
Il giorno dedicato a Saturno è il giorno del Tempo.
Un giorno dilatato, piacevole, che ritaglia nella vita quotidiana degli spazi che in realtà non dovrebbero esistere - per quanto sono dilatati.
Quella mattina ce ne stavamo dritti come fusi, a paralare sotto un sole estivo in pieno rigore invernale. Io col mio cappello a disegnarmi lo sguardo, tu con lo sguardo disegnato d'azzurro con quelle gocce nocciola proprio nel mezzo. Belli come nessuno ci aveva mai visti.
Quella mattina dedicata a Saturno ci saremmo detti addio, appoggiati ad un muro, con una gamba piegata a sostenere il peso di cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo - che non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo.
E appoggiati ad un muro, con un piede che non toccava terra, ci siamo sfiorati per l'ultima volta. Al suono delle nuvole e delle lacrime che cadono sulle labbra.
Un amore così, chissà se lo ritrovo.
Un amore così, chissà se lo ritrovi.
Abbiamo vissuto, come non mai,
e ci abbiamo creduto, come non mai.
Era un giorno di Saturno, quando mi sono affacciato a quella finestra.
E in un giorno di Saturno abbiamo riconosciuto una nuova frontiera.
Non è la follia che mi ha spinto al largo, ma la consapevolezza che dirsi addio con la tenerezza di cui siamo capaci è più simile a come abbiamo vissuto che non spingerci sulla passatoia e darci in pasto ai rancori e alle vendette.
Per questo ho rinunciato alla mia Casa per la foresta.
E benvengano ora il fuoco della notte, le coperte buttate sulle spalle, il vino buono da condividere con gli altri viandanti e la ricerca delle frontiere nascoste.
Ma nascondere la malinconia, non ho mai imparato come si faccia.
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