"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


lunedì 27 aprile 2009

Giorno per giorno
















Due giorni di fumo di griglia, ottimi vini, lividi di gioco, palloni volanti, coccole e risate, lupi e villici, battaglie di cuscini, sculture di pietra, equilibri impossibili, vestiti bagnati, documentari antropologici e resistenza: alla nostalgia, alla omologazione, all'assenza di senso, alle paranoie, alla vigliaccheria, alla ipocrisia. Verso il sorriso ammiccante di un avvenire improbabile, ma più che desiderabile e assolutamente sostenibile.






Un grazie speciale alla Fata anarchica,
per il suo corso accelerato di feng-sushi,
sul passaggio dei flussi di equilibrio dalla mente,
al cuore, alle mani, alle pietre del giorno.








sabato 25 aprile 2009

VenticinqueaprileDuemilanove








Un post complicato, questo del Venticinqueaprile Duemilanove.Non complesso, proprio complicato: non c'è una trama ben delineata, e i pensieri si attorcigliano ogni volta di più, quando provo a metterci mano.


***


C'è Scientology, rientrata nella mia vita in maniera prepotente, per un errore tanto grave quanto banale. Una manica di delinquenti, che fanno leva su sentimenti quali il sospetto, la rivalsa, il desiderio d'essere vincenti. Ma il sospetto, prima di tutto.


Offrono strumenti per essere vincenti. Non tutti subito, sia chiaro. Un passo alla volta, perchè mica si possono capire tutte le verità in una botta sola. Allora, per essere vincenti, dicono, devi imparare a capire chi attorno a te sta mentendo, sbagliando, tramando: chi ti vuol fottere e chi ti vuol ferire, per gusto o interesse.


E allora cominci a segnarti tutti i discorsi che fai con le persone che hai vicino, le parole che ritornano e le parole che vengono usate solo una volta, mai per caso. le cose che fanno, i posti dove vanno e le persone con le quali parlano. Allora inizi a fare caso a quando uno si tocca il naso, si gratta la testa, accavalla le gambe, rotea gli occhi, sbuffa, si scaccola, trattiene una risata o una scoreggia. Quando uno si ammala, quando l'altro gli vien la cacarella e quando quell'ultimo si rompe un braccio o fa un incidente.


E inizi a perdere il senso d'insieme, il senso di comunione, il senso di attaccamento: sei sormontato da milioni di dettagli che montano e montano e montano, fino a sommergerti di indizi che credi di mettere a posto secondo un filo logico tutto naturale e invece è l'unico filo logico possibile - quello della tua paura più profonda: le persone che hai attorno intendono abbandonarti, possibilmente fregandoti.


Per questa cricca di psico-delinquenti, il primo passo è individuare una frattura nel tuo animo, una paura. Il secondo è instillarti il sospetto che quella non sia una paura, ma una realtà. Punto di appoggio e leva. Paura e sospetto, ben orchestrati e mascherati. E questo porta all'inevitabile collasso delle relazioni, tanto amicali quanto familiari.

E ti convinci che la vita è una gara, e che devi dimostrare di arrivare dove gli altri non si aspettano. E che devi dimostrare che gli altri falliranno.

Quando invece gli altri sono lì che ti vorrebbero al loro fianco, così come sei. Per amarti e mettersi in discussione con te.


E' come l'anello di Frodo: dagli enormi poteri, che logorano l'anima di chi lo usa, fino a fargli cacciare il migliore amico, convinto che si sia pappato di nascosto tutto il Pandivia. Senza rendersi conto che Gollum si sta fregando le mani...


***


C'è che ho preso il coraggio a quattro mani e ho detto ad una certa persona che la ritengo un vero e proprio punto di riferimento. E che per questo non mi verrà facile misurarmi con i problemi che abbiamo avuto nella nostra fallimentare esperienza di coppia. Non è esattamente quello che si sarebbe voluta sentir dire, ma credo fosse importante farglielo sapere.


Perchè un punto di riferimento vuol dire qualcuno con il quale vuoi confrontarti, del quale sei desideroso di avere un'opinione, per poi scontrarti, discutere, cercare di fargli cambiare idea o anche no, approfondire, litigare magari.


Qualcuno di cui avere fiducia. Anche quando si sbaglia, anche quando ci si metterebbe le mani nei capelli per le cose dette o non dette, fatte o non fatte. Di cui fidarsi, di pancia, a pelle, senza alcuna riserva. Al di là degli errori.


Perchè avere un punto di riferimento significa avere qualcuno con il quale aver voglia di condividere qualcosa, che sia un'opinione, un'esperienza personale o un momento professionale, e poi ritornarci sopra e trarne qualcosa. Per quanto bella o dolorosa sia quell'esperienza.


Un punto di riferimento è qualcuno davanti al quale non hai preoccupazione di farti vedere perdente o vincente, ma sempre e solo come sei. Per metterti, e mettervi, in discussione.


E se con questo qualcuno hai avuto una storia d'amore che faceva acqua un po' dappertutto , beh... la cosa è importante in sé, ma può creare qualche disguido tecnico di comprensione e gestione...


***


C'è che al lavoro stiamo progettando come dei matti, e che ho la sensazione - condivisa nella Sala Acquario - che noi si stia scalando a grandi falcate la Scala dell'Autocoscienza professionale. Avevo il sospetto che i confini dell'Educazione ambientale mi sarebbero stati stretti, prima o poi. E sono contento di avere come guida e partner qualcuno in grado di lasciarmi abbastanza libertà per spararle grosse e abbastanza polso da tirarmi coi piedi per terra quando esagero. certo che la soddisfazione del lavoro ben fatto nelle ultime due settimane aleggia palpabile in ogni angolo dell'ufficio.


***


C'è che il cuore è sempre là... col broncio... perchè resta in disparte.


***


C'è che è la Festa di Liberazione. E il Re del Ferro e del Fuoco non passerà a trovarmi, per tutti i suoi motivi. E questo mi rattrista.


***


Resta la Festa di Liberazione, però.

E vanno ricordati i morti, e vanno ricordati vivi, come dice un amico fotografo. Per quello che hanno fatto, per i motivi per i quali l'hanno fatto: da una parte e dall'altra. Per ribadirne le dovute differenze.


E si festeggerà, con chi ha scelto di condividere una giornata, si spera, di sole: tra una canzone partigiana, una salamella, una bottiglia di rosso, e una bella discussione accesa sull'eredità della Resistenza.




giovedì 16 aprile 2009

Marzo a metà aprile







E mah è forse
è quando tu voli rimbalzo dell'eco
è stare da soli
è conchiglia di vetro, è la luna e il falò
è il sonno e la morte
è credere o no

margherita di campo
è la riva lontana è, ahi! è la fata Morgana
è folata di vento
onda dell'altalena
un mistero profondo
una piccola pena
tramontana dai monti domenica sera

è il contro è il pro
è voglia di primavera
è la pioggia che scende
è vigilia di fiera
è l'acqua di marzo
che c'era o non c'era

è si è no
è il mondo com'era
è Madamadorè
burrasca passeggera
è una rondine al nord la cicogna e la gru,
un torrente una fonte
una briciola in più
è il fondo del pozzo è la nave che parte
un viso col broncio
perché stava in disparte

è spero è credo
è una conta è un racconto
una goccia che stilla
un incanto un incontro
è l'ombra di un gesto,
è qualcosa che brilla
il mattino che è qui
la sveglia che trilla
è la legna sul fuoco, il pane, la biada,
la caraffa di vino
il viavai della strada


è un progetto di casa
è lo scialle di lana, un incanto cantato
è un'andana è un'altana
è la pioggia di marzo, è quello che è
la speranza di vita che porti con te
è la pioggia di marzo, è quello che è
la speranza di vita che porti con te

è mah è forse
è quando tu voli rimbalzo dell'eco
è stare da soli
è conchiglia di vetro, è la luna e il falò
è il sonno e la morte è credere no

è la pioggia di marzo, è quello che è
la speranza di vita che porti con te
è la pioggia di marzo, è quello che è
la speranza di vita che porti con te

(Ivano Fossati, La pioggia di Marzo)



mercoledì 15 aprile 2009

Di bosco in bosco











...But I still haven't found what I'm looking for...


...And, eventually, you too...





giovedì 9 aprile 2009

Le ultime libertà dell'uomo delle reti











A voler ben vedere, quel pezzo d'uomo che se ne stava curvo sulle reti non era malconcio come lo raccontavano. Passava dei gran giorni in mare, a strappare via i pesci dalle corde intrecciate e ne aveva il puzzo sulle mani, nell'alito, nei capelli - quelli che c'erano, quelli corti e ingrigiti che gli giravano attorno alla nuca e sfioravano le tempie. E' vero, aveva il passo malfermo, quando camminava sul molo, ma quell'andatura ondosa sembrava dargli l'innata capacità di passare tra la gente come l'acqua di riflusso tra gli scogli: senza che nessuno lo vedesse, senza che nessuno si accorgesse di lui. Eccetto, certo, per la scia di pesce che si lasciava dietro: ma in un porto, chi voltete che se ne accorga?

Era lì, che se ne stava accovacciato, a cacciar dentro le mani in una cassa gigante, tirando fuori un filo alla volta le sue reti immense, col volto corrucciato e attento. Ogni nodo sfatto, lo riannodava, ogni maglia strappata, la rammendava, ogni cordino intrecciato, lo disfava. E le dita, tozze e di marmo, parevano filare le corde come un ragno fila la seta: pareva che i fili uscissero dalla punta delle dita, come lacrime, una ad una, in un pianto silenzioso e incupito. A sentire la gente, non era un bello spettacolo averci a che fare. Quelle mani, che lavoravano sulle reti con la delicatezza del burro, sapevano spezzare un remo come fosse il collo d'un gabbiano e sapevano maneggiare i coltelli da intarsio con sicurezza e abilità ben note agli stomaci di chi aveva avuto la malaugurata idea di contraddirlo, nel corso degli anni.

Buono buono, se ne stava contemplando quella matassa che gli usciva dalle mani, con lo sguardo perso oltre le dita, oltre i fili, oltre le reti. Sicuramente pensava alla sera prima. Alla sera in cui, rientrato in porto, rientrato a casa, ad un certo punto s'era trovato più solo di quanto non fosse mai stato. Forse non ricordava bene che cosa fosse successo. O forse lo aveva ben chiaro ma i suoi occhi si rifiutavano di andare a cercare tra le pieghe dei ricordi. O forse preferiva perdere la vista in un insieme sfuocato di onde e riflessi di sole. Per non rivedere quegli occhi azzurri che si gli spegnevano tra le mani serrate, per non rivedere quelle labbra rosse storpiate da un grido strozzato.

Avremmo potuto restare a guardarlo per giorni. Le sue mani filavano ancora quando le nostre ombre gli coprirono il capo. Alzò la testa e con occhi scavati guardò dritto nei nostri. Il volto, i solchi e la pelle: tutto raccontava di mille storie e viaggi ed esperienze. Gli occhi, però, parevano vuoti. E le mani continuavano a filare. Un gioco di sguardi, tra noi e lui, e le mani, sistematiche, posarono attrezzi e reti con la cura di sempre. L'uomo delle reti si alzò, sovrastandoci. Tirò su le maniche della camicia ormai lisa, e tese avanti i polsi.

Abbiamo fatto scattare le manette, ben sapendo che comunque non sarebbe scappato.

martedì 31 marzo 2009

e se l'anima












E se l'anima ha un posto, e se i pensieri la seguono,
di tanto in tanto, quando non se ne vanno per la strada loro
- dietro a palloncini trasparenti -
quel posto dell'anima assomiglia ad un lago.

Profondo e assopito e grande,
grande grande e quasi gonfio, pergiunta.









giovedì 26 marzo 2009

Valle degrado







Se dalle nostre parti dite Olona!, i nasi si accartocciano, le mani salgono come durante una rapina e la testa si scuote come sotto una secchiata d'acqua gelida.

L'Olona è stato, ed in molti casi è ancora, il simbolo di un'industrializzazione scellerata che nessuno scrupolo si fece a disfarsi dei suoi scarti direttamente nelle acque di una bella valle incavata tra le colline moreniche.

Quella stessa industrializzazione che, spostata la produzione in posti che possono ancora essere inquinati senza un gran bisogno di danari, ha lasciato dietro di sé scheletri architettonici e sociali.

Ammassi d'ossa di cemento e acciaio, cumuli di operai senza case o stipendio: gli uni a cicatrizzarsi in mezzo ai rovi e alle robinie, gli altri a vagare senza più memoria di che cosa voglia dire vivere un territorio, nel bene e nel male, nel godimento e nell'impegno.

Stiamo preparando una serie di interventi a scuola sulla qualità delle zone umide di Lonate Ceppino. Ci sarà davvero un sacco da dire.










Il Fiume Olona e le zone umide all'altezza di Lonate Ceppino (VA).





martedì 17 marzo 2009

Stranincroci







Giornata di sole pieno, che sembra di guardare il tuorlo d'un uovo mentre sfrigola in padella.


L'ammasso di marmocchi cammina lasciando ciondolare le braccia, con la camicia sbragata e la bocca sempre aperta in una risata sguaiata.


Sembrano proprio dei bambini al rientro da una gita in boschina, in una giornata di quasi-primavera.


La testa piena di nuvole.



- Prof Timoteo, lo sa che il cane e il gatto di mia zia trombano insieme?


- Uh, come? Cane e gatto?


- Eh, sì, eh! Uno si mette a gambe aperte, l'altro sopra che lo blocca e... giù duro!!!


- Ah, caspita... e tu?


- E io gliele do!


- Ma dai, magari si divertono così!


- Ma prof, che schifo... sono due femmine!!!


- .....




venerdì 13 marzo 2009

Toccato il fondo...







Belli, scalpitanti, forieri di verità semplici e idee affilate.
Sono idoli da venerare sulle paginette patinate dei magazine per teenager.
Sono i neofascisti di Top Girl.
Sono ragazzini e ragazzine immortalati in pose da divi, che portano in bocca parole dal peso storico devastante come se le avessero trovate ieri nell'uovo di pasqua.


Invasati come solo i ventenni di oggi possono essere, in questa Italia nella quale quando hai venti anni o credi al menefreghismo o ti dai alla borsa o ti metti in mano alle sette o diventi estremista.
Sono giovanotti con un'etichetta addosso, che riparano ai torti subiti scagliandosi contro il mondo alla ricerca di un muro: che li schianti, forse, che li sorregga, possibilmente.


E il guaio grosso è che sono di moda. Che qualcuno, in qualche becera redazione milanese, ha pensato che potessero fare scalpore e fare breccia. E vendere.
E il guaio è che sta vendendo. Non soltanto a chi non ci crede, e acquista il fascicoletto per avere la prova provata di tanta leggerezza e mancanza di buonsenso. Ma anche a un sacco di ragazzine in più del solito, attirate dalla forza devastante di un messaggio unico, chiaro, semplificato.


Ho sempre detestato il Rasoio di Ockham, e vedere che questa Nazione sta chinando il capo davanti alla sempificazione storica, alla semplificazione sociale, alla semplificazione culturale, mi da semplicemente il voltastomaco.


E, diamine, i neofascisti di moda su Top Girl sono veramente il fondo del fondo del barile della pericolosa banalità quotidiana.

Meno male che le lettere di protesta non si sono fatte aspettare, tanto sul forum della rivista quanto sulle pagine del mensile.





martedì 10 marzo 2009

Ritagli sparsi, di nuovo...






Tra la brughiera di Tornavento e il Canale Villoresi, con il Ticino subito al fianco e il Monte Rosa come sfondo.

















Ritagli sparsi





Nei dintorni della Cascina Baracca, a Belcreda di Gambolò (PV), e lungo il Sentiero delle farfalle (Parco Ticino).














lunedì 9 marzo 2009

Piacevoli regressioni







Ci sarebbero un po' di foto carine, da pubblicare oggi... sempre fatte con il piccolo cell, durante una mega passeggiata nella zona sud del Parco del Ticino sabato scorso... Ma le ho lasciate a casa, uff...

Quindi per ora mi spingo solo a ringraziare quei tre marinai di foresta che mi hanno accompaganto in quella giornata, tra una birra in riva al fiume, due chiacchiere sugli amori presenti passati e futuri, tre giochini tipo "Se fossi un... che cosa saresti?" e cose del genere.

Che mi viene in mente che, quando si è in buona compagnia, regredire tipo ad un'età compresa tra i dodici e i sedici anni non è mai un peccato. Anzi.




venerdì 6 marzo 2009

Riciclaggio Potter e la pietra filosofale












- Ok, bimbini, allora abbiamo visto la differenza tra "riciclare" e "riutilizzare"... è tutto chiaro?


- Certo, prof!


- Mmm... Allora... vediamo... se io voglio riciclare una bottiglia di plastica... che cosa m'interessa di quella bottiglia?


- L'alluminio, prof!


- .......




giovedì 5 marzo 2009

Tra faggi e rovine






Sotto la pioggia battente e in mezzo al vento sferzante. Un passo attento avanti all'altro, tra una torre di sassi di fiume e una torre di legno dalla pelle d'elefante.










Ansa di Castelnovate (VA).



mercoledì 4 marzo 2009

Parentesi soffici









Quando la tenerezza passa a trovarti,
e ti porta in regalo i suoi soffici dolcetti di riso coreani,
non c'è più mondo, non c'è più pensiero.

C'è solo una casa nel bosco
e il tempo dilatato,
dai sorrisi.




martedì 3 marzo 2009

Una canzone col cielo blu






La canzone si lasciava cantare. Lievi lievi, le parole si appendevano alle note, si lasciavano cadere e si aggrappavo di nuovo agli accordi che volteggiavano sopra il prato.



La canzone era tranquilla, sorridente, senza pretese. Era una canzone soddisfatta, come l'omino che la cantava: sdraiato su una coperta di tela a guardare le stelle col naso per aria.



La canzone cantava di un qualche bel viaggio appena finito, delle persone meravigliose che avevano calcato la stessa terra dell'omino, e delle piccole grandi esperienze che avevano messo insieme.



Un bel gruppo di perditempo con un piccolo sogno e tanta passione da mettere in gioco: alla ricerca di Verità che nessuno può dare per certe e di Risposte che non danno alcuna sazietà.



La canzone si lasciava cantare. E la voce roca raccontava, tra un giro e l'altro, la fatica di quei giorni: spesi sotto un sole che sembrava non voler mai tramontare, che dalla mattina presto presto alla sera tardi tardi splendeva e risplendeva sul lavorio incessante dell'omino, delle sue mani, dei suoi occhi, dei suoi piedi.



La canzone si lasciava cantare. E l'omino lo sapeva.
Sdraiato com'era su una coperta di tela a guardare il cielo che si faceva stellato, e dal rosso-tramonto al blu-senza-fretta.



Aspettava qualcuno, l'omino. E la canzone lo sapeva.
E si lasciava cantare.




lunedì 2 marzo 2009

le altre righe...











"Né io né altri possiamo percorrere questo cammino al posto tuo.


Devi percorrerlo tu stesso. Non è lontano, è accessibile.


Forse, senza saperlo, ti ci trovi già sin dalla nascita...


Forse, è ovunque, sull'acqua e sulla terra".


Walt Whitman







ps. Grazie Nessie per la fotina ispiratrice...





lunedì 23 febbraio 2009

tra una riga e l'altra.









Se i fiori non ti dicono niente,


e le stelle non ti dicono niente,


cosa vuoi che ti dicano le parole?



Antico detto popolare.













Mi sono moltiplicato per sentirmi,


per sentirmi ho dovuto sentir tutto,


sono straripato, non ho fatto altro,


che traboccarmi,


mi sono spogliato, mi sono dato,


e in ogni angolo della mia anima


c’è un altare a un dio differente.


Da “Il passaggio delle ore” in Poesia di Alvaro de Campos, di Fernando Pessoa







mercoledì 18 febbraio 2009

Sciabordio






Intanto il marinaio se ne sta sulla scialuppa alla deriva, mangia quello che pesca e pesca quello che mangia.

Sdraiato a gambe incrociate, il legnetto con la lenza tenuto su dall'alluce prensile e il cappello spelacchiato calcato in testa, sotto il sole di fine inverno e il vento d'inizio primavera.

Innamorandosi una volta delle nuvole a forma di fate e una volta di quelle a forma di sirene.





Pineta del Vigano (Golasecca, VA)


Roverelle in palude (Bregano, VA)



Salici e ciliegio (Bregano, VA)




Sass de la preia buja (Sesto Calende, VA)





Cappelletta di San Vincenzo (Sesto Calende, VA)





martedì 10 febbraio 2009

E adesso che fare?






Adesso che siamo in questo periodo di enorme confusione, dove ognuno ha le sue idee e le difende a spada tratta, senza aver paura di infilzare i cuori di amici e parenti.

Adesso che in famiglia è meglio evitare il discorso politico, che se no volano i piatti.

Adesso che a scuola le maestre hanno paura a schierarsi apertamente su qualsiasi cosa, col terrore che i genitori possano etichettarle e sporcarle con qualche infamante colore politico.

Adesso che la Furbizia è un Valore e come tale spinge ognuno a difendersi come può, scardinando qualsiasi piccolo accenno di solidarietà, partecipazione e democrazia.

Adesso che la vita si basa sul motto Arraffa quel che puoi, Fin che puoi!

Adesso che la confusione tra una scienza che non risponde, una società che vive di campanilismi individuali e una religiosità sempre meno dialogata, sta riducendo il mondo in un mosaico di tessere perdute.

Adesso che nessuno ha più certezze su nulla e il bisogno di ordine, dapprima strisciante, si materializza in un consenso gridato e una richiesta di aiuto, mal posti e mal riposti.

Adesso che la prevaricazione sociale, il corporativismo lavorativo, l'individualismo mercificato e il menefreghismo furbesco sono stati eletti a Valori fondanti, lanciati tra la gente come soluzioni ad un mondo senza risposte - come il grano alle galline!

Adesso che la gente grida terrore e cerca una guida perchè si sente persa.

Adesso che il fantasma del fascismo ha fatto breccia laddove non ci si aspetterebbe di trovarlo. Non tra i giovani estremisti - che non sono mai spariti - ma tra i commessi del supermercato, tra gli impiegati, tra i "moderati", tra le maestre di scuola e le casalinghe.




Io dico, distruggiamo la Furbizia come valore fondante della nostra società, e riconoscimola come Disvalore.

Costruiamo monumenti alle soluzioni alternative!

Adottiamo la Creatività come motore delle nostre vite!

Stringiamoci vicini e sediamoci in cerchio.
Guardiamoci negli occhi e diciamoci la Verità.
Abbiamo tutti paura.
Ci sentiamo tutti smarriti.

Ma non facciamoci fregare: la soluzione unica a tutto non esiste!

La soluzione più semplice è una caricatura della realtà, è FALSITA', è una pia illusione!

Non gettiamoci tra le braccia di chi ci vuole spaventati, beoti e ubbidienti.

Non mettiamoci nelle mani di chi parla di Libertà mettendo paletti alla vita sociale, solo perchè indicano una strada comoda e ben visibile!

Non abbiamo bisogno di ubbidire per avere un futuro da costruire.
Non abbiamo bisogno di ordine per ricostruire la nostra società.
Non abbiamo bisogno di sicurezza per essere tranquilli.
Non abbiamo bisogno di eroi per camminare col sorriso in bocca.
Non abbiamo bisogno di Grandi Padri a condurci per avere una strada da percorrere.


Cerchiamo soluzioni improbabili!

Cerchiamo strade alternative!

Mettiamo in gioco le nostre vite e accogliamo l'imprevisto!


Fermiamo questo macigno che rotola, questo fascismo delle idee/nelle idee - nuovamente travestito da buonpensiero - prima che arrivi a valle e spazzi il Paese!




venerdì 6 febbraio 2009

Promemoria








"... and if you want to sing out, sing out.
And if you wanna be free, be free.
There's millions things to be, and other there are..."
Da Harold e Maude, un film sul coraggio, sull'amore e
sul coraggio in amore,
che è il più difficile di tutti.



Grazie per avermelo lasciato scritto da qualche parte,
tra la memoria e il cuore.


lunedì 2 febbraio 2009

Intermezzo






Il giovanotto se ne stava con la spalla appoggiata allo stipite della porta. Al di là del portico, la neve cadeva lieve ma imponente, e il silenzio se ne restava aggrappato al vento come la panna sulla cioccolata, a galleggiare di dolcezza.


Quella neve non era del tutto inaspettata, ma gli riempiva il cuore. Non avrebbe preso il cavallo per andare giù al fiume, quel giorno. L'incontro con tutti gli altri marinai di fiume era saltato e, perdio, con tutta la legna che aveva ancora da tagliare dietro casa, sapeva che quella neve era una specie di benedizione.


Aveva una giornata in più, donatagli chissà da chi, arrivatagli chissà da dove. Però era lì. E lui la contemplava con la spalla appoggiata sullo stipite della porta, un piede che incrociava l'altra gamba e in mano una tazza di scura e fumante dolcezza. Mentre il mondo s'inondava d'un bianco silenzioso.


Staccatosi dalla porta e appoggiata la tazza, il giovanotto si sistemò il cappello, alzò il bavero della camicia, e si guardò le mani. Era ora di cominciare.


Prese l'accetta, fece schioccare gli stivali sul portico e si diresse in legnaia.