"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


giovedì 28 agosto 2008

Big Jim goes to Sweden






Riuscire a tradurre in parole quasi un mese di camminate in completa o semi-completa solitudine è qualcosa di poderoso. Per cui dovrò cominciare, e sperare di finire in un modo o nell'altro.


Da piccolo avevo un solo, grande eroe.
Big Jim.
E non era per i muscoli o per le mutande rosse o per il pulsantone sulla schiena.
E non era nemmeno per gli amici con i quali lottava contro le spie nemiche e il Professor Obb.

Era per i piccoli dettagliatissimi equipaggiamenti che disponeva.
Quei piccoli kit da comprare separatamente, che lo trasformavano in Big Jim Cacciatore, Big Jim Sommozzatore, Big Jim Astronauta, Big Jim Cow Boy.

Non che ne avessi uno preferito. Li adoravo tutti.
Adoravo come le piccole pistole si infilassero nelle mani di gomma.
Adoravo i disegni sui pannelli di cartone degli edifici, del camper e dell'elicottero.
Adoravo gli stivali, i pantaloni e le giacchette.
Adoravo i cappelli.

Ecco.

C'è stato un attimo, in queste giornate, nel quale il sole ha deciso di bucare le nubi e inondarmi gli occhi. E proprio in quell'attimo, mentre l'acqua del Klaralven scivolava tranquilla, mi sono reso conto che era come se mi avessero calato in una grossa scatola dei giochi e mi avessero detto Ecco, ora sei Big Jim Canoista. Sei Big Jim Canoista e hai canoa, pagaia e salvagente. Ma anche baracchino per cucinare nella tormenta, bidoni stagni, razioni per giorni e giorni, tenda, materassino e - soprattutto - piccola vanga tuttofare. Oltre ovviamente ad un poncho contro la pioggia e un nuovo cappello a tesa larga - da abbellire con qualsivoglia penna d'oca.




Ma forse è il caso di fare un passettino indietro.
Perchè non sono andato in Svezia a navigare e basta.
Ho anche camminato e fatto l'autostop. E fatto il bagno nei laghi gelati. Per un totale di quasi 600 km, tra andata e ritorno.



Sono partito dall'aereoporto di Skavsta, vicino Nykoping, a meno di un centinaio di Km a sud da Stoccolma.
Mi sono spostato verso nord-ovest e sono passato per


- Stigtoma, il paese da un solo edificio

- Yxtaholm, il castello sul lago dove sono stato attaccato dai vitelli


- Vingaker, la prima vera chiacchierata amichevole


- Orebro, la città delle paludi e dall'enorme torre-osservatorio

E poi


- Nora, dalla quale ho raggiunto l'isola di Alntorps, dove ho trascorso 3 giorni tra scoiattoli e trote


- Hallefors, il villaggio degli zombie, nel quale auto ed edifici affollavano le strade più di qualsiasi essere vivente, fatta eccezione per il maniaco guidatore del carretto dei gelati, dall'agghiacciante richiamo


- Filipstad, la città del sorriso e della mia "mamma" svedese, con i suoi gelati gratis e le sue torte regalate


- Hagfors, una palude restaurata a centro estivo


Dopo 12 giorni di cammino e autostop, finalmente Gunnerud. Buco nel mondo forestale e fluviale del Varmland, nella Svezia centrale. Base per il mio Grand Tour canoistico.


Da Gunnerud, dove mi hanno equipaggiato, sono stato trasportato in furgone fino a Branas, oltre 100 km più a nord, e lì ho cominiciato a scendere il Klaralven come solo Big Jim avrebbe potuto.

Acqua bruna quanto una Chimay, per i fondali sabbiosi ricchi di ferro. Fuoco a tarda notte, che c'era luce fino alla Mezza. Castori che si tuffano ad ogni piè sospinto. Alci che passeggiano timidi nella foresta. Stupidi topolini che vengono a chiederti se stai dormendo. Band folk tedesche itineranti che si fermano al fianco dei ponti fermando fiumane di gente. Pioggia a catinelle. Salsicce, minestre, polpette, e patate cotte nella brace.


Tornato così a Gunnerud, mi sono spostato a Stoccolma. Nella quale ho speso del tempo in compagnia di persone meravigliose, per poi scapparmene dalla città il giorno dopo, alla ricerca di incisioni rupestri vichinghe a Eskilstuna.

E poi di nuovo verso Nykoping, e l'aereoporto. E casa.



Tanta solitudine.
Tanta suggestione.
Tanta paura.
Tanta meraviglia.


La meraviglia di sentirsi diluito in un paesaggio immenso ed espanso, tra un cielo basso e gonfio, uno specchio d'acqua che intima soggezione e delle colline boscose che inducono la tentazione di carezzarne le curve con le dita.


La meraviglia del desiderio di perdersi, e lasciare che ogni parte del corpo lasci andare la presa e si metta a volteggiare per suo conto, adagiandosi dove crede sia più appropriato, per poi lasciarvisi sprofondare.


Tanta pace.
Le delusioni si sono appianate e hanno trovato altre dimensioni per esprimersi. Diventando tenacia e positività per il futuro.

Ma soprattutto, tanto tempo per scavare a fondo nella mia testa e nel mio passato. E trovare l'origine di tanti dei miei atteggiamenti, dei miei errori e delle mie piccole cose buone. E di cose interessanti ne ho trovate.
Ed era decisamente tempo che lo facessi.
Non che andasse fatto prima, ma adesso.


Senza tema di smentita sono stati i 22 giorni più significativi della mia vita.





Un ringraziamento speciale va a Ilse, i ragazzi dal Belgio, Mbabi, Anders, Natasha, Lawrence, i ragazzi di Londra che si sono incidentati in canoa, Marco e Franziska, Bijorn, Lisa e Joanna.



4 commenti:

Anonimo ha detto...

Clap clap clap!

Bentornato a casa..e con casa non intendo un luogo ma il calore di un abbraccio vasto quanto la tundra!

Tom ha detto...

Grazie, volpina... Un abbraccio del genere vale ben altro che un tetto sulla testa... SMACK!

Sai che non ho mica capito di chi fossero quelle tracce?

Ne ho trovate una valanga, di tutte le dimensioni, ma nessuno mi ha saputo dire che razza di ungulato potesse essere...

@_@

Anonimo ha detto...

Secondo me erano dugonghi.

Anonimo ha detto...

Hai fatto foto/calchi delle impronte? Possiamo fare qlc ricerca zoologica o recuperare un manuale delle giovani marmotte svedesi! Yuk Yuk!

In bocca al lupo per il lavoro..fammi sapere, ok?