"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


giovedì 8 aprile 2010

Scappate, scappate: le inquisizioni son tornate!






La paura che spingeva a chiudersi in casa con la luna piena.

È questa la sorta di maleficio che attanaglia le nostre case, le nostre piazze, i nostri punti di ritrovo.

È quella specie di maledizione grazie alla quale qualunque cosa brutta che accade era (ed è) da attribuirsi alle "facce brutte", alle "schiene curve", ai "nasi bitorzoluti", alle "gambe zoppe", alle "mani storpie".

È superstizione, è diceria, è creduleria.
È la rivincita del mediocre, che pur d’essere ascoltato s’inventa la qualunque storiazza.
È l’orgoglio del mediocre, che mette insieme due notizie raffazzonate e sforna la ricetta per sconfiggere il Male Assoluto, che ribalta la propria misera esperienza in saggezza popolare, in verità, in bene, in meglio, e la getta in pasto agli spaventati astanti come fosse mangime per le galline. E quelli a pigolare e sbeccheggiare qui e là, quelle parole semplici e dirette, senza alcun contenuto nascosto.

- E’ la strega: bruciamola!

- E’ quello sgorbio d’un nano gibbone: cacciamolo!

- E’ colpa di quell’indemoniato: friggiamolo!

E venivano bruciate donne che curavano la gente con le erbe, o donne che avevano la sola colpa di essere oggettivamente brutte e baffute. E venivano allontanati uomini e ragazzi improduttivi, magari dalla sensibilità spiccata ma dall’incapacità di comunicarla col linguaggio comune. E venivano fritti poveri epilettici la cui unica colpa era quella di mettere a disagio un’intera comunità, schiaffandogli in faccia l’ignoranza di un male complesso e profondo.

Questo tempo, quello in cui viviamo, mi sembra quel tempo, nel quale la diversità, la povertà, l’improduttività, l’ignoto venivano additati come forieri di sventura, di aria malsana, di pestilenza e pustole. Ma è diceria, è creduleria, è superstizione, è faciloneria.

È paura. È la paura che fa scegliere di chiudersi a riccio anziché aprirsi alle alternative. È la paura che fa alzare gli scudi, anziché imbandire le tavole. È la paura che sceglie di creare identità farlocche e artefatte per difendersi da un Altro, altrettanto farlocco e artefatto, volontariamente sconosciuto e inconoscibile.

È la paura che non permette la creatività delle scelte, che spinge per l’urgenza, per la semplificazione, per la via breve.

È la paura che fa scegliere la politica del fare senza progetto e rifiuta in tronco la politica del progettare per agire.

È la paura che fa scegliere soluzioni esclusive, che creano situazioni di privilegio sempre più ristrette. E che darà i natali ad altrettante nuove situazioni problematiche, mai considerate e spaventerrime.

Lo sforzo, ora, non è quello della soluzione rapida. È quello di guardare al problema ed evitare la soluzione rapida. Evitare la soluzione semplice. Evadere dalla convinzione che nella semplicità dell’azione si nasconda la piena applicazione della soluzione.

Aprire il dialogo anche al diverso, al povero, all’improduttivo e all’ignoto ci permette di rendere la soluzione complessa e articolata, proprio come è la vera struttura sociale: che comprende e giostra tutti questi elementi assieme a quelli “uguali”, “ricchi”, “produttivi” e “ri-conosciuti”.

Amplificare la complessità del progetto significa garantire una struttura complessa delle azioni concrete e una più ampia gamma di possibilità che includano altre casistiche non considerate.


Insomma, voglio dire: più la soluzione è creativa e allargata, più ci si diverte a cercarla e più abbiamo il culo parato in caso nascano altri problemi: come si fa a non capirla!


Lo avevo detto in qualche modo anche qui. Qualcuno poi mi ha fatto riflettere ancora con questo. Il resto l'ha fatto una chiacchierata con l'edicolante del vecchio paese.



2 commenti:

Tom ha detto...

P.s. E qual è il vero e fertile terreno per questa paura? Il buon vecchio e sano individualismo: recisore d'ogni legame non produttivo, fonte inesauribile di insicurezze e solitudine, baluardo dell'arrivismo.

Stasera sono proprio indiavolato. Quasi posseduto, dire.

M. ha detto...

E anche illuminante, aggiungo.