"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


mercoledì 10 marzo 2010

Neve tardiva





Se la ricordava bene, la neve tardiva. Era quella neve soffice, farinosa e bianca da far male agli occhi. Era quella neve che ricopriva tutto tranne che le strade, quasi che rimbalzasse da terra per afferrarsi ai cornicioni, ai pergolati e alle tegole, lassù in alto. Era quella neve che entrava inaspettata nel bavero alzato dei cappotti di primavera, appena sotto alla tesa dei cappelli leggeri. Quella neve che riusciva ad alleggerire la mente e il corpo, stanchi per la frenesia di passioni che pare si risveglino ai primi canti di marzo, ma che in realtà si sono mosse fino a ieri sotto il manto invernale e che altro non han fatto che alzare il capo ai primi truffaldini raggi di sole, odorosi di fango ed erba verde.


Qualche giorno prima aveva camminato in riva al fiume. Il freddo non gli impediva certo di gustarsi lo scorrere frusciante dell'acqua trasparente: pareva, anzi, che la rendesse chiara come vetro, profonda come diamante. Accanto al greto ricolmo di sassi scuri, proprio sotto la riva franata e alta che dava sul bosco di querce, aveva trovato una risorgiva: sgorgava lenta e discreta dalle radici degli alberi sbilenchi e penzolanti, con quell'acqua gentile che inverdisce e schiarisce i dintorni di dove s'accumula. La pozza era ricolma di verdi piantine, come un tappeto sommerso che lasciava di tanto in tanto intravedere quella primavera di sassi colorati e di radici tenaci che di lì a poco avrebbero contagiato con la loro tenerezza anche i dintorni lontani del bosco.


Se la ricordava bene, la neve tardiva. Che tardiva non era, e che anni prima ricopriva bosco, fiume e campagna con molta più tenacia di quanto non pretendesse ora. Ogni tanto alzava il naso al cielo, apriva la bocca e lasciava che quella turbinante pace bianca gli baciasse il cuore.


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