"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


martedì 6 gennaio 2009

L'ultimo passo, il primo passo











Un rientro a casa non è mai banale.

Ci sono i bagagli da disfare e il bucato da fare, le coperte gelate e il camino da accendere, la biada da dare ai cavalli e la neve accumulata da spalare da davanti alla porta.

E poi ci sono le conclusioni da tirare.

Sul filo dei ricordi e dei pensieri dell'ultimo pezzetto di strada appena lasciatosi alle spalle.


Sarei dovuto andare a vedere l'Oceano, questa volta. E invece, un dirottamento non così tanto casuale mi ha spinto a raffazzonare i pochi abbigliamenti da freddo intenso che nascondevo negli armadi della vecchia cascina e infilarmi gli scarponi alla volta di quella che ormai considero la mia Seconda casa. Il Parco degli Orsi.


Al Parco degli Orsi faceva freddo. Così freddo che le orme si ghiacciavano ancor prima di toglierci la zampa di dentro. Così freddo che si sentivano i becchi delle capinere tremolare. Così freddo che persino i fiocchi di neve scendavano più lenti per non prendere troppa aria. Insomma quel genere di freddo che ti si pianta nelle giunture delle dita, che ti grinza la pelle delle mani e del viso, che se riesce a entrarti nelle scarpe, beh, è proprio finita. E la neve e l'acqua lo sanno, e fanno di tutto per filtrare nelle ghette, nelle calze, nei pantaloni, aggrappandosi alle ciaspole per non scendere mai più. Un freddo becco.


Al Parco degli Orsi ci si è scaldati con le risate. E si rdeva di cose stupide come il cioccolato fondente con le mandorle, per le facce di eterna goduria che ti costringe a fare quando provi a metterne un pezzetto in bocca, dopo una giornata di neve abbondante. E si rideva di cose serie, storpiate da anni di quotidianità difficile e di convivenze strane con le vite di chi una vita quasi non l'ha, almeno come la intendiamo noi. E si rideva del sesso, con una tale genuina volgarità che anche senza vino ci si sarebbe ubriacati uguale. E' così che le guance prendevano colore, le mani volavano in alto con i calici e gli occhi, gli occhi, ridevano di gusto.


Al Parco degli Orsi si sono incontrati gli scout, di tutte le razze. Una razza di quelli che tengono i reparti separati in "ragazzi e femmine", che guai a farli incontrare che sono diversi e devono fare cose diverse. Una razza che a parlargli di Darwin storcevano il naso, ma perdinci che bello cantarci assieme. Una razza che cantava di schianto Briganti se more, e allora come non cercare di stargli dietro in un napoletanto maccheronico - tra un ricordo e una vibrazione nel cuore. Una razza che era piena di ventenni che si innamoravano a vicenda, che poi non mi stupivo se finivano tutti e tutte a fare l'amore davanti al camino, insieme.


Al Parco degli Orsi ho rivisto una persona speciale che più che un amico è un vero Maestro, anche se non lo sa. Uno che a solo parlargli dico: Così, così vorrei diventare.


Al Parco degli Orsi mi hanno portato a disegnare un fianco della montagna con le torce infuocate. A notte fonda mi hanno portato, sul Colle Babbaione. A disegnare figure di sessanta metri con le fiaccole accese, con la neve ghiacciata sotto gli scarponi e la valle a picco che rotolava sotto di noi, e giù in basso il bosco e la pineta, fitti fitti e coperti di bianca luna. E quando abbiamo cominciato la corsa per accendere le fiaccole una alla volta pensavo di morire scivolando, incampando, rotolando. E invece le torce si accendevano una alla volta e facevano caldo e facevano luce. E la prima figura era una gigantesca Stella. E anche quando abbiamo trasformato la prima figura nella seconda figura pensavo di morire perché qualcuno mi avrebbe fatto cadere in testa una fiaccola e avrei preso fuoco slittando nella pineta. E invece la gigantesca Stella si è fatta Girotondo di bimbi. E allora, di corsa, su e giù per il dirupo a cambiare le fiaccole, che ormai hai capito dove mettere i piedi e dove le mani, e il sudore ti prende il fiato e lo porta con sé, per trasformare anche la seconda immagine nella terza. Un padre, una madre, un bimbo.
E allora seduto, esaltato e sbuffante, ho pianto come non facevo da tempo.
E in fondo alla valle, tutto il paese che esclamava e acclamava.

Al Parco degli Orsi ho camminato tanto. Nella neve. Nel fango. Nel bosco. Nell'acqua. Nelle foglie.


Al Parco degli Orsi ho visto le tracce di lupo, e le ho seguite per giorni e giorni e giorni e giorni. Così son riuscito a vedere anche le cacche. Ma lupi veri, non proprio.


Al Parco degli Orsi ho visto le impronte di orso, ma stavolta non le ho seguite perché erano davvero giganti. E visto quello che erano riuscite a fare ad un pino secolare, ho pensato bene di starmene alla larga.


Al Parco degli Orsi, la mattina che stavo venendo via, mi sono caricato lo zaino in spalla, mi sono chiuso la foresteria alle spalle e mi sono girato per cominciare il viaggio del rientro. E il lupo, trotterellando, m'è passato in mezzo al giardino innevato.
Quasi che sorridesse.


Al Parco degli Orsi, ho avuto il tempo di guardarmi dentro. E mi sono trovato svuotato. Perchè ho capito di aver scavato a fondo quest'anno.


Ora tocca riempire.



7 commenti:

Anonimo ha detto...

Vecchio Orso, io sono impegnato a rappezzarmi il fisico: che allo spirito ci si pensa poi (e in fondo ha solo voglia di correre).
A presto.
Il dugongo

Chiarella ha detto...

E si, caro Tommi, nessuno ti capisce meglio di me..... E' veramente venuto il momento di colmare di nuovo il sacco della vita... Grazie per aver condiviso con me questa esperienza "virile",che mi ha riportato in contatto con una parte di Chiara che credevo morta e sepolta... O forse semplicemente grazie per la forte e travolgente umanità delle sere passate insieme e per la bellezza degli sguardi condivisi. A presto. Chiarella

Tom ha detto...

Pensa a rimetterti in sesto, Dugongo... Che questa estate c'è un sacco di lavoro al Casone e in Val Fondillo!

Eppoi.. s'ha da cammina' un botto, assieme!

^_^

Tom ha detto...

Piccola Chiarella... grazie a te per i racconti e le risate!

Vedi bene di non dimenticarti di nuovo questa tua parte "segreta"!!

^_^

Anonimo ha detto...

"Marinaio di foresta" l'hai preso da De Andrè?

Tom ha detto...

Sì, Emme. Che occhio...

E' un "titolo" che arriva da lontano. E se ne va ancora più in là. Forse un giorno racconterò da dove a dove...

Anonimo ha detto...

Che orecchio, piuttosto! Ieri ascoltavo "Franziska" e ho collegato.
Bye!
M.