ago magnetizzato e sugherato.

- facciamo un segno su un pezzo di carta.

- appena l'ago smette di girare, posizioniamo il segno di carta sul tavolo in corrispondenza della sua direzione.

A questo punto?

Nulla, l'ago si metterà a girare fino a fermarsi. Anche girando la bacinella, l'ago tornerà a segnare la stessa direzione. Si tratta della direzione del campo magnetico terrestre. Di fatti, il nostro pianeta è un enorme - per quanto debole - magnete e un suo polo indica grosso modo il Nord geografico, mentre l'altro punta a Sud.

Se facessimo rientrare in gioco la nostra calamita, il suo campo magnetico interferirebbe con quello terrestre, facendo impazzire la nostra bussola.

Proprio come quando uno pensa che la sua vita stia andando in una direzione e poi interviene qualcosa che gli fa perdere la trebisonda.


lunedì 11 febbraio 2008

Voce del verbo "Bradipare"



Con un nuovo, entusiasmante viaggio a Città dei Vicoli
nelle gambe, negli occhi e nelle mani,
mi appresto a posare terga
e pensieri
sul giaciglio della cascina nei boschi.



E per i giorni della Luna e di Marte
in previsione solo
ore di sonnolento penzolare
dall'ulivo in giardino.




bonne nuit a tout le monde.

giovedì 7 febbraio 2008

Quando si ritrova il fratello perduto

Non so bene come ci si senta ad essere figlio unico. Non l'ho mai saputo.
Nella mia tribù sono il figlio più grande, quello che da piccolo è sempre stato il più diligente, il più impegnato, il più gentile, il più servizievole.

Come nei film in cui mamma e papà affrontano le più sfighe del mondo e i quattro figli devono più o meno cavarsela da soli: il grande tira le somme, la mezzana dà i consigli più arguti, il mezzano piccolo fa un po' il ribelle e la più piccola riesce sempre a dire la cosa giusta quando nessuno se lo aspetta.

Noi siamo sempre stati così. Fino a che qualcosa è cambiato. Qualcosa si è spezzato e ognuno di noi ha preso la sua deriva. Il grande inizia a fare la sua vita ovunque tranne che a casa, la mezzana comincia a scuotere la testa a qualsiasi azione di chiunque altro, il mezzano piccolo dà di matto e si infila nelle peggio compagnie, e la più piccola inizia a sparare giudizi come una vipera alla quale è stata pestata la coda.

E io come fratello maggiore ne ho sempre portato il peso, di questa deriva. Perchè è stata colpa mia. Scolpita a fuoco nelle mie parole, nei miei gesti, nel mio esserci in modo sbagliato e nel mio non esserci nel momento giusto.

Ma ieri sera ho parlato di nuovo con il mio fratellino. Che fino a pochi anni fa era la mia Nemesi, il mio Contrario. Credo sia l'unica persona con la quale sia davvero venuto alle mani.

Ci ho parlato. E' raro che accada, perchè sono spesso in giro per mari e monti. Ma ogni tanto ci si ritrova, a mangiare carne alla brace con birra e cipolle saltate, patate al cartoccio col burro e altra birra.

Ci ho parlato. E, nonostante la sua visione sia ancora lontana dalla mia, il dialogo che si instaura è serrato e contrappuntato, sereno, maschio, preciso e schietto. Un dialogo che trova energia in una successione incalzante di opinioni divergenti e spunti comuni.

Ci ho parlato. E come succede da qualche tempo a questa parte, l'ho visto crescere, farsi Uomo, essere in grado di ritagliarsi il suo spazio nel mondo - anche a gomitate se necessario. Una persona davvero con i controcoglioni, per usare un francesismo ampiamente riconosciuto.

E ne sono orgoglioso.

Queste righe le ho scritte per lui, Jack, il fratello che pensavo di aver perduto e che ora so di poter ritrovare.

Credo nel potere del dubbio

Credo nella parola

Credo nella domanda e nella ricerca di risposte

Credo che la vita sia da conquistare

Credo che comprendere non sia perdonare

Credo che l'amore eterno non esista, e che quello quotidiano sia l'unica forma vera d'amore

Credo che una scelta implichi la voglia di discutere e di mettere in gioco tutti i suoi presupposti, nella ricerca costante d’altre argomentazioni per sostenerla

Credo che il mezzo sia il fine e che il processo non abbia un prima e un dopo, ma solo un durante

Credo sia stupido chiedersi dove si sta andando, quando non ci si è mai chiesti dove ci si trova

Credo che la vita non sia un sogno ma che potrebbe essere definita un incubo per milioni di persone

Credo che il lavoro sia fatto per vivere e che non sia la vita ad essere fatta per lavorare

Credo che amare la stessa persona per tutta la vita sia possibile, a patto che se ne cerchi un motivo nuovo tutti i giorni

Credo che farsi delle domande sia legittimo

Credo che l'ignoranza sia assenza di dubbio

Credo che l'ignoranza renda felici

Credo che la felicità renda ebeti

Credo che non raggiungerò mai la felicità

Credo che la paura sia il primo sintomo dell'ignoranza

Credo che l'istigazione all'ignoranza e alla paura sia il succo del fascismo, di tutti i fascismi possibili

Credo in un anti-fascismo intimo, profondo, non "di piazza", fatto di domande e ricerche che scavalchino le paure e l’ignoranza

Credo che il dubbio sia il sale della vita

Credo che il torpore dell'ignoranza renda ottusi e incapaci di vedere le cose sotto le mille altre luci possibili e sempre vere

Credo che non esista la Verità, ma che ci siano più verità

Credo che ogni verità vada calata in un contesto preciso

Credo che la moralità sparirà dalla faccia della terra

Credo che l'uomo sia un essere profondamente egoista e quotidianamente votato alla banalità

Credo che la parola sia un'arma dolce da usare e terribile da subire

Credo che l'educazione possa diventare una forma di violenza

Credo che allevare un figlio, ponendolo sui binari contrastanti della libertà di espressione e del rispetto dei diritti altrui, oggi giorno, non sia solo difficile ma quasi impossibile

Credo che scappare non serva a nulla, anche se potrebbe essere utile farsi rincorrere dai propri dubbi e guardarli da lontano, per osservarli meglio

Credo che fare l'amore con persone diverse ogni sera sia disgustoso

Credo che ogni donna sia favolosa

Credo che ogni uomo abbia paura di ogni donna che incontra

Credo che gli occhi siano lo specchio dei sogni e che oggi non sia possibile reggere lo sguardo di nessuno sconosciuto perché si ha paura che, da lì, emergano i nostri incubi

Credo che il treno delle 710 che da Varese porta a Milano sia pieno per metà di gente che odia le amichette che urlano, e per l'altra metà di amichette stronze che lo sanno e lo fanno apposta.
Credo che, quando si raggiungerà il punto di rottura, le amichette stronze faranno la fine delle streghe dell'inquisizione

Credo che il mondo non si possa cambiare senza rivoluzioni. Credo anche che non esista nessuno disposto a farne una che sia tale dall'inizio alla fine

Credo che le rivoluzioni debbano avere una fine

Credo che l'Utopia sia figlia di Mamma Domanda e Papà Dubbio

Credo che solo i pazzi potrebbero voler continuare a passare la vita a chiedersi che cosa si meglio per l'uomo: se vivere in eterno o morire giovane

Credo che chi ha voglia di bruciarsi il cervello con le doghe o l'alcol non si rende conto di aver perso in partenza

Credo nell'anima

Credo che il nostro corpo non sia diverso da ciò che proviamo e sentiamo

Credo che il nome sia un'etichetta che impariamo ad amare, ma senza gusto
Credo di aver fatto delle immani cazzate in passato

Credo di aver fatto soffrire chi non volevo e di aver dato corda a chi non ne meritava per nulla

Credo che alcune azioni mi perseguiteranno fin dentro la tomba

Credo che sarei felice di chiedere scusa se non fosse per la cruda banalità della sofferenza che ho causato

Credo che la grandezza del mondo, se presa tutta in una volta, sia capace di muovere anche il cuore più stolto

Credo che ci sia una gran differenza tra rispetto e timore

Credo che a subire il fascino dei peggio delinquenti, siano coloro che non si chiedono la differenza tra rispetto e timore

Credo che la tirannia sia connaturata alla quotidianità umana, e che riesca a prendere il sopravvento solo quando il dubbio non riesce a intervenire

Credo che il dubbio sia l'unica arma contro ogni visione univoca e tiranna della realtà

Credo che la libertà di parola sia una necessità

Credo che dovrebbero essere banditi tutti i sistemi di espressione univoca di pensiero (anche questo)

Credo che il dubbio stia crescendo nel mondo e che il mondo sia destinato ad essere sempre più cosciente e sempre meno beota, per questo sempre meno felice

Credo che chi ci vuole beoti e felici non voglia vedersi contraddetto dai dubbiosi

Credo che chi ci vuole beoti e contenti renderà i paletti della felicità sempre più ferrei e inflessibili, salvo chiamarli “libertà”

Credo che la paura cieca sia madre della miriade di enclave di potere che detteranno i paletti per le (loro) felicità

Credo che l'amore non sia in grado di salvare il mondo, ma sia l'unica via di salvezza per la vita quotidiana

Credo che il mio futuro si stia decidendo adesso

Credo che se la vita scorre senza essere ostacolata consciamente non è degna d'essere tale

Credo che gli ostacoli più grossi siano quelli che ci impongono le nostre scelte

Credo che la soddisfazione più grande sia quella di combinare qualcosa nella vita, affrontando le conseguenze delle proprie scelte

Credo che nessuno si renda conto di quello che combina quotidianamente, piccolo o grande che sia

Credo che la democrazia rappresentativa sia una grandissima coglionata

Credo che la sola idea di stato nazionale sia una emerita cretinata

Credo che la democrazia partecipativa e locale sia la via alla libertà di espressione nel rispetto dei diritti

Credo che il mondo presto non basterà più

Credo che si assisterà ad una emigrazione interplanetaria

Credo che qualsiasi cosa sia mai stata scritta o narrata, prima o poi, troverà la sua concretizzazione

Credo che ritenere il genere umano l'unica specie senziente dell'universo sia una perfetta prova di beata ignoranza. Credo, però, che da qui a dire di aver incontrato gli alieni ci sia una sostanziale vacanza di sanità mentale.

Credo che non ci sia peggior ignorante di colui che pretende d'aver ragione

Credo che la chiesa, i comunisti, il fascio, i liberali siano lì solo per tirare scemi tutti quanti e fornire in qualche modo pezzetti immutabili di realtà, sui quali non interrogarsi mai e starsene felici per un po'

Credo che se la terra è rotonda ci sarà un motivo

Credo che l'universo abbia una fine e che noi, in qualche modo, ci si stia andando incontro

Credo che esista un qualcosa di superumano che osserva e decide

Credo che nemmeno questo qualcosa di superumano sappia bene come definirsi

Credo che la gente sia legata più a quello che vede che non a quello che prova

Credo che dubitare abbia un fine: decidere

Credo che decidere implichi una responsabilità: affrontare le conseguenze di quello che si è fatto

Credo che affrontare le conseguenze delle proprie decisioni sia, prima di tutto, metterle in dubbio

martedì 5 febbraio 2008

Nella foresta, a filo d'acqua



Ci sono giorni, ma soprattutto notti, in cui mi siedo con una tazza fumante di thé al bergamotto tra le mani, incurante del caldo che le strazia. E restando il mio corpo immobile, lascio che siano i pensieri, sempre scalpitanti, a prendere il largo: vele biancastre su legni bruni, a navigare sullo specchio d'acqua di un futuro insondabile. Forse un lago.

Ci sono giorni in cui mi fermo e mi chiedo che cosa fanno le mie mani, dove vanno i miei piedi, che cosa dicono le mie labbra. Quale che sia il mio viaggio, ci sono momenti in cui mi chiedo se una meta precisa non sia poi così superflua.

In quei giorni, e non in altri, cerco di spiegare a me stesso che essere un viandante di natura e volerlo fare anche di professione, ha una nobiltà tutta sua. Fatta di parole e gesti e soddisfazioni. Fatta di piccoli girovaghi che ti guardano aspettandosi una risposta dalla vita, e di te che gli fai capire quanto al contrario sia più prezioso continuare a domandare, a curiosare. Fatta anche di pianti, vuoti nell'animo, poche certezze e forse guai. Tutte cose che la nobiltà la conquistano attimo dopo attimo. Col passare lento della luna.

Sono un marinaio di foresta, e spingo la mia barca lungo il Fiume Azzurro. Quando mi va fermo la carovana e mi immergo nei boschi, tra i pendii dei monti e lungo i sentieri.

Avevo una Casa, ma ho scelto la foresta. Non ho terra, non ho radici. A difendermi dalla paura solo i bagagli pronti, la voglia di muovermi e il desiderio di infondere la curiosità in chi crede di averla persa o di non averla mai conosciuta.







(e, da poco, il fedele Bebop...)

La Megattera Bebop, cow-boy acquamarino

Tutti i marinai di foresta che si rispettano (?) hanno una mascotte, un aiutante, un personaggio che fa da "spalla" nelle avventure più complicate e nella quotidianità più rutilante. Che è poi anche un alter-ego nel quale si incarnano caratteristiche desiderate, desiderabili, latenti o latitanti.


Ora posso vantare di averne uno anche io.



La Megattera Bebop, il cow-boy acquamarino.


Giramondo instancabile, socievole, saggio - un po' saccente - amante delle birre rosse e delle belle megattere sperdute (e non) che incrociano la sua rotta, alle quali non rifiuta mai il suo cavalleresco aiuto.
Adora stare con i cuccioli - degli altri - ai quali cerca di spiegare un pezzettino della sua strana e fiabesca visione dei mondi sottomarini. Terribile combinaguai, ciò che lo salva è una potente mistura di ironia ed entusiasmo, nel cui calderone è caduto in tenera età.



Mattia, sei un maledetto genio.


Grazie di tutto.

venerdì 1 febbraio 2008

Questa Nave

Questa nave fa duemila nodi,
in mezzo ai ghiacci tropicali,
ed ha un motore di un milione di cavalli
che al posto degli zoccoli hanno le ali.

La nave è fulmine, torpedine, miccia,
scintillante bellezza, fosforo e fantasia,
molecole d'acciaio, pistone, rabbia,
guerra lampo e poesia.

In questa notte elettrica e veloce,
in questa croce di Novecento,
il futuro è una palla di cannone accesa
e noi la stiamo quasi raggiungendo.
(F. De Gregori)


Il cuore ramingo



Non so bene come risponderti.
Perchè mi manchi anche tu e (forse) non dovrei dirtelo.
Ma quello che so e che ti prometto è che
tutto questo male avrà un senso.