"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


sabato 12 luglio 2008

Proprio come nella canzone


Nel mondo io camminerò
tanto che poi i piedi mi faranno male
io camminerò un'altra volta


E a tutti domanderò
finché risposte non ce ne saranno più
io domanderò un'altra volta


Amerò in modo che il mio cuore
mi farà tanto male che
male che come il sole all'improvviso
scoppierà, scoppierà...


Nel mondo io lavorerò
tanto che poi le mani mi faranno male
io lavorerò un'altra volta


Amerò in modo
che il mio cuore mi farà tanto male che
male che come il sole all'improvviso
scoppierà, scoppierà...


E nel mondo tutti io guarderò
tanto che poi gli occhi mi faranno male
ancora guarderò un'altra volta


Amerò in modo
che il mio cuore mi farà tanto male che
male che come il sole all'improvviso
scoppierà, scoppierà


... Nel mondo io non amerò tanto che poi
il cuore non mi far male...




Mi sento un po' come una centrale nucleare alla quale stanno rovistando il nocciolo. Le barre di contenimento alzate, il liquido di raffreddamento svuotato, il nocciolo freddo e denso.



L'Angelo con gli Stivali mi ha parlato, questa sera, con la sua tenera (e necessaria) brutalità. Dice che Ho una energia, dentro di me, che sprigiona affetto e tenerezza, ininterrottamente, 24 ore su 24. E poi, ogni tanto va in corto.


Sì, perchè - dice - ogni tanto incontro una persona speciale che prende questa energia e la fa sua, per viverci, per scaldarsi, per nutrirsi, per volersi bene. E io ne sono felice, e mi sento euforico. Mi sento voluto bene, mi sento accettato. Mi sento utile. In una parola, innamorato. Davvero, innamorato.


Solo che, così come sono capace di donare tutta questa energia, sono anche in grado di essere altrettanto egoista su altre questioni, e comincio a mettere paletti che prima non c'erano, a guadagnare spazi che non mi spettano, a invadere territori che non sono miei. Perchè tanto do' un mucchio di affetto.

Ma non mi rendo conto che così facendo erodo il terreno sotto i piedi delle persone. (n.d.r. Qualcuno a cui ho fatto male dice che è Come portarle in mezzo al Polo Sud e sciogliere tutto il ghiaccio attorno a loro.) Insomma, creo una specie di dipendenza emotiva e affettiva.


E quando ho realizzato che tutto questo donare di affetti e tenerezze non può durare all'infinito perchè il nocciolo si surriscalda ed esplode, allora mollo il colpo. E divento un mostro. Un Ahab sempre in caccia o in fuga, che tanto è uguale. E le persone dalle quali mi strappo via non ci credono, che sia colpa mia, perchè Non può essere. Era così speciale!
Ed è vero. Questo è il dramma.

Pare che, se un problema c'è, è il non avere filtri affettivi, il non riuscire a stare solo e gestire la mia vita senza cercare soddisfazione nella dipendenza emotiva di qualcuno nei miei confronti.

Che - dico io - è una cosa che conosco fin troppo bene. E che ho realizzato/razionalizzato nell'inverno passato, proprio a Città dei Vicoli.



Angelo mio, ammesso che sia così, come giustamente dici tu, questo non succede consciamente, ma in maniera del tutto naturale e indipendente dalla mia volontà conscia.

Perchè quando sono innamorato lo sono davvero, quando sono felice lo sono sul serio, quando ho voglia di fare l'amore e accarezzare i capelli e assaporare le labbra, lo faccio con tutto me stesso. Proprio come nella canzone.

Ed è così che è andata quest'ultima storia d'amore. Questi sei mesi fatti di tenerezze e terreni franati, di amori latenti e dichiarati, di coccole e pianti e sacrifici e tristezze e gioie immense. Una storia straziante e ostinatamente cercata, voluta e desiderata. Nata dall'intreccio di due mani, nei boschi, con i palmi roventi.

E alla fine mi sono girato a salutarla senza nemmeno un bacio, carico della mia vita negli zaini da boschi. Mentre sentivo il suo cuore cadere in frantumi e non sapevo come raccoglierli, dopo averli rotti.

Non dirò se penso di aver fatto bene o male.
Non dirò che so che cosa ho perso.
Non dirò che so che cosa ho causato.
Non dirò nulla. Se non quello che Lei sa già.



















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