"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


domenica 13 luglio 2008

L'ora dei sottintesi rivelati


Sei arrivata da me sull'orlo del cambiamento.

Sei arrivata quando avevo realizzato che il mio problema era non riuscire a stare solo in maniera adulta. Io che ho 30 anni il mese prossimo e in vita mia ho avuto solo due storie serie, una di 10 anni e l'altra di 3. Io che non ho mai conosciuto altro modo di stare con una persona che quello di donarmi completamente e di prendermi cura dell'altro, senza badare alle mie scelte, al mio futuro o al mio presente.


Sei arrivata da me e hai cambiato il cambiamento.

Sei arrivata esuberante e incontenibile, bella e sorridente. E all'inizio ti ho detto Non posso: sto per sposarmi. E ti ho detto Stai attenta, perchè con me è così, io mi prendo cura delle persone, ma non ce la faccio più, voglio cambiare, voglio imparare a prendermi cura di me stesso. E tu No, sei un imbecille perchè così mi perdi.


Ma poi il momento di cambiare è arrivato. E ho fatto la mia scelta. Guardare avanti e darmi da fare per imparare ad essere un piccolo uomo tutto d'un pezzo, sano e robusto, in grado di tenersi in piedi da solo prima di tenere in piedi gli altri.


A quel punto le cose si sono accavallate. Ad un certo punto non dovevo più sposarmi, e tu eri a Milano per la mostra di Munari. E mi sono detto che non mi ero mai lasciato trasportare da tanta passione. Fuoco e fiamme. Come nemmeno gli AC/DC.


E mi sono detto, perchè non provarci ancora? Perchè devo per forza starmene solo se questa volta posso farcela in due? Basta ch'io metta un paletto qui e un paletto lì e che mi butti a testa bassa in questo Slalom Gigante.


E mi sono buttato.

Dio, quanto ho voluto che funzionasse.


Solo che tu stavi lavorando ai tuoi casini, mentre io stavo tamponando i miei. Che spingevano per uscire e per gridarmi nelle orecchie che era ora di crescere, di cambiare rispetto al passato.


E più cercavo di tapparmi gli occhi e le orecchie, più mi costringevi a guardarmi dentro sempre più a fondo, a volte in modo tenero, a volte in modo violento. E mi facevi vedere i miei errori e i bivi sbagliati, ricordandomi i miei demoni.


Più mettevo paletti per non cadere, più ti attaccavi. Mostrandomi, senza volerlo, come avendo scelto te stavo ripiombando nel mio passato, nella mia adolescenza allungata di pusher dei sentimenti.


E allora, vorrei che ti fosse chiaro una volta per tutte, che non è la paura di crescere che mi ha spinto via, ma la paura di restare uguale a quello che sono sempre stato.


La paura di non cambiare.


La paura di non smettere mai di essere il pilastro portante della vita di qualcun'altra, senza la quale la mia vita perderebbe di significato.


Ecco cosa cerco, ecco la mia Balena Bianca. Un significato che sia mio, da condividere; prima di un qualcosa di condiviso che sia il mio unico significato.

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