"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


giovedì 7 luglio 2011

Tempus fugit?





Ma voi, Clessidre,

riuscite a contare i granelli di sabbia che vi passano addosso?


Io, che clessidra non sono,

non riesco più a tenere il conto di tanta vita.


Ricomincerò quando tutto rallenterà

quel tanto che basta.

giovedì 2 giugno 2011

Io vado a votare.



12 e 13 Giugno 2011.

Quattro SI.

Perché l'acqua resti un diritto.

Perché il nucleare non ritorni.

Perché non esistano impedimenti alla giustizia.



giovedì 12 maggio 2011

Passeggiando, in biblioteca.





Questo pomeriggio ho accompagnato una delle ragazze della Ciurma in biblioteca. Andandoci a piedi, nessuna delle altre ha voluto aggregarsi. Così, mentre lei riconsegnava i libri, io ero libero di girare in giro.

La biblioteca è una di quelle traditional-chick, con il wi-fi always-on ma ricavate all'interno di un vecchio pigiatoio francescano, con tanto di torchio medievale da 8-metri-8 ricavato da un unico tronco di quercia. Che nemmeno quello di Santa Caterina del Sasso.

Insomma, è una biblioteca di quelle nelle quali passerei le ore, i giorni, le settimane pure, se solo ci fosse un po' di moquette a terra e un paio di cuscini per appisolarsi tra un capitolo e l'altro.

L'ultima novità è che si sta istituendo l'angolo del book-crossing: tutte le persone che vogliono passano dentro e lasciano giù libri che non usano o non vogliono più. Manna dal cielo!

Mi sono fiondato e ho spulciato. Trovando un anonimo "As Time Goes By - Intant che 'l temp al passa": raccolta di poesie in dialetto novarese con testo a fronte in italiano di una certa Gianna Savoia Agostini.

Apro a caso, e leggo:

"Cernobil"

Cèrnobil: "èrba nera".
Un nom ch' al disa tutt.
Ma 'st'érba spantegà
par l'incuscénsa 'dl'òm
l'è dré ch'la massa 'l mund.

Che ròba lassaruma
ai fioj ch'i vegnaran
quand legiaran che i prà
'na volta éran beì vérd?
e po, guardand i quadar
lassà di grand pitur
i vedaràn che i fiur
gh'avévan cént e cént e cént culur?



Coi tempi che corrono, potevo forse lasciarlo lì?





domenica 1 maggio 2011

Rientro






Stasera, l'aria sopra i tetti ha il profumo dell'uva nera e matura. Un profumo d'infanzia. Un profumo che respiravo a fondo, nascondendomi tra i piccoli filari dietro casa. Un profumo capace d'intrecciarsi a vite tra i capelli e il respiro: dietro al quale qualsiasi gioco si perdeva, qualsiasi ricordo si dissolveva, qualsiasi pianto scompariva. Stasera, l'aria sopra i tetti è fuori stagione. E un po' malinconica.


lunedì 25 aprile 2011

Buona Festa della Liberazione!







Un bigliettino che vale la pena davvero condividere.


Buon 25 Aprile, a tutti.




Perché la Resistenza è difendere la libertà e la partecipazione. Sempre.


Anche per quelli che festeggiano la pasquetta.









martedì 19 aprile 2011

MoMo




MoMo è la mia innamorata. MoMo ha il cuore imbiancato dal sole, intrecciato con volute di nuvole, ricami di vento e pizzi di pioggia. MoMo è di quelle che se fossero una foglia, sarebbero una foglia di quercia in primavera: un verde smeraldo, chiaro e trasparente tanto da poterci vedere le dita attraverso, quando le carezzi. Un verde smeraldo che spicca nel folto bosco e attira la luce come un forno solare. MoMo si chiama MoMo perché la chiamo sempre amore due volte: così abbrevio e frizzo, che lei è tutta contenta. Anche se in mezzo alla folla, quando la chiamo MoMo si giran tutti tranne lei. MoMo ha i capelli di rame brunato e gli occhi nocciola: né agli uni né agli altri sfugge nulla. MoMo è un folletto, una tigre, un mosaico, una colonna corinzia, un intarsio a mano. MoMo è la mia innamorata. E quando veste le mie felpe, nel fitto dei boschi, sembra capace di salire sui rami più alti col più lieve dei balzi, e sparire all'orizzonte, saltando tra le fronde. Salvo, poi, tornare all'improvviso a chiedermi conto del verso dei picchi e delle parole degli alberi.


lunedì 4 aprile 2011

Ode sensazionista





Il corpo. Il corpo come confine dei sensi, come limite che definisce ciò che si sente e come lo si sente. Il corpo come linea che definisce chi sente e quanto può sentire. Il corpo, limite dei sensi: vuoto da riempire col mondo esterno. Il corpo che ostacola la dissoluzione dei sensi nel mondo, che allo stesso tempo li rende reali, palpitanti, coscienti, senzienti.


Desidero sentire il mondo come lo sentirei se il mio corpo sprofondasse nel mondo stesso, e al tempo stesso so che se il corpo non avesse confini anche i sensi non avrebbero più ragion d'essere. Anelo la dissuluzione del corpo nel cosmo perché m'illudo di una sensazione panteistica, olistica, universale: una dispersione simile al ritorno dell'infinitesimale confinato nell'universale sconfinato, dell'individuo nell'eterno, della forma nell'entropia, in una Morte-Tutto. Eppure non è forse quella stessa illusione ciò che mi confina nel corpo, e ciò che mi consegna alla Volontà e alla Vita?




Alcuni estratti da Il Passaggio delle Ore - Ode sensazionista.


scritta da Alvaro de Campos, eteronimo di Fernando Pessoa,

tra il 22 maggio 1916 e il 10 aprile 1923.



Sentire tutto in tutte le maniere,

vivere tutto da tutte le parti,

essere la stessa cosa in tutti i modi possibili allo steso tempo,

realizzare in sé tutta l'umanità di tutti i momenti

in un solo momento diffuso, profuso, completo e distante.

[...]

Mi sono moltiplicato per sentirmi,

per sentirmi ho dovuto sentir tutto,

sono straripato, non ho fatto altro che traboccarmi,

mi sono spogliato, mi sono dato,

e in ogni angolo della mia anima c'è un altare a un dio differente.

[...]

Porto dentro il mio cuore,

come in uno scrigno troppo pieno per chiudersi,

tutti i luoghi dove sono stato,

tutti i porti a cui sono arrivato,

tutti i paesaggi che ho visto da finestre o da oblò,

o da casseri, sognando,

e tutto questo, che è molto, è poco per quello che voglio.

[...]

Non so se la vita è poco o è troppo per me.

Non so se sento troppo o troppo poco, non so

se mi manca scrupolo spirituale, punto d'appoggio dell'intelligenza,

consanguneità col mistero delle cose, scossa

ai contatti, sangue sotto i colpi, sussulto ai rumori,

o se per questo c'è un altro significato più comodo e felice.

[...]

Ho visto tutte le cose, e mi sono meravigliato di tutto,

ma tutto è avanzato, o è mancato - non saprei - e io ho sofferto.

Ho vissuto tutte le emozioni, tutti i pensieri, tutti i gesti,

e mi sono così rattristato come se avessi voluto viverli e non ci riuscissi.

Ho amato e ho odiato come tutti,

ma per tutti questo è stato normale e istintivo,

e per me fu sempre l'eccezione, il trauma, la valvola, lo spasmo.

[...]

Svolto tutti i giorni tutti gli angoli di tutte le strade,

e ogni volta che sto pensando a una cosa, sto pensando a un'altra.

[...]

Cado lungo disteso dentro tutta la vita

e urlo in me la mia ferocia di vivere...

Non ci sono gesti di piacere nel mondo che valgono

la gioia stupenda di chi non ha altro modo di esprimerla

se non rotolarsi per terra fino a sporcarsi il vestito e i capelli...

Non ci sono versi che possano rendere questo...

Strappate un filo d'erba, addentatela e mi capirete,

capirete completamente ciò che esprimo in forma incompleta.

La smania di essere radice

perseguita le mie sensazioni dal di dentro come una linfa...

Vorrei avere tutti i sensi, compresa l'intelligenza,

l'immaginazione e l'inibizione

a fior di pelle per potermi rotolare nella terra rugosa

più dal di dentro, sentendo più rugosità e irregolarità.

Sarei contento solo se il mio corpo fosse la mia anima...

Così tutti i venti, tutti i soli e tutte le piogge

sarebbero da me sentiti nell'unico modo che vorrei...


Poiché ciò non può succedere, mi dispero, m'infurio,

ho voglia di potermi strappare a morsi il vestito

e poi avere pesanti artigli da leone per farmi a pezzi

fino a che il sangue scorra, scorra, scorra, scorra...

Soffro perché tutto questo è assurdo

come se facessi paura a qualcuno,

con il mio sentimento verso il destino, verso Dio,

che nasce dal fatto che ci troviamo davanti l'Ineffabile

e all'improvviso ci accorgiamo esattamente della nostra debolezza e parvità.

[...]

Tutte le albe sono l'alba e la vita.

Tutte le aurore splendono nello stesso luogo:

infinito...

Tutte le allegrie di uccello escono dalla stessa gola,

tutti i fremiti di foglie sono dello stesso albero,

e tutti quelli che si alzano presto per andare al lavoro

vanno dalla stessa casa alla stessa fabbrica per la stessa strada...

Rotola, grande palla, formicaio di coscienze, terra,

rotola urorata, annotata, a piombo sotto i soli, notturna,

rotola nelo spazio astratto, nella notte male illuminata realmente,

rotola e ...

[...]

Tutta l'energia è la stessa e tutta la natura è la stessa...

La linfa della linfa degli alberi è la stesa energia che muove

le ruote della locomotiva, le ruote dei tram, i volani dei diesel,

e un veicolo azionato da muli o da benzina è azionato dalla stessa cosa.

Rabbia panteista di sentire colossalmente in me,

con tutti i sensi in ebollizione, con tutti i pori fumanti,

che tutto è una sola velocità, una sola energia, una sola divina linea

da sé a sé, ferma a bisbigliare violenze di velocità folle...

[...]

Sentire tutto in tutte le maniere,

avere tutte le opinioni,

essere sincero contraddicendosi a ogni minuto,

spiacere a se stesso per piena libertà di spirito

e amare le cose come Dio.

[...]

Sono andato a letto con tutti i sentimenti,

sono stato souteneur di tutte le emozioni,

mi hanno pagato da bere tutte le eventualità delle sensazioni,

ho scambiato sguardi con tutti i motivi di agire,

sono stato mano nella mano con tutti gli impulsi a partire.

[...]

Ridere, ridere, ridere, ridere traboccantemente,

ridere come un bicchiere versato,

assolutamente pazzo solo di sentire,

assolutamente lacero dello strusciarmi contro cose,

la bocca ferita a forza di mordere cose,

le unghie sanguinanti a forza di afferrarmi a cose,

e poi datemi la cella che vorrete, che mi ricorderò della vita.

Ineluttabilmente Aprile



Ineluttabile.

E' tutta la mattina che mi ronza questa parola tra la mente e le labbra. La leggo col pensiero, avanti e indietro, la assaporo sulla punta della lingua, la spezzetto con i denti, la farfuglio con le labbra: cerco persino di modellarla con le dita, disegnandola nell'aria.

Ineluttabile è un po' il senso di questa calda primavera, con la sua miriade di insettucoli volanti usciti dalle tane tutti assieme, con i nidi di ragno che esplodono gialli e infinitesimali dai mucchi sul balcone, con quest'aria leggera e sollazzevole, con questo sole che gioca con le nuvole velate come una sposa timida e desiderosa.

Ineluttabile è un po' quel senso di sonno che assale quando tutta la Natura esce dal letargo e tu, piccolo uomo che ha passato l'inverno a inseguire fatti e parole, davanti a tanta vita e tanta frenesia non puoi fare a meno di fermarti, denudarti e lasciare che il Mondo, con i suoi venti e i suoi insetti, ti passi un po' addosso, mentre riprende velocità: inevitabile bilancia di frenesie complementari.

Ineluttabile, poi, è il senso d'immersione diffusa e profondo compatimento che provo sfogliando e rileggendo mille volte il Passaggio delle Ore e i mille altri componimenti racchiusi in "Poesie di Alvaro de Campos", raccolta di scritti eteronimi di Fernando Pessoa.

domenica 27 marzo 2011

Ièr, incö e duman...





Ieri, perdersi per Fare la Cosa Giusta è stato molto più facile di quanto non si fosse mai visto. Così ho lottato con un pollo al curry fosforescente, ho fatto la pace con la MoMo innamorata, ho progettato una cascina con pareti di legno e tetti d'erba, ho sognato uno stagno con le oche e un prato con gli asini. Ho comprato un paio di Jeans che li avrei presi anche solo per il nome, ho mangiato due dolci ai datteri e bevuto succo di zenzero, ho conosciuto un agricoltore che zappa in una scuola col cuore prima che con le mani, ho sorriso con amici per i quali latito nel mondo, e ho scoperto che la Signora Gina di Rimini cuce delle Borse Resistenti che nemmeno il Re Sole avrebbe potuto snobbare.


Oggi, poi, dopo la corta notte ristoratrice e la ricca colazione tardiva, mi sono catapultato in una scuola della Gallia Lombarda, dove una piccola Associazione di genitori è riuscita a mobilitare centinaia di famiglie per la locale Fiera del Libro e della Lettura. Ci sono andato come Itinerante, per mettere in piedi un piccolo e dolcissimo laboratorio si scrittura creativo-collettiva basata sull'esplorazione del giardino della scuola, alla ricerca di piccoli eroi pelosi e di gargantuesche imprese terracquee. Due storie sono nate, due storie ci siam tenuti: quella della Formica che cercava una Collina da scavare coi Fiori-trapano ma incontrava una Talpa che le consigliava di usare una Castagna (molto più comoda e agevole!); e quella del Picchio che si sentiva solo e cercava dei Fiori per abbellire il nido, che voleva invitare il RagnoLupo a cena, ma si vergognava e così mandava un'ambasciata a mezzo talpa.


Domani... Domani comincio un progetto nuovo, cercando di trasformare dei piccoli videogiocanti in altrettanti marinai di foresta, alla ricerca delle sorgenti dei fiumi e degli ecosistemi d'acqua. Poi correrò di qui e di là: telefonando, cinguettando e grugnendo come sempre. Solo per fermarmi immobile, di tanto in tanto, a sentire la pioggia fredda sulle labbra, aperte al cielo, e sulle palpebre, chiuse al mondo.


Io però, una domenica così, la finivo volentieri con dell'altro zenzero... ma di quello buono, neh?


lunedì 7 febbraio 2011

Mille vite, mille pieghe





Ci sono mille mondi, mille vite e mille persone alle quali vorrei essere più vicino di quanto non riesca.

Ci sono gli amici che si battono in prima persona contro i mangiatori di foreste. Ci sono le amiche che danno il benvenuto a nuovi artisti in fasce.
Ci sono quelli che programmano di sposarsi. Quelli che vanno randagi.
Quelli che giocano a rugby. Quelle che corrono di passione.
Quelli che scalano i monti. Quelli che studiano troppo.
Quelli che entrano in grotta. Quelli che tagliano le piante e organizzano falò.
Quelle che danzano afro. Quelle che annaffiano i bambini capricciosi.
Quelli che passeggiano con i cani. Quelli che organizzano banchetti a teatro.
Quelli che visitano nuovi appartamenti. Quelli in pensione che giocano a tennis e vanno in moto.

E tutti rincorrono una vita che vale la pena d’esser rincorsa. O camminano una vita che vale la pena d'esser camminata. Un po' come la mia, in questo febbraio appena srotolato. Con un calendario caledoscopico quanto un quadro di Escher: che ripiego su se stesso, facendo del Tempo bellissimi origami svolazzanti.




lunedì 24 gennaio 2011

Gennaio




Lieve

Come le nuvole al mattino,
spostate da un sole appena piccolo.

Come i fuochi d'artificio,
scoppiati in un cielo alto tra il mare blu e la montagna bianca.

Come un falò,
tra fumo e scintille in una rincorsa senza peso né fretta.

Come l'amore dopo un lungo cammino,
faticoso e dolce come la vita stessa.

Come le profondità della terra,
illuminate soltanto dallo sgocciolare dell'acqua.

Come i sogni,
che a inseguirli ci si perde e a cercali ci si ritrova.

Come la speranza,
che se la vivi sei l'ultimo a morire.

Come la fiducia,
l'impronta del mondo in un animo coraggioso.

Come i tuoi baci,
che profumano per noi.


giovedì 13 gennaio 2011

Entropie e forme





Ma se l'universo tende in ogni sua sfaccettatura alla dispersione di calore finale, alla perdita della forma, al disfacimento, alla trasformazione di ogni forma in calore residuo...

Allora ogni forma di vita, ogni forma concreta e ogni forma essenziale nell'universo è una piccola grande forma di resistenza...

Così anche cercare di crescere nel mondo senza lasciarsi andare, senza prendere una china squisitamente entropica, affascinante e dissolvente...

Costruire un'esistenza, avere volontà di esistere, dare qualità e struttura al sogno di sé: tutto ciò è immaginare e mantenere una forma, è resistere all'entropia dell'universo, è creazione...

...Piccola. Immensa. Universale. Quotidiana...


mercoledì 12 gennaio 2011

Raccoglimenti





Qualche minuto per me.

A chiusura di una giornata cominciata con la nebbia fitta, e le brina che si stendeva dalle tegole ai fili d'erba, passando per le cancellate arrugginite e i muretti sbrindellati. Col sole ch'era una lama gialla all'orizzonte: tagliava le nuvole bianche e striate in fette sottili, simili al raso azzurrato che mi padre usava quando ideava nuove creazioni in tessuto.

Qualche minuto per me.

A chiusura di una giornata continuata in mille posti diversi, in un sali-scendi dalla piccola auto blu elettrico che tra qualche settimana non ci sarà più. Lei che è stata mille volte in Francia, in Spagna, in Liguria, in Veneto, in Piemonte, e sa Dio dove ancora. Lei che ha totalizzato 360.000 Km in 10 anni tondi. Che ha fatto l'amore quando lo facevo io, che ha imprecato quando imprecavo io, che ha sbandato quando sbandavo io, che non mi ha mai lasciato a piedi - tranne quando ho distrutto un cerchione due mesi dopo aver preso la patente e ho chiamato papà in soccorso. Lei che si è meritata la pensione, o un posto nel Paradiso delle Automobili Fedeli, per l'impeccabile stato di servizio.

Qualche minuto per me.

A chiusura di una giornata che ha visto dedicare l'intero pomeriggio e tutte le energie rimaste ad una classe di ragazzotti di terza media, in pieno imbarazzo ormonale e con nessuna voglia di stare seduti dietro ai banchi di scuola. Frementi e agognanti di prendere in mano vanga e piccone per cominciare la costruzione di questo stagno didattico che assieme ci stiamo immaginando.

Qualche minuto per me.

A chiusura di una giornata nella quale mi sono gongolato in una nuova spiegazione su cosa sia quello strano mantello nel quale mi avvolgo. Non è il mantello di Batman o Zorro, non è perché dirigo una rappresentazione del Presepe vivente, non è perché mi sto improvvisando zampognaro. E' un tabarro, come quello che usavano i contadini e i montagnini fino a qualche decennio fa o, meglio ancora, gli anarchici tra l'Otto e il Novecento, attraversando in bicicletta le nebbie della Pianura Padana, di nascosto dai monarchici e dai fasci. Mi manca il fiocco, ma per quello c'è ancora tempo.

Qualche minuto per me.

A chiusura di una giornata che, in serata, promette ancora qualche chilometro in più: l'ultima sfida, prima di finire tra le braccia della principessa e affondare mani e volto tra i suoi capelli bronzati e profumati di pino. In un tripudio di parole, racconti, coccole e ronfate.



lunedì 10 gennaio 2011

La nebbia, la pioggia e il fumo ai camini








La nebbia dei giorni scorsi si è trasformata in pioggia. Una pioggerella sottile, fitta, portata dal vento. Di quelle delle quali non ci si accorge se non quando si rientra a casa e ci si toglie il mantello dalle spalle, in una rugiada argentea che va a tappezzare le mattonelle e i libri sparsi per casa.

E' in giornate come queste che, uscendo quando ancora è buio per rientrare verso metà mattinata, difficilmente riesco a combinare qualcosa di buono, qualcosa che si avvicini ad una faccenda di lavoro, ad un lavoretto casalingo o ad una premura verso i vicini.

Preferisco stendermi sul materasso morbido in salone, con una tazza di thé forte e dolciastro accanto, e leggere in santa pace, guardando i camini buttare volate di fumo, lasciando che qualche sogno venga a disturbarmi, per accarezzarmi gli occhi e farmi ciondolare la testa e i pensieri.

In queste giornate mi perdo volentieri in letture come...

..."Dizionario delle idee non comuni", di Armando Massarenti. Uno zibaldone alfabetico con riflessioni spiccate, irriverenti, scorrette e schiettamente liberali. Utilissimo per chi voglia filosofeggiare nella (e della) pratica quotidiana, allargando gli orizzonti e allenandosi a ricerare nuove argomentazioni.

..."La misura del mondo", di Daniel Kehlmann. Un resoconto romanzato e incrociato delle folli e imperdibili vite di Alexander Von Humboldt (padre della geografia esplorativa moderna) e di Carl Friedrich Guass (genio matematico e astronomico dell'Ottocento). Due uomini che precorrevano il Positivismo, stanandone ai nostri occhi la cieca fede nelle possibilità umane e la folle rincorsa verso la misurazione dell'esistente, eppure mostrandoci l'immenso crogliolo di emozioni e reverenza per l'Universo che si nasconde dietro l'amore per la Conoscenza.

..."Lezioni americane", di Italo Calvino. Cinque incontri più uno, pubblicati postumi, che l'autore italiano avrebbe dovuto tenere all'Università di Harvard. Un libro che racchiude una serie di ragionamenti lievi eppure decisi su quale dovrebbe essere la sensibilità di chi voglia raccontare il nuovo millennio. Sparsi tra le righe, mille agganci alla Complessità, alla Molteplicità, alla Ciclicità e a mille altri argomenti che rimandano a Morin, Bateson, Prigogine e molti altri autori cari a chi ricerca e ripropone un pensiero alternativo alle visioni scientiste da primo Novecento.

lunedì 3 gennaio 2011

Anacronismi!





Rientro da un breve periodo di riposo forzato. Carico di interrogativi e preoccupazioni arrovellanti. Sembra, alla luce di quanto accade nel nostro Paese, che i miei interrogativi siano non solo anacronistici, ma anche tacciabili di conservatorismo.


E allora, tra le altre cose, mi chiedo: Come restare a giocare con qualcuno che vuole andare ancora più indietro nel tempo e fa bella mostra di "innovazioni" degne del primo Ottocento?





venerdì 17 dicembre 2010

Un augurio, un motto dello spirito.







Grazie alla Strega Nocciola per questa immagine.
Un augurio per tutti noi, nella speranza che sempre più persone si scrollino la calda coperta dell'indifferenza dalle spalle e si decidano ad essere Cittadini.

Perché la ri-costruzione di un Paese non si può fare stando alla finestra.



sabato 4 dicembre 2010

Germoglio






Far cadere le maschere, abbattere le quinte, scendere dal palcoscenico. E vivere. In piena coscienza. I sentimenti profondi, la rabbia, i desideri, i sogni e gli attimi presenti. Vivere per vivere e non per dover vivere. Essere finalmente capace di futuro.

Mi lascio indietro i bagagli, i pesi, i pensieri. Portando con me solo l'esperienza di ciò che sono è stato. Per gioirne con ogni angolo del corpo e dell'anima. Questo è quel che vivo. Come un germoglio sotto la neve, alla ricerca del sole.


Link all'immagine.




domenica 28 novembre 2010

Un sogno di me





Mi preparo per un seminario intitolato "Il Paterno in Educazione", tenuto da Paolo Ragusa, del CPPP. Mi si chiede di portare una fotografia che richiama un "senso di paterno". Così vado a rovistare tra vecchie fotografie, sperdute in mezzo a cassetti scassati e pieni di polvere.

Volti, sguardi e luoghi si intrecciano e richiamano una commozione sopita altrove. Non trovo la fotografia che cercavo, ma inizio a sfogliare una serie di immagini che non avevo mai visto - perse chissà dove, custodite chissà da chi.

Ne scelgo una.

Mio padre mi sorregge, mentre sediamo sul greto del fiume: la sua mano indica un movimento lontano, le sue labbra descrivono quello che c'è all'orizzonte, il suo sguardo è attento e indagatore. Anche i miei occhi indagano e mi disegnano l'espressione di chi sta cercando, di chi comincia a scoprire la curiosità. E' domenica mattina: in quello spazio compreso tra la messa e il pranzo domenicale, che più in là negli anni sarà solitamente a base di risotto allo zafferano e quaglie.

Scelgo questa foto perché rappresenta un modello educativo che in qualche modo ri-conosco. Un modello volto alla scoperta, alla esplorazione, all'incanto disvelatore, alla descrizione inclusiva e mai esaustiva.

Scelgo questa foto perché del "Paterno" mi permette di ri-conoscere l'intenzione di guidare lo sguardo alla ricerca di qualcosa che è nascosto tra le linee dell'orizzonte; l'intenzione di dare un nome alle cose che accadono, disvelandole senza mai conoscerle del tutto; la creazione di un orizzonte mai del tutto conoscibile, ma sempre e comunque ri-conoscibile: uno spazio aperto alla curiosità, alla possibilità, al futuro.

Il seminario dura due giorni, il "Codice Paterno" viene indagato in lungo e in largo, lasciando intenzionalmente aperte delle enormi domande, degli enormi spazi di lavoro personale.

Alla fine però, lo si delinea comunque come qualcosa che va ben oltre l'autorità, la biologia, il contenimento, il dominio.

Qualcosa che ha a che fare con l'intenzionalità e la gratuità di sognare un figlio.

Qualcosa che ha a che vedere con il coraggio di donargli un futuro.

Qualcosa che attiene alla possibilità di creargli un vuoto che sia curiosità e desiderio, da ricercare e soddisfare in autonomia, per crescere.

Ecco, io so che in quegli anni sono stato sognato.


giovedì 25 novembre 2010

Metamorfica





Cambiano i gesti, cambiano gli sguardi,
cambiano le volontà, cambiano i desideri.


Cambiano le parole,
cambiano le frasi.


Cambiano le azioni,
cambiano gli impegni.


Restano i piedi a terra,
a reificare la volontà.


E resta la testa tra le nuvole,
a trarre ispirazione dagli orizzonti.





sabato 20 novembre 2010

Io parlo.





In questi giorni non faccio che parlare. Parlare da arrabbiato. Parlare forte, parlare alto, perché sono ancora molti quelli che girano con le dita nelle orecchie.

Parlo della Corte Costituzionale che bypassa le Leggi regionali che bloccavano la costruzione di centrali nucleari nel loro territorio, o che respinge il ricorso delle Regioni contro il Decreto Ronchi, frustrando le speranze di tutti i cittadini che pretendono che l'acqua sia un diritto non commerciabile.

Parlo delle motivazioni che vogliono Dell'Utri intermediario di mafia, e di un sistema parlamentare che lascia lui e il beneficiario delle trattative liberi di governare invece che costringerli a soggiornare nelle patrie galere.

Parlo dell'arbitraria e "liberale" decisione del governo di intascarsi il 75% del 5xMille del 2009. Trecento mila euro frutto di donazioni libere e consapevoli dei cittadini. Salvo poi chiarificare: "Siamo stati fraintesi: intendiamo solo dare un acconto, più tardi daremo anche il resto..."

Parlo del colpo di mano grazie al quale le scuole private si sono viste ridare i fondi tagliati, mentre la scuola pubblica muore sotto edifici fatiscenti, dirigenti scolastici aziendalisti e burocrati, e insegnati pettegoli e chini a qualsiasi colpo basso pur d'essere più produttivi.

Parlo della volgarità barbarica, deludente e strisciante sventolata dai praticanti della "politica del fare". Una volgarità mai fine a se stessa, sempre finalizzata a costruire un'immagine e un comportamento nei quali la gente possa trovare un'istintiva identificazione, un anestetico punto di riferimento al quale delegare ogni pulsione e desiderio di rivalsa.

Parlo della vigliaccheria che spurga dalle invocazioni della pena di morte: un grido impulsivo e volgare, che arriva dal ventre di chi non intende trovare alcuna risposta costruttiva al delitto.

Ecco perché fatico a scrivere. Perché, in qualche modo, preferisco parlare. E Denunciare. E Resistere.