"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


mercoledì 3 dicembre 2008

Un po' di mare dentro, e fuori










Non sono fatto per restare in città.
Che io ci sia nato o ci sia diventato, insofferente alla claustrofobia da lastricato e cemento, non saprei dirlo. Dico solo che dopo qualche minuto passato nel mezzo di un ingorgo di viandanti, se riuscissi ad afferrare la prima scopa volante nei dintorni mi alzerei in volo ancor prima di aver detto Quidditch!



L'unica città che mai e poi mai mi ha fatto sentire così legato, è Città dei Vicoli.
Con i suoi labirinti, con i suoi odori, le sue puzze, i suoi pezzi di cielo, le sue vie sempre quelle mai uguali. Il suo mare.

Il mare a Città dei Vicoli è fondamentale. Ma non perchè dà lavoro ai portuali e a tutto il mondo, da quelle parti. Anche, ma non per quello. E' fondamentale, perchè la Città gli respira addosso.

Come in un enorme, collettivo esercizio Zen. Ci si ingabbia nello stomaco tutte le preoccupazioni della giornata, poi si apre una finestra, si svolta una curva, si sbuca da un angolo... ed il mare è lì. Immenso e inevitabile.
E il respiro, le tensioni, ti escono fuori.
Scivolano via. Non dalla bocca: dall'ombelico.
E ti senti vuoto. Libero.




La stessa insofferenza che nutro per la città, la nutro per il lavoro fatto nelle Stazioni di posta. Al chiuso. Quelli senza viaggi, senza avventure.




In queste giornate di aria frizzante e cieli tersi, passati a guardarle scorrere da dietro un pesante vetro a quadrettoni, dovrei sentirmi come un orso russo: blindato in qualche circo a ciondolare il testone da una sbarra all'atra.


E invece no. A dirla tutta, la testa vaga per le lande infinite dei ricordi e della fantasia, ma mai più del dovuto.


Di Stazioni di posta, lungo il mio cammino, ne ho viste parecchie. Ce n'era una nella quale mi sono ritrovato a preparare intrugli quasi immangiabili per viaggiatori volanti, un altro nel quale mi si voleva sorridente anche se le persone con le quali parlavo stavano al di là della cornetta, e un posto nel quale intessevo strane notizie inventandole o rappezzandole qua e là.


Insomma, come un buon viaggiatore, un po' nomade e un po' no, ci sono stati momenti della vita nei quali ho preferito fermarmi dal continuo vagabondare, e prendermi una pausa, tirar su un po' di Rhum da barattare con un pezzo di pane o altro. Ed è sempre stato uno strazio.


Però, di Stazioni di posta come quella nella quale mi sono fermato ora, non ne avevo mai trovate.

Perchè se è vero che lavoro sodo e la testa mi gira e anche fatico a starmene seduto, spesso mi ritrovo a passeggiare nel cortile o sotto il portico, sorseggiando un caffé lungo e guardando le nuvole, preparandomi a qualche strano avvenimento che presto incomberà sulle nostre testoline fumanti. Insomma, mi sento quasi a Casa. E per un viaggiatore irrequieto vuol dire molto, ve lo assicuro.



E' un po' come guardare il mare.
Solo che è dentro.





1 commento:

Anonimo ha detto...

poter trovare il mare dentro di noi è una grande fortuna..un tesoro
spesso ci si riempie le tasche di cose.... per non pensare, non ricordare
ma in una passeggiata nel verde, tra i fratelli lunghi e rossi nel tronco e con quel profumo di mare e le sorelle dal bianco vestito...
il respiro si calma, ti senti nel posto che da sempre ti accoglie, ti capisce e ti coccola col suo canto fatto di risate di picchi, di giostre di scoiattoli
....e fatto di vento tra i rami.. e sul mio viso.
AledelBosco