"Le storie servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma all'uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché in apparenza non servono a niente: come le poesie e la musica, come il teatro e lo sport... Servono all'uomo completo e, vorrei aggiungere, a completare un uomo."
Gianni Rodari


giovedì 5 novembre 2009

Traslochi malriusciti








C'è che alle volte va proprio così.

Vedi un armadio che ti piace e che sai ci starebbe troppo bene in salone, 'fanculo quell'Ikea di merda. Sarà grosso ma ce la puoi fare lo stesso. Costi quel che costi.

E allora, quelle volte lì, ti ritrovi a portare un armadio dell'Ottocento gigante al piano più alto del palazzo in cui traslochi e non entra nell'ascensore. Così chiedi all'amico di fiducia di darti una mano, che i soldi per il traslocatore mica li hai... E lui arriva tutto contento per poter essere d'aiuto, e si rimbocca le maniche con lo sguardo di chi ha seriamente intenzione di farsi valere.

Tu te ne stai lì, immobile, che ti interroghi sul da farsi, ne vedi gli angoli morti, ne scruti le crepe, ne valuti il peso enorme, eppure ti carichi quel coso sulle spalle e fai di tutto per riuscire a portarlo ai piani alti.

Il compare ti aiuta tenendo l'armadio da sotto, mentre ti crista dietro santi e madonne che il peso dell'affare ce l'ha addosso tutto lui, Perdio tienilo che mi schiaccia! Mentre a te ti si stirano le dita, ti saltano i tendini delle spalle, ti si inciampano i piedi e ti si arrotano le ginocchia dal dolore.

E in due vi fate i mille gradini che separano l'antro d'ingresso dal primo pianerottolo, e dovete mettere giù l'armadio in tempo zero... Cazzononcipassa, Masìspingi!, Nogiralo, TiradaiperlamadonnaTira!, Nochesiriga!, Madaiiii!... E alla fine riuscite a passare il pianerottolo, solo per affrontarne chissà quanti altri.

C'è che alle volte va proprio così. Che alla fine quel peso immane, lo si porta fino in cima, sgrabelato come il ginocchio d'un ciclista di quart'ordine, con i fumi che escono dalle orecchie, ma in cima ci si arriva. E allora si brinda, si festeggia e ci si gode l'armadio ottocentesco mentre ci si scioglie in brodo di giuggiole.

Ci sono delle volte, invece, che arrivati al secondo, terzo, quarto pianerottolo, avete tra le mani un armadio che a furia di cozzare contro i muri è diventato largo la metà di quanto era. Le antine cascano, lo specchio s'è rotto, le maniglie d'ottone penzolano e cigolano. Mentre le forze abbandonano te e il tuo compare con la stessa velocità con la quale avete appreso nuovi e stravaganti insulti con i quali appellarvi.

Quelle volte lì, l'unico momento di condivisione sincera - a parte gli insulti - siete voi due che vi guardate negli occhi e, senza dire niente, aprite la finestra che da sul cortile, guardate che di sotto non passi nessuno e, in un impeto liberatorio, scaraventate quel maledetto peso più in là che potete. Mentre urlate in faccia al mondo la fatica di quelle scale.

Poi vi allungate la mano, ve la stringete con una certa mestizia, mista ad una quasi immutata stima, e vi salutate.

Tu sali in casa a farti una doccia, e l'amico va a fare shopping.

Sicuro, in quei momenti lì, nei tuoi occhi aleggia un solo, fugace pensiero. Però, quell'Ikea..?



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