"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


lunedì 6 ottobre 2008

Storia di un armatore e del marinaio chiamato a sostituirlo





L'Armatore di una famosa baleniera si era trovato a dover affrontare un affare piuttosto incombente, e non avrebbe potuto seguire a dovere i preparativi per la partenza. Assieme al Comandante aveva quindi deciso di passare le consegne ad un'altra persona, quando sarebbe giunto il momento. Dovendo poi sbrigare delle faccende, lasciò che di questa scelta se ne occupasse il Comandante in persona.

Capitava in quel periodo che in quella zona passassero diversi stranieri. Persone dalle esperienze più diverse e interessate a nuovi incarichi, tra i più disparati. Tra essi era anche un marinaio che aveva navigato un po' ovunque e un po' con chiunque, dalla marina mercantile alle navi passeggere, e persino con altre baleniere - ingaggio che gli calzava come un guanto.

Tra tutti i marinai e i contabili che il Comandante interpellò per sostituire l'Armatore, venne scelto proprio quel Marinaio.

Ora, il Marinaio non sapeva nulla su come si armasse una nave. Non sapeva da che parte girarsi per arruolare altri marinai, o per fare un ordine di viveri, non sapeva valutare se questo carico andasse acquistato da quel rivenditore o da quell'altro e non sapeva nemmeno come fare tutti quei conti o come compilare tutti quei dannati fogli dei registri, sui quali si diceva chi aveva venduto cosa e cosa andava consegnato dove.

Però conosceva a menadito le bruciature delle corde che corrono tra le dita, il dolore della schiena rotta sui remi, il puzzo degli stracci usati per pulire e ripulire il ponte nelle giornate di bonaccia, lo sforzo di braccia e gambe mentre si issavano e caricavano i barili sul ponte e sottocoperta. Insomma, sapeva come stare in mare. E sapeva che cosa significasse.

Questo aveva valutato il Comandante. Il resto, ne era certo, lo avrebbe appreso sotto la guida temporanea dell'Armatore. Così, aveva deciso di dare pieno appoggio al nuovo arrivato: avrebbe concesso al Marinaio un periodo di assestamento, nel quale fare domande, errori e confusione a patto che imparasse il lavoro a costo di sputare sangue.

L'Armatore, avvisato a scelta fatta, non era dello stesso parere. Chi era questo sconosciuto che metteva mano tra i suoi carteggi e scarabocchiava sulle sue tabelle? Come avrebbe fatto ad imparare i nomi, le facce, i vizi e le virtù di tutti i clienti e i fornitori? Come osava far sapere a tutti che lo avrebbe sostituito? Come pensava solo lontanamente di riuscirci?

Così, tra l'Armatore e il Marinaio si stabilì uno strano rapporto. L'Armatore usava un tono paternalistico e cercava di mostrare al Marinaio i segreti del mestiere, ma solo quelli strettamente necessari. Quando il Marinaio domandava, l'Armatore rispondeva con fare un po' piccato ma in modo puntuale. Quando il Marinaio faceva confusione, l'Armatore ne rideva e non mancava di farne ridere anche il Comandante.

Cosa strana, capitava - in totale confidenza - che l'Armatore parlasse male del Comandante col Marinaio, quasi a volerlo avvertire di antichi dissapori sopiti ma mai del tutto estinti.

Il caos di quelle giornate prima della partenza era indescrivibile, ma comunque fosse gli ordini si facevano, le casse si imbarcavano, gli uomini si arruolavano, i rapporti al Comandante e alla Capitaneria di Porto erano regolari.
La nave sarebbe stata pronta, Armatore o non Armatore.

Dopo solo qualche giorno, una mattina, l'Armatore non si presentò sul ponte.
Al suo posto, una lettera sigillata in ceralacca, indirizzata al Comandante e all'intero Consiglio della Capitaneria di porto. Gli impegni urgenti che lo avrebbero allontanato dalla nave di lì a breve si erano fatti ancora più urgenti, e quindi da quel giorno i suoi lavori sarebbero ricaduti in toto sul Comandante e sul Marinaio, con o senza la sua formazione.

Molto garbatamente, ma in maniera del tutto esplicita e formale, contestava la scelta del Comandante, auspicava che in sua assenza la nave sarebbe stata in qualche modo in grado di affrontare il prossimo viaggio senza naufragare, e chiedeva che il giovane Marinaio fosse seguito passo passo, perché disordinato, inesperto, inadatto ed inadeguato alle mansioni che gli si chiedeva di adempiere.

Il Comandante rassicurò il marinaio che il Consiglio non aveva preso nemmeno in considerazione quelle parole: fino ad allora si era comportato bene, ed era davvero troppo prematuro esprimere un giudizio tanto netto e universale.

Nel Marinaio, però, la sensazione di sgomento era devastante. Ed il senso di rivalsa, prima d'allora completamente estraneo al suo cuore, si era ormai fatto strada, mettendovi radici. Si sarebbe preparato a dovere, e al rientro dell'Armatore sì che avrebbero fatto i conti.

L'Armatore non ne aveva idea, ma aveva aperto le danze con un avversario forse un po' goffo, ma decisamente instancabile.



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