
Mio padre è sempre stato un grandissimo lavoratore. E' un imprenditore pieno di estro e da anni combatte contro la mancanza di lavoro nel suo settore. Ho sentito di altri come lui che hanno delocalizzato tutto all'estero, e chi non poteva farlo ha venduto e si è riciclato in qualche modo. Lui no. Lui tira dritto per la sua rotta, con la sua nave a duemilanodi, in mezzo ai ghiacci tropicali.
Lo fa perché la sua etica del lavoro è più forte di qualsiasi imbarazzo, di qualsiasi cedimento, di qualsiasi smacco che abbia mai potuto subire nella vita. E per questo lo ammiro.
Lo fa perché la sua etica del lavoro è più forte di qualsiasi imbarazzo, di qualsiasi cedimento, di qualsiasi smacco che abbia mai potuto subire nella vita. E per questo lo ammiro.
Credo che, sino ad oggi, sia stato proprio questo il Messaggio, in assoluto l'insegnamento più grande e pervasivo per i suoi quattro marmocchi, che ormai hanno tra i 20 e i 30 anni.
C'è un però.
Un però che mi spacca la testa come un tarlo che avanza di giorno in giorno. Un piccolo tarlo apparso anni fa, che si è fatto strada tra le mie orecchie e che oggi fa tanto rumore da non permettermi quasi di pensare.
Il "però" in questione si chiama "passioni". Quelle che si possono coltivare sui banchi di scuola, tra un compito e l'altro, e che stanno al di fuori di qualsiasi routine. La passione per un certo autore, la passione per la musica, la passione per lo sport, per una squadra, per la danza, per la pittura, per le sculture in legno o in ghiaccio, per gli insetti, per la velocità, per la filosofia... non so, tutte quelle passioni lì che poi sono un vero e proprio hobby...
Il fatto è che da mio padre ci è arrivata la passione per il lavoro. O meglio, per il nostro lavoro. Quello che facciamo e che ci intestardiamo a fare.
Eppure io me lo ricordo mio padre che mi portava al fiume a far saltare le lastre di ghiaccio con i fischioni e che poi mi prendeva da parte e mi faceva vedere gli insetti, e me lo ricordo sempre indaffarato con la sua enorme macchina fotografica e le sue mille pellicole. E ricordo che mi diceva come si fa una fotografia, che cosa posso cercare e vedere. E mi ricordo che mi spingeva a essere curioso, a meravigliarmi della natura, a fermarmi a vedere il fiume che corre e l'acqua che disegna linee perfettamente confuse sulla superficie. E me lo ricordo che mi diceva sempre di camminare guardandomi intorno, di vedere le cose che succedevano intorno a me e di osservarle, capirle. E mi ricordo che lui adorava le cose delle quali mi parlava. Non avevo più di cinque anni, e me lo ricordo mio padre pieno di piccole passioni.
La cosa strana è che non me lo ricordo mio padre mentre fa queste cose con le mie sorelle e mio fratello. E in particolare con la mia sorellina ormai ventenne. Forse perchè non c'ero, è vero, ma la sensazione è quella.
Io la guardo e mi dico: Se io ho vissuto un periodo di buoi completo - tra il 1990 e il 2005 - dal quale mi sono risvegliato volendo a tutti i costi fare delle sole passioni che avevo conosciuto la mia professione... Beh, guardo lei e mi sento perso.
Mi sento perso perché, negli anni in cui questa ciurma di famiglia si stava sfaldando, ci ho provato a farle un po' io da padre: regole e paroloni, poi qualche chiacchiera da fratellone e qualche ragionamento un po' più profondo. Ma nemmeno io sono stato capace di farle scattare la scintilla per qualcosa di preciso. Anzi, credo d’esser stato persino controproducente.
E ora si ritrova a vent'anni a lavorare come una matta per avere dei soldi da spendere, si ritrova a sentirsi perduta per aver perso quello che credeva l'amore della sua vita, si ritrova a fiaccarsi di TV, palestra, e uscite con gente piena di sacchi.
Ed è strano. Perché è sempre stata una ragazzina piena di vita, volenterosa e sveglia. La migliore di noi quattro. E mi piange il cuore a pensare alle cose che potrebbe fare e non sta facendo. Forse perché mi ricorda quanti anni della mia vita ho buttato via prima di guardarmi dentro per capire chi volevo essere da grande.
E tutto questo, forse, è successo perché abbiamo ereditato una passione smodata per il lavoro. O forse perché mio padre è un capitano di lungo corso e sono anni che attraversa solo acque burrascose, e non ha mai avuto il tempo di dedicarsi ad altro che non fosse la sua nave.
Non so se posso fare lo stesso discorso con il mio fratellino e l'altra sorellina: noi tre siamo cresciuti a stretto contatto, ma poi siamo esplosi e ci siamo un po' persi, pur orbitando tutti attorno allo stesso pianeta.
Però credo che, se gliene parlassi, ci si ritroverebbero almeno quanto me, in questa piccola analisi.
C'è un però.
Un però che mi spacca la testa come un tarlo che avanza di giorno in giorno. Un piccolo tarlo apparso anni fa, che si è fatto strada tra le mie orecchie e che oggi fa tanto rumore da non permettermi quasi di pensare.
Il "però" in questione si chiama "passioni". Quelle che si possono coltivare sui banchi di scuola, tra un compito e l'altro, e che stanno al di fuori di qualsiasi routine. La passione per un certo autore, la passione per la musica, la passione per lo sport, per una squadra, per la danza, per la pittura, per le sculture in legno o in ghiaccio, per gli insetti, per la velocità, per la filosofia... non so, tutte quelle passioni lì che poi sono un vero e proprio hobby...
Il fatto è che da mio padre ci è arrivata la passione per il lavoro. O meglio, per il nostro lavoro. Quello che facciamo e che ci intestardiamo a fare.
Eppure io me lo ricordo mio padre che mi portava al fiume a far saltare le lastre di ghiaccio con i fischioni e che poi mi prendeva da parte e mi faceva vedere gli insetti, e me lo ricordo sempre indaffarato con la sua enorme macchina fotografica e le sue mille pellicole. E ricordo che mi diceva come si fa una fotografia, che cosa posso cercare e vedere. E mi ricordo che mi spingeva a essere curioso, a meravigliarmi della natura, a fermarmi a vedere il fiume che corre e l'acqua che disegna linee perfettamente confuse sulla superficie. E me lo ricordo che mi diceva sempre di camminare guardandomi intorno, di vedere le cose che succedevano intorno a me e di osservarle, capirle. E mi ricordo che lui adorava le cose delle quali mi parlava. Non avevo più di cinque anni, e me lo ricordo mio padre pieno di piccole passioni.
La cosa strana è che non me lo ricordo mio padre mentre fa queste cose con le mie sorelle e mio fratello. E in particolare con la mia sorellina ormai ventenne. Forse perchè non c'ero, è vero, ma la sensazione è quella.
Io la guardo e mi dico: Se io ho vissuto un periodo di buoi completo - tra il 1990 e il 2005 - dal quale mi sono risvegliato volendo a tutti i costi fare delle sole passioni che avevo conosciuto la mia professione... Beh, guardo lei e mi sento perso.
Mi sento perso perché, negli anni in cui questa ciurma di famiglia si stava sfaldando, ci ho provato a farle un po' io da padre: regole e paroloni, poi qualche chiacchiera da fratellone e qualche ragionamento un po' più profondo. Ma nemmeno io sono stato capace di farle scattare la scintilla per qualcosa di preciso. Anzi, credo d’esser stato persino controproducente.
E ora si ritrova a vent'anni a lavorare come una matta per avere dei soldi da spendere, si ritrova a sentirsi perduta per aver perso quello che credeva l'amore della sua vita, si ritrova a fiaccarsi di TV, palestra, e uscite con gente piena di sacchi.
Ed è strano. Perché è sempre stata una ragazzina piena di vita, volenterosa e sveglia. La migliore di noi quattro. E mi piange il cuore a pensare alle cose che potrebbe fare e non sta facendo. Forse perché mi ricorda quanti anni della mia vita ho buttato via prima di guardarmi dentro per capire chi volevo essere da grande.
E tutto questo, forse, è successo perché abbiamo ereditato una passione smodata per il lavoro. O forse perché mio padre è un capitano di lungo corso e sono anni che attraversa solo acque burrascose, e non ha mai avuto il tempo di dedicarsi ad altro che non fosse la sua nave.
Non so se posso fare lo stesso discorso con il mio fratellino e l'altra sorellina: noi tre siamo cresciuti a stretto contatto, ma poi siamo esplosi e ci siamo un po' persi, pur orbitando tutti attorno allo stesso pianeta.
Però credo che, se gliene parlassi, ci si ritroverebbero almeno quanto me, in questa piccola analisi.
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